ROMA – «Ho pagato con la libertà personale, ma credo sia servito a qualcosa: anche grazie alle mie denunce oggi si conosce la realtà di Ostia e quindi lo rifarei senza dubbio». Lo ha detto la giornalista Federica Angeli, che da anni vive sotto scorta per le minacce ricevute dal clan Spada, prima di entrare in tribunale a Roma quale testimone nel processo che la vede parte lesa per le intimidazioni ricevute da Armando Spada, cugino di Roberto, noto alle cronache per aver picchiato un cronista del programma Rai “Nemo” (Daniele Piervincenzi, ndr).
In contemporanea con l’udienza, fuori dalla Cittadella giudiziaria, si è svolto un sit-in di solidarietà alla Angeli indetto da Fnsi, rete No bavaglio e Ordine dei giornalisti.
Nel processo, Armando Spada è accusato di minacce aggravate e violenza privata ai danni della giornalista di Repubblica. Che ieri ha scritto un lungo post su Facebook indirizzato ai suoi figli. (ansa)
Il messaggio postato ieri su Facebook da Federica Angeli e dedicato ai suoi figli:
Cari Lorenzo, Alessandro e Viola,
ci siamo. Domani la mamma entrerà, dopo 1677 giorni di libertà perduta, in un’aula di tribunale per affrontare Armando Spada e le sue minacce di morte. Ti sparo in testa se scrivi, mi disse. Io ho scritto: di loro, dei loro legami con la pubblica amministrazione, con la politica, delle loro cattiverie, di quanto erano spietati con le loro vittime. L’ho chiamata Mafia, da subito, dall’inizio. Perché un cronista deve saper riconoscere e dare un nome ai fenomeni. Era il 2013. Ero sola.
Il 25 gennaio del 2018 la procura di Roma ha arrestato Armando, Carmine, Roberto, Enrico, Ottavio, in tutto 32 persone per Mafia.
Ho paura per l’udienza di domani? Sì. Ne ho. Hanno tentato in tutti i modi di fermarmi: liquido infiammabile sotto la porta di casa, appostamenti quotidiani sotto la finestra di casa nostra, minacce di morte a me e a voi. Ho paura, domani, di mostrare la mia paura, quei momenti terribili in cui mi disse che mi avrebbe ucciso, in cui mi tenne chiusa in una stanza. Perchè quella paura l’ho seppellita tanto tempo fa. L’ho fatto per voi. A voi dovevo restituire il coraggio di una scelta, la sicurezza di aver imboccato la strada giusta. Il mio sorriso e il mio modo di sdrammatizzare con l’ironia, il fatto che quello che ci stava capitando era tutto un gioco è stata la priorità per me in questi quattro anni. Perchè quel mostro chiamato Mafia non doveva raggiungervi in alcun mondo, neanche per sbaglio doveva sfiorare la vostra bellezza, la vostra infanzia, il vostro piccolo grande coraggio di sopportare anche qualche amichetto che vi diceva che la mamma era stata “una infame” oltre a una vita completamente stravolta.
Bene. Domani entrerò in quell’aula coi vostri occhi pieni di speranza e so che mi aiuteranno a trovare il coraggio, ancora una volta, di non aver paura di mostrarmi fragile e vulnerabile nel raccontare quanto terrore ho avuto in quel momento.
Nel momento in cui mi ha detto “se scrivi ti sparo in testa” ho scelto. Ho scelto di non essere come loro e di non chinare il capo.
E la mia libertà perduta è quella che consegno nelle vostre mani, andando a testimoniare. Che le mie parole possano rendere voi capaci di scegliere, sempre, da che parte stare e irrobustire le vostre ali, fino a farvi volare laddove sarete capaci di farlo.
Vi amo.
La mamma.
FEDERICA ANGELI: «QUANDO HO DENUNCIATO SPADA È FINITA LA MIA LIBERTA’»
«Da quando ho denunciato Armando Spada non ho più libertà. Il 17 luglio 2013 mi venne assegnata la scorta e l’allora prefetto Giuseppe Pecoraro mi disse che la mia vita era a rischio perché avevo denunciato Spada, una cosa, disse, che in 40 anni nessuno aveva mai fatto ad Ostia. Allora capii che la mia esistenza sarebbe stata stravolta».
Lo ha detto la giornalista di Repubblica Federica Angeli testimoniando al processo a Roma che vede imputati il boss Armando Spada e Paolo Riccardo Papagni, fratello dell’attuale presidente della Federbalneari, accusati di minacce e tentata violenza privata contro la giornalista. In aula anche due scolaresche hanno assistito al dibattimento.
«Dopo che ho sporto denuncia ho iniziato ad avere i carabinieri sotto casa e li dovevo sempre avvertire quando uscivo e rientravo in casa», ha spiegato la giornalista, nota per le inchieste su mafia e criminalità ad Ostia.
«Da allora la mia libertà è finita, ho tre bambini ai quali ho cercato di spiegare quello che era successo. Non posso più andare a prendermi un gelato, devo decidere bene dove sedermi quando vado in un ristorante, non posso neanche uscire sul balcone di casa, perché io ho deciso di restare a vivere ad Ostia. Non posso neanche andare al bar con le amiche perché subito arriva uno di loro per farmi capire che sanno dove sto», ha aggiunto la giornalista.
Le minacce sono arrivate, ha spiegato Angeli, quando la cronista decise di capire come Spada era entrato in possesso dello stabilimento balneare Orsa Maggiore.
«Scoprii che a gestirlo erano un genero di Spada, la moglie di un maresciallo della Marina Militare e un esponente di Casapound. Il 23 maggio io e i due operatori entrammo nello stabilimento con una telecamera in vista e un’altra nascosta, per fare delle interviste. C’era una serranda mezza abbassata, allora mi affacciai e chiesi del titolare e si presentò proprio Armando Spada. Per me – ha spiegato la giornalista – era la dimostrazione che fosse lui il vero gestore della struttura. Parlammo per un po’, all’inizio in maniera tranquilla, poi quando si accorse che la luce della telecamera era accesa scoppiò un parapiglia. Era una furia, tanto che dovettero tenerlo in due, e lui mi minacciò. Disse di consegnarli la telecamera e fece il gesto della pistola con la mano, dicendo che mi avrebbe sparato in testa».
«Poco dopo Spada mi portò in una stanza assieme a Cosimo Appeso, il maresciallo della Marina Militare mi disse di far parte della Sacra Corona Unita, forse per spaventarmi. Spada mi disse che avrei dovuto indagare un’altra famiglia, quella dei Papagni, quindi mi lasciò andare via solo dopo che i miei operatori avevano cancellato l’intervista e il girato», ha continuato Angeli nella sua testimonianza.
«Pochi giorni dopo intervistai Papagni che mi ricevette nel suo ufficio allo stabilimento balneare Le Dune. Nei giorni successivi ci sentimmo di nuovo al telefono e in quell’occasione mi lanciò un chiaro avvertimento. Mi disse di ricordarmi che “chi sbaglia prima o poi la paga” e che avrebbe potuto bloccare la mia carriera. A quel punto decisi di denunciare tutto ai carabinieri», ha concluso la giornalista, ricordando di aver sporto una seconda denuncia nell’aprile dello scorso anno dopo che una donna si era rivolta a lei lamentando che Armando Spada si era preso il suo bar. (adnkronos)