ROMA – «Quello di oggi è stato un importante momento di iniziativa pubblica. Vanno ringraziati il Consiglio nazionale della Fnsi, i vertici degli enti della categoria, tornati a marciare insieme, le associazioni e i colleghi che hanno partecipato. Alla mancanza di risposte sui temi delle querele temerarie, della lotta al precariato e del rilancio dell’occupazione non potrà che seguire una grande mobilitazione di tutta la categoria. L’iniziativa di oggi non resterà isolata, ma è soltanto la prima di una lunga serie». Il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, commenta così il presidio di stamane in piazza Montecitorio per chiedere a Governo e Parlamento una cosa sola: «rispettare gli impegni presi sui temi della lotta al precariato nel settore giornalistico, del contrasto alle querele temerarie, della riforma del reato di diffamazione».
In piazza con il Consiglio nazionale, le Associazioni Regionali di Stampa ed i gruppi di base e specializzazione della Fnsi, i rappresentanti di Ordine nazionale, Inpgi, Casagit, Fondo complementare e numerose associazioni non giornalistiche.
«Nei decreti attuativi sull’editoria – sottolinea Lorusso – il Governo hanno accolto solo le richieste degli editori. Ci sono 45 milioni di euro in più ma per accompagnare altri colleghi alla porta e non per creare occupazione, mentre il precariato è ormai dilagante e informazione precaria vuol dire informazione più debole».
Dal canto suo, il presidente Giuseppe Giulietti ha rilevato che «sulle querele temerarie non è ancora in discussione una norma che aiuti a contrastare il fenomeno. La proposta di legge sull’abolizione del carcere per i giornalisti giace ferma il Senato. I cronisti continuano a subire intimidazioni e minacce. Il Governo e i singoli ministri si sono impegnati a prendere dei provvedimenti, è giunto il momento di passare dalle parole ai fatti».
Presenti in piazza anche alcuni dei colleghi minacciati o sotto scorta. Tra essi, Michele Albanese, responsabile dei progetti per la legalità della Fnsi, ha ricordato le storie dei colleghi chiedendo di rilanciare le inchieste “scomode” e fornire così la “scorta mediatica” ai cronisti che ogni giorno contribuiscono con il loro lavoro a illuminare storie che altrimenti i cittadini non potrebbero conoscere. Affrontare le querele temerarie può essere anche peggio che affrontare le minacce mafiose».
Con lui anche la cronista campana Lidia De Angelis, che ha parlato dell’aggressione fisica subita mentre era insieme a suo fratello, anch’esso giornalista, e il padre, circa un mese in piazza ad Aversa. Mentre subivamo percosse brutali ci hanno intimato di non scrivere più. La cosa grave è che la polizia municipale quando è arrivata ha chiesto a noi di identificarci ma non a loro e l’inchiesta sembra già essere stata archiviata».
In piazza anche i giornalisti de l’Unità, del Tg5, di Metro, de Il Sole 24 Ore e delle agenzie di stampa. (giornalistitalia.it)
Con Odg, Inpgi, Casagit e Fondo suonano la sveglia a Governo e Parlamento