ROMA – È stato Sergio Zavoli ad inaugurare la Fondazione sul giornalismo intitolata a Paolo Murialdi, nata per volontà dell’ex presidente dell’Inpgi Andrea Camporese, che, per realizzarla, ha messo assieme quattro istituti di categoria dei giornalisti (Inpgi, Fnsi, Odg e Casagit). Fondazione che ha poi trovato i suoi “motori” nello storico direttore della Federazione nazionale della stampa, Giancarlo Tartaglia – che della Fondazione è il segretario generale – e nel direttore dell’Istituto di previdenza dei giornalisti, Mimma Iorio, che ha trasformato la sede di via Augusto Valenziani in un luogo accogliente e funzionale, finalizzato a custodire gelosamente la memoria della professione nel nostro Paese.
Fondamentale per la nascita della Fondazione dedicata al giornalista, sindacalista, presidente della Federazione nazionale della stampa italiana dal 1974 al 1981, nonché storico del giornalismo, la scoperta della famosa lapide dei giornalisti martiri della prima guerra mondiale, ritrovata casualmente da un geometra incaricato dall’Istituto di previdenza dei giornalisti di riparare una perdita d’acqua nello scantinato di una palazzina residenziale di via dei Lincei 123, a Roma, di proprietà dello stesso Istituto: il tecnico ha subito segnalato la presenza di questo prezioso “tesoro” all’ingegnere Francesco Imbimbo, all’allora presidente della Commissione alloggi dell’Inpgi Massimo Signoretti, e al sindaco Pierluigi Roesler Franz. Grazie alle sue ricerche, oggi sappiamo che non sono soltanto 83 i giornalisti eroi del primo conflitto mondiale, come riportato sulla lapide, ma addirittura 265.
Insieme alla lapide, sono state ritrovate anche numerose casse in legno contenenti migliaia di documenti che testimoniano l’attività del sindacato dei giornalisti nei suoi primi anni di vita. Documenti selezionati e catalogati con pazienza certosina e competenza storica da alcuni ricercatori dell’Università La Sapienza di Roma, tra cui Enrico Serventi Longhi, e trasferiti nella sede di via Valenziani grazie alla “squadra” operativa messa a disposizione dall’Inpgi. Un patrimonio via via arricchito dalle donazioni degli enti di categoria e di singoli giornalisti. La Fondazione, infatti, vanta già il Fondo storico della Fnsi, quello dell’Inpgi, dell’Unci, del Sindacato Cronisti Romani, i Fondi dei giornalisti Angiolo Berti, Romano Bartoloni, Vittore Fiore, Piero Passetti, Francesco Paoloni, Giovanni Biadene, Michele Campione e Giovanni Rossi.
All’iniziale gestione dell’Inpgi, con la collaborazione dell’Università, si è quindi passati alla Fondazione, che ha avuto come primo presidente Andrea Camporese, seguito da Enzo Iacopino e da Daniele Cerrato, attuale presidente di turno della Fondazione, che, alla presenza dei vertici di Fnsi, Inpgi, Odg e Casagit, ha introdotto i lavori dell’inaugurazione, preziosa occasione per una lectio magistralis del senatore Sergio Zavoli, che ha ripercorso, attraverso la sua esperienza professionale, la storia del giornalismo italiano e ricordato Paolo Murialdi, «figura emblematica, non retorica, non mitologica che non verrà dimenticata da nessuno di noi».
«Attraverso questa Fondazione – ha sottolineato Zavoli – il giornalismo sta recuperando quella che per Murialdi è stata quasi un’ossessione: ridare dignità non ai singoli giornalisti, ma ad una professione, recuperando il senso dell’aggregazione e della comunanza. Questa Fondazione si pone, infatti, l’obiettivo di recuperare il vissuto di una categoria, assieme al valore della cultura. Un ruolo che deve appartenere anche alla scuola, se è vero che tanti docenti arrivano a dire che oggi i ragazzi non sanno parlare neppure l’italiano. Ma cosa abbiamo fatto noi per questi ragazzi, per i giovani che, soltanto a vederli, segnalano una lontananza senza pari con noi, i padri?».
«La mia generazione – ha ammesso, con amarezza, Zavoli – non ha fatto nulla per loro per un lunghissimo tempo. Perché non istituire un’ora di lezione a settimana di una nuova materia? Un’ora di pensiero, dedicata all’ascolto del pensiero degli studenti che così potranno comprendere il valore della comunicazione, del dialogo e della moderazione». Valore che, in realtà, dovrebbe restare alto non solo per i più giovani.
Non ha perso lo smalto il giornalista senatore – «anche se ogni tanto qualche parola mi sfugge per un fatto puramente anagrafico» – che, parlando del giornalismo e dei giornalisti, mentre snocciola qualche ricordo condiviso con «il grande amico Enzo Biagi con cui parlavamo in dialetto romagnolo, la nostra lingua, nei momenti più delicati, certi che nessuno avrebbe capito quel che ci dicevamo», fa notare ai presenti e non solo che «il nostro è un mondo con le spalle larghe, perchè ne ha passate di tutti i colori». E chissà quante ne passerà, nella consapevolezza che «non è poi così vero – parola di Sergio Zavoli – che è meglio fare questo lavoro, il giornalista, per chi non ha tata voglia di lavorare…». (giornalistitalia.it)
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