Un libro che ti prende per mano e ti conduce dalla preistoria ai giorni nostri

Gaia Marnetto racconta La storia del Pigneto

Gaia Marnetto

ROMA – «Racchiuso tra via Prenestina, via Casilina, via dell’Acqua Bullicante, subito fuori da Porta Maggiore, questo triangolo di strade, il Pigneto, è diventato un quartiere per acclamazione. La storia del Pigneto (Typimedia Editore, collana Communitybook “La storia di Roma”, pagine 200, euro 14,90) accompagna il lettore in un percorso cronologico lunghissimo: elefanti in epoca preistorica, popoli antichi, imperatori romani che si sono affrettati a costruire gli acquedotti, barbari che li hanno poi sabotati, papi, latifondisti, monaci, imprenditori, ferrovieri, partigiani, immigrati italiani prima, stranieri oggi».

Street art al Pigneto

Nessuno meglio di Gaia Marnetto, avrebbe potuto coniugare storia, arte e cultura di un quartiere della Capitale, con oltre trentamila abitanti,  che – come scrive il giornalista-editore Luigi Carletti nella prefazione – «può ambire a simboleggiare e raccontare la contraddittoria e complessa metamorfosi della società post-industriale in una metropoli» come Roma. Non a caso il Pigneto, più che un quartiere, è una “città nella città”. È paese, comunità, appartenenza, desiderio di identificazione con un mondo che parla di passato e futuro».
Sì, perché Gaia Marnetto, storica dell’arte ed esperta in diagnostica dei Beni Culturali che, per oltre dieci anni ha collaborato in progetti nazionali e internazionali per la promozione culturale dei territori economicamente più fragili, è nata e cresciuta nel quartiere Prati, ma da quando – tre anni fa – si è trasferita al Pigneto, è stata travolta dalla “dimensione umana” delle “relazioni a chilometro zero”.
«Gli artigiani e i commercianti – spiega Gaia Marnetto – mi riconoscono per strada e mi salutano, non solo se entro nei loro negozi, così come i vicini e gli altri abitanti del quartiere che, nella quotidianità, vivono – nell’accezione positiva del termine – l’orgoglio di essere abitanti del Pigneto, uno spiccato senso di appartenenza ormai sparito in quasi tutta la metropoli».
Con la sua scrittura limpida e accattivante, sostenuta – nonostante la giovane età – da una profonda conoscenza, frutto di studi appassionati, ma soprattutto di amore per la ricerca e la scoperta, Gaia Marnetto riesce, insomma, a racchiudere nello stesso volume, un libro di storia inedita, una guida indispensabile non solo al forestiero, ma anche al residente, un avvincente romanzo storiografico da leggere tutto d’un fiato e da rileggere, più volte per quanto è piacevole, per mandare a memoria lo straordinario patrimonio di questa Roma “nascosta”, fortunatamente sfuggita al turismo “mordi e fuggi”.

Don Pietro (Aldo Fabrizi) e Anna Magnani (Pina) in “Roma città aperta” di Roberto Rossellini

Appassionate, intense e scrupolose ricerche racchiuse in un volume ricco di foto realizzate dalla stessa autrice, date, dati, ricostruzioni storiche e fatti di cronaca che ne fanno un volume prezioso per la sua originalità. Quando parliamo di storia ci riferiamo al glorioso passato della città eterna: dall’eccentrica tomba del fornaio Eurisace, riscattato dalla schiavitù, al torrione prenestino, il terzo più grande mausoleo di Roma. Dagli acquedotti, tra cui quello Felice, che alla fine del Cinquecento portava acqua corrente alla grande villa di papa Sisto V, per poi diventare appoggio per le baracche di via del Mandrione che hanno ospitato gli sfrattati da Mussolini dal centro storico.
Il Pigneto è stato anche il set naturale di “Roma città aperta” (1945), il capolavoro di Roberto Rossellini, con protagonisti Anna Magnani e Aldo Fabrizi, considerato una delle opere più celebri e rappresentative del neorealismo cinematografico italiano.

Lucio Battisti

Dal 1945 sono stati 15 i film girati nel quartiere: “Bellissima” (1951) di Luchino Visconti, “La domenica della Buona Gente” (1953) di Anton Giulio Majano, “Il Ferroviere” (1956) di Pietro Germi, “Il Tetto” (1956) di Vittorio De Sica, “Accattone” (1961) di Pier Paolo Pasolini, fino a Fantozzi. E non solo cinema. Lucio Battisti è nato sì a Poggio Bustone, ma da quando aveva 7 anni abitava al numero 35 di via Prenestino, in un palazzone di otto piani dove la sua famiglia si era stabilita nel 1950. E questa storia di Lucio, per molti aspetti inedita, che si concentra sulla chitarra trascurando gli studi da perito elettricista, è tutta da leggere: nel libro di Gaia Marnetto. (giornalistitalia.it)

Carlo Parisi

 

 

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