ROMA – Ribadire il “no” dei giornalisti italiani al bavaglio imposto ai media in Turchia all’indomani del tentato golpe del 15 luglio 2016. Questo il motivo della partecipazione della Federazione nazionale della Stampa, dell’Ordine dei giornalisti, dell’associazione Articolo21 e della rete Nobavaglio al presidio organizzato a Roma, alle porte del Vaticano, per protestare contro la visita in Italia del presidente turco Erdogan.
La questione della libertà di stampa e delle violazioni dei diritti umani in Turchia, dunque, ma anche la questione curda, con l’intervento dell’esercito turco nella provincia di Afrin, l’accordo tra Ue e Turchia sui migranti, la questione palestinese, riaccesa dalla decisione del presidente americano Trump di voler spostare l’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme, i temi al centro della contestazione di Castel Sant’Angelo.
Già nei giorni scorsi la Fnsi, insieme con altre associazioni di giornalisti, di avvocati e magistrati e con le organizzazioni internazionali che si battono per la libertà di stampa, attraverso delle lettere aperte, ha esortato le istituzioni italiane a porre con forza la questione dei diritti umani in Turchia durante gli incontri con il presidente Erdogan.
In piazza, insieme ai militanti della rete Kurdistan Italia, oltre alle associazioni di giornalisti anche gli avvocati di Giuristi Democratici e attivisti per diritti umani. Come ha detto l’ex direttore di Cumhuriyet Can Dundar, da mesi in esilio in Germania, la Turchia è diventata “il più grande carcere al mondo per giornalisti”. Ma dietro le sbarre sono finiti anche avvocati, giudici, intellettuali, professori universitari, dipendenti pubblici, medici, militari. «Liberi tutti», è l’appello lanciato da Marino Bisso, della rete NoBavaglio.
«Siamo qui per i giornalisti in carcere in Turchia e per chiedere alle autorità italiane di porre al presidente Erdogan la questione del rispetto dei diritti umani in quel Paese. Papa Francesco dia voce ai giornalisti turchi in prigione», ha detto il segretario nazionale dell’Ordine, Guido D’Ubaldo, in rappresentanza di Fnsi e Cnog.
Solo dall’inizio dell’offensiva militare su Afrin, il 20 gennaio, sono 449 le persone arrestare in Turchia con l’accusa di aver fatto “propaganda terroristica” sui social media, ovvero per aver criticato l’operazione “Ramoscello d’ulivo”. Tra loro anche giornalisti di mezzi di informazione filo-curdi o membri dei sindacati, come riporta il quotidiano Cumhuriyet. (fnsi)
Fnsi, Ordine e altre associazioni: “No al bavaglio imposto ai media in Turchia”