CAGLIARI – Acquisti per 2mila euro da Dior, per 3mila euro alle pelliccerie Annabella di Milano, per mille euro da Flamant senza contare i due assegni – per un totale di 70mila euro – staccati per pagare un Porsche Cayenne e le “elargizioni liberali” da più di 9mila euro effettuate in favore di uno sci club. Sono alcune delle spese effettuate – a vario titolo e da diversi indagati – con il denaro distratto dalle casse di PubliEpolis, la società cagliaritana concessionaria e intermediaria di servizi pubblicitari editrice dei quotidiani Epolis dichiarata fallita da tribunale di Cagliari nel giugno del 2011.
Per la bancarotta della società, giovedì scorso sono stati arrestati – su ordinanza del gip di Cagliari, Giuseppe Pintori – il presidente del cda Alberto Rigotti (finito in carcere), la vicepresidente Sara Cipollini e il consigliere di amministrazione Vincenzo Maria Greco (entrambi ai domiciliari). Stando alle indagini coordinate dal pm di Cagliari Giangiacomo Pilia, un fiume di denaro sarebbe passato dalle casse della PubliEpolis a quelle di diversi indagati che avrebbero aggravato il dissesto dell’impresa anche truccando i bilanci per nascondere il reale stato delle perdite.
“L’ingente dissesto si sarebbe potuto evitare se solo si fossero osservate le comuni regole di prudenza contabile”, è la valutazione del gip Pintori che ha firmato l’ordinanza con le tre misure cautelari.
Per il giudice la gestione del gruppo, inghiottito da un buco di 130 milioni di euro, è stata caratterizzata fin dalle origini da una serie di anomalie che ne hanno determinato la bancarotta. Tra queste ci sono i pagamenti, per oltre 500mila euro, a una serie di società legate agli indagati e i versamenti, poco meno di 8 milioni effettuati da PubliEpolis in favore di alcuni creditori di Epolis “senza che ve ne fosse una ragione giuridica”. Per esempio, il pagamento più consistente in favore della casa madre, è stato quello di 500mila euro spesi da PubliEpolis per saldare il costo della campagna pubblicitaria – tra ottobre e novembre 2008 – fatta sulle reti Mediaset.
Una gestione spericolata, dunque, quella dei tanti amministratori che si sono succeduti al timone delle due società nate per la pubblicazione dei free-press targati Sardegna, che ha prosciugato le casse e lasciato per strada 150 giornalisti oltre ai grafici e agli altri dipendenti. Stando alla valutazione del collegio dei curatori fallimentari, gli amministratori “non hanno mai tenuto conto della sostenibilità economica dell’impresa e non si sono resi conto che occorreva da subito determinare la fine forzata dell’impresa avviata da Nicola Grauso”.
Nell’intricato intreccio di società e composizione dei consigli di amministrazione che hanno caratterizzato la storia dei quotidiani Epolis e della società controllata PubliEpolis, figura anche il nome dell’ex senatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri, attualmente detenuto in Libano dove si era rifugiato pochi giorni prima dalla condanna definitiva a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa.
In PubliEpolis Dell’Utri era stato consigliere tra il settembre 2007 e il febbraio 2008, quando aveva lasciato l’incarico avviare un’iniziativa imprenditoriale simile (D-News) in concorrenza con Epolis, da cui allontanò una parte dei dipendenti, compresa la figura chiave del direttore dei quotidiani, Antonio Cipriani, che passò alla guida di D-News.
I quotidiani Epolis erano nati da un’idea dell’imprenditore sardo Nicola Grauso, che aveva cominciato il suo progetto nel 2004, rilevando la “Unione pubblicazioni srl”, il cui capitale sociale era detenuto dalla “Lebanese real estate investment company” con sede a Beirut. (Agi) .