ROMA – “Abbiamo massimo rispetto per la proposta di legge che contribuisce a proseguire il dibattito sul rapporto tra istituzioni e informazione, ma sul merito dell’abolizione abbiamo forti riserve e preoccupazioni”. E’ quanto ha dichiarato, in merito alla proposta di legge sull’abolizione del finanziamento pubblico all’editoria, il vicepresidente vicario dell’Inpgi, Paolo Serventi Longhi, in audizione alla Commissione Cultura alla Camera.
“Sul tema abbiamo le stesse preoccupazioni espresse da Fnsi e Ordine”, ha sottolineato Serventi Longhi, precisando che “tra le imprese interessate dalla proposta, sono iscritte all’Inpgi 170 aziende contribuenti con circa 1450 giornalisti occupati. Si tratta di una platea significativa, con un costo previdenziale stimato in 74 milioni di euro annui, a fronte di un gettito pari a 18 milioni di euro.
Questo testimonia l’importanza degli investimenti pubblici nel settore e l’impatto negativo che potrebbe derivare dalla loro abolizione”.
“Altra cosa – ha ribadito il vicepresidente dell’Inpgi – sarebbe modificare il sistema legislativo sui contributi diretti che comporti una selezione.
Ci sono aziende che non ha senso abbiano contributi diretti, ma ci sono tanti giornali che fanno informazione di settore, sul no profit, su aspetti sociali della vita, che sono di grande rilievo. Si tratta di contributi importanti dal punto di vista del pluralismo”.
Fa anche una proposta, il vicepresidente vicario dell’Inpgi: che tra i criteri per ricevere il finanziamento pubblico diretto “gli editori mostrino il regolare versamento dei contributi giornalistici”.
E Serventi Longhi (Inpgi) propone: “Solo agli editori che versano i contributi”