Il 24 maggio a Cassano Ionio in occasione del 39° Premio Troccoli Magna Graecia

Focus di Pierfranco Bruni su Giuseppe Berto

Pierfranco Bruni e Giuseppe Berto

CASSANO IONIO (Cosenza) – Verterà su “Giuseppe Berto e la Calabria” il Focus di Pierfranco Bruni al 39° Premio Letterario Nazionale Troccoli Magna Graecia in programma sabato 24 maggio, alle ore 18, al teatro Comunale di Cassano Ionio. Nelle precedenti edizioni Bruni aveva incentrato l’approfondimento storico e critico sulla letteratura meridionale e italiana spaziando da Francesco Grisi a Rocco Scotellaro, da Giovanni Verga a Gabriele D’Annunzio, da Giuseppe Selvaggi a Corrado Alvaro.
– Perché ha accostato Giuseppe Berto alla Calabria?
«Perché Calabria non è soltanto un “pezzo” di Sud. È il mito che si è incagliato nelle civiltà ed ha fatto di esse il silenzio e la voce degli archetipi nel destino di un popolo. La Calabria non è mai solitudine, perché è sempre in compagnia del mare, di quel mare che lascia incontrare onde greche con onde latine, e dei boschi, nei quali i “chiari” sono fatti dalle albe e dalle lune che dialogano con i lupi nell’ascolto dei destini».
– Giuseppe Berto quali particolari rapporti ha avuto con la Calabria?
«Ha attraversato i destini della Calabria e continua ad ascoltare il vento che giunge dal Mediterraneo e dai Mediterranei.
 Quella Calabria che ha visto il racconto dei briganti, quel Mediterraneo che ha il cielo rosso e l’Africa negli occhi, quella Calabria che ha sconfitto il male oscuro, quella Calabria in cui si respira un Mediterraneo che è quello di un Oriente incastonato tra Cristo e Giuda. Non bisogna inventare nulla ricordando Giuseppe Berto. Bisogna interpretare quella sua solitudine che non è mia una cosa buffa, ma può essere la reticenza o il destino, l’attesa e la sparizione tra il mare e le colline».
– Giuseppe Berto e Francesco Grisi come hanno raccontato la Calabria e la Magna Graecia?
«Berto è stato amico di Francesco Grisi, tanto che Grisi lo ha costruito personaggio in un suo racconto, come ricorda lo stesso Berto in una sua lettera inviata a Francesco (lettera inedita che ormai non è più tale), in una Roma conformista che li ha visti completamente anticonformisti ed eretici o vitali in un processo culturale dentro l’utopia della parola.

Pierfranco Bruni

Entrambi portavano la Calabria nell’anima. Grisi da genitori calabresi di Cutro ha raccontato la sua vita attraversando i luoghi di una Magna Graecia geografica e dei sentieri intrecciati tra metafisica e metafora. Quella Calabria che è futura memoria e che si lascia respirare nei cieli chiari e nei tramonti di una poltrona che naviga tra le acque del Tevere».
– Berto può essere interpretato come lo scrittore della descrizione?
«I personaggi non sono, in entrambi, immaginari di un realismo, nonostante su Berto si sia sviluppato un intenso dibattito, che ha dimensione di rappresentazione di senso. Sono un percorso nel mistero che gioca con l’intrepida fantasia. Berto è giunto nella Calabria di Grisi. Grisi ha ascoltato la Venezia degli amanti perduti dell’Anonimo di Berto. Nelle loro pagine le storie sono da leggersi e da catturare come elementi di un destino. Un indefinibile e un infinito destino. Ma la letteratura è tale se riesce a raccontare e mai a descrivere. Berto non è lo scrittore della descrizione. È piuttosto lo scrittore dell’invisibile e dentro l’invisibile è possibile catturare le onde dell’inquietudine.
 Non c’è alcun personaggio che conosce il riso o il sorriso tout court, l’ironia sì. Ma l’ironia è lo specchio del senso tragico che trova un suo senso nel sogno. Se si vuole anche con l’incubo. Quando compare il padre tra Maria e il vecchio in Grisi c’è la figura del padre. Non muoiono con la morte».

Giuseppe Berto

– Nelle opere dello scrittore “veneziano” vi è più fede o religiosità?
«Gli amori di Berto nell’attraversamento del buffo sono anche gli amori nell’ironia di un amore che si sottolinea come a futura memoria. La fede, e non parlo di religiosità, è il combattimento paolino che si legge in Berto con il tragico dialogo tra Cristo e Giuda ma anche la ricerca della terra promessa in Grisi che accompagna i suoi romanzi. Un raccordare i segni trasformandoli in simboli. Ci sono simboli fatti di testimonianza, di vita, di linguaggi. C’è quella Calabria alla quale si faceva riferimento».
– Berto e Grisi, quindi, uniti dalla terra di Calabria?

Pierfranco Bruni

«Sì dà una Calabria nella bellezza del magico e terribile nella visione del selvaggio. Non solo un gioco lirico ma anche una lettura antropologica. Berto che non smetto di amare e di rileggere è quello dell’Anonimo in una Venezia incantata e poi l’eresia di un Giuda che mette in discussione tutta la teologia cattolica con il sorriso bello di Gesù, che è consapevole di quella verità. Forse in queste due stagioni lo scrittore Berto trova una centralità straordinaria, oltre l’aspetto della psicanalisi. C’è un Novecento letterario della metafisica che va oltre il realismo e oltre la rivolta della fantasia. Berto e Grisi sono voci palpitanti tra i destini e i personaggi». (giornalistitalia.it)

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