ROMA – Il Tribunale Ordinario di Roma ha dichiarato il fallimento della Società Cooperativa arl “Giornalisti Indipendenti”, editrice del quotidiano Cronache del Garantista. La sentenza è stata emessa giovedì 11 febbraio alle ore 10.30 e notificata alla società martedì 16 febbraio alle ore 12, ma la notizia è stata resa nota soltanto oggi al tavolo sindacale convocato dalla Fnsi per la prosecuzione dell’esame congiunto del Piano di crisi richiesto, il 13 gennaio scorso, per tentare di salvare il giornale attraverso il ricorso alla cassa integrazione.
Al tavolo, presieduto dal segretario generale aggiunto della Fnsi, Carlo Parisi, presente anche nelle vesti di segretario del Sindacato Giornalisti della Calabria, erano presenti il funzionario della Fnsi, Giuseppe Catelli, il segretario dell’Associazione Stampa Romana, Lazzaro Pappagallo, coadiuvato dalla collega Elisabetta Palmisano, i componenti del Comitato di redazione del Garantista, Camillo Giuliani, Angela Panzera ed Errico Novi, l’amministratore unico Francesco Armentano con il consulente Lorenzo La Duca ed un misterioso personaggio, accompagnato da un assistente, che, tra lo stupore generale, si è subito presentato: “Sono Tommaso Mililli, curatore fallimentare nominato dal giudice delegato Daniela Cavaliere, che ha decretato il fallimento della società editrice su istanza della Casagit per un debito di 43mila euro, al momento dell’istanza, relativo a contributi non pagati per l’assistenza sanitaria dei giornalisti.
Il Tribunale ha assegnato ai creditori e ai terzi che vantano diritti reali e mobiliari su cose in possesso della società fallita il termine perentorio di 30 giorni prima dell’adunanza, per la presentazione delle domande di insinuazione. Il termine per il deposito di ammissione allo stato passivo è, quindi, fissato all’11 aprile 2016.
Di poche parole il curatore fallimentare che, se da un lato ha ricordato che il proprio compito è quello di salvaguardare il valore d’impresa per soddisfare la massa creditizia, dall’altro ha annunciato la possibilità, già esplorata in un incontro avvenuto ieri davanti al giudice del Tribunale di Roma, di vendere o affidare il giornale in affitto ad una nuova società che presenti un’offerta supportata da valide garanzie. In considerazione dell’esiguità del tempo trascorso dalla sua nomina, Melilli non ha potuto, invece, esprimersi sullo stato patrimoniale dell’azienda.
Carlo Parisi, sottolineando “i contorni di uno scenario completamente cambiato, rispetto alla convocazione, ha rinnovato la disponibilità del Sindacato dei giornalisti a garantire, innanzitutto, l’attivazione degli ammortizzatori sociali per i lavoratori che, per troppo tempo, hanno già pesantemente pagato il prezzo di un impresa nata male e finita peggio”. Alla accennata ipotesi di far proseguire senza retribuzione l’attività ad un limitato gruppo di giornalisti, la Fnsi ha ricordato che “nessuna decisione può essere presa sulla testa dei lavoratori che, di fatto, per il credito vantato sono diventati gli azionisti di maggioranza dell’impresa che – ricordiamolo – in 19 mesi di attività è riuscita a garantire appena 6 mensilità. Peggiore la situazione relativa ai collaboratori, ai quali – ma non a tutti – sono andati solo irrisori acconti”.
Giuseppe Catelli ha, infatti, ricordato che per la Fnsi “il valore della testata sono i giornalisti”, pertanto – salvo dimissioni volontarie – nessun lavoratore sarà abbandonato a sé stesso. Sulla stessa linea Lazzaro Pappagallo, il quale ha ricordato che “sinora alcun documento attestante lo stato patrimoniale della società o l’eventuale reale ipotesi di rilancio del giornale è stato messo sul tavolo”.
In edicola dal 18 giugno 2014, dunque, al giornale poco è valso il contratto di solidarietà difensiva sottoscritto il 13 febbraio 2015 per scongiurare il licenziamento collettivo dei 23 lavoratori dichiarati in esubero su un organico di 57. Del resto, nel dicembre scorso, ha beneficiato di 700mila euro di contributi pubblici erogati dal Fondo per l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, “ma neppure un centesimo – aveva immediatamente denunciato Carlo Parisi – è andato nelle tasche dei giornalisti calabresi, ovvero di coloro i quali, tra lacrime e sangue, hanno sempre garantito l’uscita del giornale venduto pressoché esclusivamente in Calabria”.
“Oggi – ricorda Parisi – ci aspettavamo la presentazione di concreti impegni a garanzia della sostenibilità dell’impresa, nel pieno rispetto dei lavoratori (pagamento delle mensilità correnti; cessione del credito 2015, per consentire il recupero delle spettanze arretrate; regolarizzazione delle posizioni irregolari; piano di rilancio del giornale), invece abbiamo dovuto prendere atto, nel peggiore dei modi, del naufragio della società editrice del quotidiano che, ironia della sorte, era stato varato sul barcone sul Tevere ormeggiato poco lontano dalla sede della Fnsi di Corso Vittorio Emanuele II.
A questo punto – osserva il segretario generale aggiunto della Fnsi – l’impresa di salvare il giornale, è disperata: per tentare di percorrere la strada di opposizione all’istanza di fallimento, sperando in una revoca del provvedimento, è necessario reperire in fretta le risorse per garantire la spesa corrente. In tale ipotesi verrebbe attivata una cassa integrazione a rotazione. In caso contrario, l’inevitabile ricorso alla cassa integrazione per cessazione attività che metterebbe definitivamente la parola fine a quell’impresa che, alla vigilia del debutto, lo stesso direttore Piero Sansonetti profeticamente (ma, purtroppo, ostinatamente) non aveva esitato a definire “folle e temeraria”. (giornalistitalia.it)