MILANO – “Occorreva essere inflessibili, occorreva, da parte dell’Inpgi, una posizione di rottura con gli editori. Si sono firmati accordi dubbi sugli stati di crisi…”. Tra una critica e un dubbio si è fatta largo l’idea che il sindacato abbia concesso troppo agli editori e che la crisi non è poi così epocale come si vuole far credere.
Chi sostiene queste tesi dovrebbe leggere la relazione annuale 2015 del’Autorità per le garanzie nelle comunicazione (Agcom), dove è scritto che “La crisi ha colpito duro sui settori media e telecomunicazioni che hanno visto ridursi nel 2014 i ricavi del 4,7 per cento mentre nel periodo 2010-2014 la perdita è stata del 18,7 per cento”. L’Agcom ha analizzato i bilanci tra il 2010 e il 2014 delle principali imprese editoriali. In questo arco di tempo il settore che ha registrato le maggiori perdite è stato quello dell’editoria quotidiana e periodica (-31,2 per cento), seguito dalle telecomunicazioni (-22,5 per cento).
Tra il 2010 e il 2014 le imprese considerate perdono oltre il 20 per cento degli addetti che scendono da 19.300 a 15.200 dipendenti circa. I ricavi delle maggiori imprese televisive si sono ridotti di 1,5 miliardi di euro. I media classici (quotidiani, tv e radio) hanno perso più di 2 miliardi di di euro nel periodo 2010-2014 (-12 per cento) che, nel caso della contrazione subita dai quotidiani raggiunge il 30 per cento. Sin qui l’Agcom. Un altro dato significativo per capire la frase “crisi senza precedenti”. Mentre il Paese perdeva il 3,8 per cento dell’occupazione, il giornalismo italiano perdeva il 15 per cento pari a 3.000 posti di lavoro.
La spesa per sostenere Cassa integrazione, contratti di solidarietà e disoccupazione, considerando anche i contributi figurativi, è stata di circa 400 milioni di euro negli ultimi 5 anni. In più ci sono stati i prepensionamenti di circa 800 giornalisti, che hanno sottratto all’Inpgi altri 100 milioni di euro di contributi.
Il sindacato ha gestito centinaia di vertenze e altrettante assemblee hanno vagliato gli accordi sottoscritti. Si è fatto un lavoro faticoso, serio. Se qualcuno avanza dei dubbi su accordi dubbi, può chiarirli chiedendo conto, ad esempio, a due ex vicesegretari della Fnsi che di vertenze ne hanno gestite moltissime. Oggi entrambi sono tra i candidati nella coalizione che avanza dubbi sui prepensionamenti ‘facili’.
Giovanni Negri