TERNI – Anche la magistratura penale potrebbe occuparsi della vicenda dei finanziamenti che – secondo la procura umbra della Corte dei Conti – dal 2004 al 2012 sarebbero stati percepiti indebitamente da Radio Galileo, emittente radiotelevisiva ternana, come organo del movimento politico Città Aperta, in base alle legge sui fondi all’editoria.
I magistrati contabili stanno inviando inviti a dedurre a 13 persone, tra cui l’attuale sindaco di Terni (come ex senatore) Leopoldo Di Girolamo, l’ex parlamentare Carlo Emanuele Trappolino e il deputato Walter Verini, tutti del Pd, oltre ad amministratori dell’emittente. Ciascuno rivendica, però, la correttezza del proprio operato.
Della vicenda è stata informata anche la procura di Terni. Secondo le verifiche della guardia di finanza l’emittente ha percepito oltre tre milioni e 600 mila euro di soldi pubblici, grazie all’adesione al movimento Città Aperta dei tre parlamentari. Che però, contesta la Corte dei conti, erano e sono iscritti al Pd.
Di Girolamo, Trappolini e Verini hanno tenuto una conferenza stampa per ribattere alle contestazioni della Corte dei conti. “Nel 2004 – ha spiegato il sindaco – sono stato tra i fondatori del movimento che ha lavorato politicamente nel nostro territorio attraverso strumenti di comunicazione e una presenza reale. Dal punto di vista normativo abbiamo espletato tutto l’iter previsto dalla legge che regola i contributi agli organi di partito e prevede vincoli molto stringenti”.
Il sindaco di Terni ha, inoltre, precisato che i fondi sono stati corrisposti “direttamente all’impresa radiofonica e non c’è stato alcun passaggio attraverso il movimento”. “Se fossero state ravvisate irregolarità – ha continuato Di Girolamo – doveva essere il Dipartimento Editoria della Presidenza del Consiglio ad intervenire sanzionando o segnalando la cosa”.
Per Verini “è evidente che Città Aperta non abbia partecipato alle elezioni politiche, ma non c’è contraddizione e la legge lo prevede”. “Agli atti – ha detto ancora – ci sono le dichiarazioni con le quali abbiamo attestato l’impegno a rappresentare il movimento in Parlamento, ma non abbiamo nascosto che siamo del Pd. Su questo ci sentiamo sereni”. Infine, secondo Verini, è “irrituale che la magistratura faccia delle valutazioni sul concetto di rappresentanza”. (Ansa).
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