ROMA – Con tre giorni di anticipo, il sito web dell’Espresso ha pubblicato il testo italiano molto atteso dell’enciclica Laudato si’, che era sotto embargo.
Dal blog di Sandro Magister si legge: “È comparsa all’improvviso sul sito on line dell’Espresso nelle ore meridiane di lunedì 15 giugno, tre giorni esatti prima del suo annunciato pubblico battesimo. L’autore di questo blog se l’è trovata anche lui davanti sullo schermo, tutta intera, sbucata chissà da dove, e allora l’ha accompagnata con qualche riga di presentazione, per introdurla in società come si conviene”.
Dopo un paio di ore la Sala Stampa Vaticana ha immediatamente confermato l’embargo, precisando che il testo divulgato non è la versione definitiva. Poi, padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa Vaticana, ha sospeso l’accredito al giornalista precisando “iniziativa scorretta, fonte di forte disagio per i moltissimi colleghi giornalisti”.
Anche come giornalisti dell’Ucsi viviamo un forte disagio in queste ore. È umiliante costatare che invece di remare insieme per un giornalismo vero e corretto qualcuno sia sufficiente a rendere in-credibili tutti.
Ma lo scoop si sta trasformando in un boomerang proprio grazie a quella parte di opinione pubblica interessata al magistero di Papa Francesco, all’enciclica e ai suoi contenuti, che rifiuta di entrare in un’altra trappola mediatica simile a quella di Vatileaks.
È per questo che abbiamo raccolto nell’ambiente Ucsi brevi commenti di giornalisti, quasi tutti impegnati in testate laiche, che aiutano a comprendere la vicenda. Eccoli.
P. Francesco Occhetta S.I., consulente Ucsi
Perché violare un embargo? Per uno o più dei seguenti motivi:
1) Perché non si ritiene rilevante dover rispettare i colleghi, accettare le regole della giornalismo, considerare l’etica professionale una questione degna di cura.
2) Perché si accetta, più o meno consapevolmente, più o meno in cambio di guadagni o favori di varia natura, di mettersi al servizio di interessi di parte che intendono trarre vantaggi dalla fuga di notizie.
3) Perché si reputa di poter attirare sull’episodio una attenzione di natura scandalistica che si traduce in vantaggi per la testata, per l’editore o per se stessi, prescindendo da ogni criterio di qualità oggettiva.
Giudicate liberamente cosa sia applicabile al caso in questione. Ordine dei giornalisti, se ci sei batti un colpo.
Andrea Melodia, presidente Ucsi
Il diritto di cronaca non significa “licenza di derogare” ai principi etici e deontologici della professione giornalistica. Pubblicare l’enciclica di Papa Francesco violando le regole dell’embargo non è uno scoop, ma un grave atto di scorrettezza non solo nei confronti del Pontefice, ma anche dei colleghi e dell’opinione pubblica. La regola dell’embargo su documenti anticipati ai giornalisti prima della loro diffusione ufficiale non è, infatti, un atto di restrizione della libertà di stampa, ma un atto di cortesia nei confronti dei giornalisti per agevolare il loro lavoro. Infrangerla non ha, quindi, giustificazioni, né attenuanti di sorta perché, oltre a rischiare di provocare un comprensibile blocco della prassi, contribuisce a screditare ulteriormente una professione che ha, invece, bisogno di riaffermare serietà e rispetto delle regole a garanzia della qualità dell’informazione.
Carlo Parisi, presidente Ucsi Calabria e membro della Giunta Esecutiva Fnsi
La violazione dell’embargo dell’enciclica di papa Francesco attuata da Sandro Magister sul sito de L’Espresso è sconcertante. Un professionista di lungo corso come lui sa benissimo che esistono regole fondamentali per la correttezza dell’informazione, che non vanno messe in discussione. Altrimenti si finirà in un indiscriminato far west! Evidentemente tutto questo non è solo dovuto alla ricerca di uno scoop a buon prezzo, ma lascia pensare a obiettivi che nulla hanno a che fare con l’informazione dei propri lettori. Una responsabilità che va estesa non solo al giornalista, ma anche alla testata che ha pubblicato il testo sotto la formula “anteprima”. È una questione di credibilità, serietà e correttezza.
Pino Nardi, vicepresidente Ucsi
La pubblicazione di quella che viene definita “una bozza” dell’enciclica del Papa (ma il testo, 191 pagine, si presenta come ben definito) attesa in tutto il mondo, è una grave violazione delle norme sull’embargo che ogni giornalista si impegna a rispettare con tanto di firma nel momento in cui chiede l’accredito in Sala Stampa Vaticana.
Perché? A chi giova questo comportamento? Le regole garantiscono tutti: chi ha qualcosa da comunicare, un pubblico da informare, il libero gioco di concorrenza tra testate. Se saltano le regole siamo tutti più vulnerabili, più esposti, più poveri. Ne risente la libertà di chi deve informare, ma soprattutto quella di chi ha diritto a essere informato. È la democrazia stessa che risulta ferita.
Le regole prevedevano che giovedì 18 alle 9 i giornalisti accreditati avrebbero ricevuto il testo dell’enciclica embargato alle 12, ciascuno nella propria lingua. Alle 11 la conferenza stampa di presentazione. Alle 12 la diffusine delle notizie, delle analisi, dei commenti… Sono le regole, elementari, che ogni stagista o praticante conosce ed è chiamato a rispettare.
Uscire tre giorni prima con un testo che pare non sia nemmeno definitivo brucia tutti sul tempo (compresi gli editori, con relativi problemi di diritti) e uscire on line con immediata visibilità mondiale è uno schiaffo ulteriore ai colleghi e al pubblico di altre lingue.
Una confusione che non potrà sminuire il valore di un testo prezioso non solo per i credenti ma per l’umanità.
Dispiace che questa pagina nera per il giornalismo italiano sia scritta da un’antica e gloriosa testata del nostro Paese. Perché le responsabilità individuali non possono essere scisse da quelle di una testata e di una linea editoriale.
Vania De Luca, vaticanista di RaiNews24
Non mi meraviglia la violazione dell’embargo sull’enciclica del Papa e neppure mi appassiona la ricerca delle possibili cause di questo “scoop” falso o parziale. Purtroppo queste pratiche scorrette sono molto frequenti anche in situazioni più delicate, per le quali dovremmo tutti indignarci e protestare con forza, oltre che sollecitare interventi incisivi del nostro Ordine. Penso soprattutto alle vicende di cronaca che riguardano i minori o i soggetti “deboli”.
Noto comunque, come fanno molti attenti osservatori, che mai un documento papale aveva attirato su di sé tante critiche “preventive”. È il segno evidente di un nervosismo diffuso soprattutto tra i portatori di grandi interessi economici, è l’indicazione chiara che questa Chiesa (e questo papa) hanno ancora molto da dire e soprattutto che possono essere veramente ascoltati dall’opinione pubblica. Andare controcorrente per affermare con decisione la propria verità, rinunciare al “quieto vivere” in nome dei principi giusti: sono questi oggi gli insegnamenti di Francesco.
Antonello Riccelli, presidente Ucsi Toscana
Chi viola le regole professionali, anche e soprattutto quelle deontologiche, si pone fuori da sé da quella professione che quelle regole prevede per scelta dei suoi operatori. Spero di non sentire parlare di scoop né di atto di coraggio, né tantomeno di iniziativa anticonvenzionale. Noi giornalisti abbiamo l’obbligo, che ci siamo posti noi stessi, di essere leali e trasparenti con il nostro pubblico (lettori, telespettatori, radioascoltatori, utenti di internet) ma anche con le nostre fonti, sinoa esse private ed esclusive, siano pubbliche e generalizzate. Violare l’embargo, poi, quando c’è di mezzo il Papa, costituisce un’aggravante.
Giuseppe Vecchio, presidente Ucsi Sicilia
Da vaticanista di lungo corso mi viene da dire che l’embargo violato è un malcostume che caratterizza da tempo l’informazione vaticana, e che è espressione di un doppio tradimento: da parte dei collaboratori del papa impegnati in lotte di potere e per bande tutte interne al Vaticano, e da parte di giornalisti codini e conniventi, come quello che gestisce il sito dell’Espresso, fautore di una guerra pervicace e ottusa a papa Francesco per conto del corpaccione reazionario della Curia Vaticana. Una violazione dell’embargo che è un attacco vigliacco al Papa ed un’offesa alle più elementari regole deontologiche.
Raffaele Luise, presidente Ucsi Lazio
“Censura vaticana”: è uno dei tanti tweet di risposta alla notizia della punizione al giornalista che ha diffuso la bozza dell’enciclica. Non sono sorpreso. Né dalla violazione dell’embargo da parte di un collega, né dai commenti in rete contro la Santa Sede. Se è auspicabile un segnale forte dell’Ordine nei confronti di chi ha rotto per primo l’embargo (e degli altri che hanno seguito a ruota L’Espresso), i commenti dei cittadini dimostrano come viene percepita la nostra professione. Il sensazionalismo a ogni costo, il gridare allo scoop anche quando non c’è, il pubblicare tutto di tutti non è giornalismo, lavoriamo per far comprendere questo.
Matteo Billi, presidente Ucsi Emilia-Romagna
Il modello di giornalismo prevalente in Italia è quello pluralista-polarizzato più che quello liberale tipico dei Paesi anglosassoni (secondo lo schema proposto da Hallin e Mancini). Pur con significative eccezioni, è quindi un giornalismo schierato, portato alla polemica e all’attacco dell’avversario che di volta in volta viene individuato, alla ricerca degli effetti speciali più che dell’obiettività, dello spettacolo più che dell’analisi dei contenuti Vale per tutti gli ambiti: politico, economico, sociale, per non parlare di quello sportivo. Vale anche per quello religioso. L’Espresso che pubblica in anticipo l’enciclica del Papa – e neanche in versione definitiva – non fa uno scoop, perché a grandi linee l’orientamento del testo era già conosciuto. Non fa neanche un servizio ai cittadini, perché nulla cambia se si aspettano un paio di giorni per leggerlo. Che cosa fa, dunque? Alimenta le polemiche, alza fumo, che va a nascondere l’arrosto, cioè il contenuto dell’enciclica. Ancora una volta, invece di porsi come obiettivo il bene comune, l’informazione si pone obiettivi trasversali, di difficile comprensione, certamente autoreferenziali.
Paola Springhetti, docente alla Pontificia Università Salesiana
Il gesto dell’Espresso, purtroppo, rimarrà alla storia. Una storia buia, ma sempre storia. Ha minato alla base una delle regole principali di un giornalista: mantenere sempre la propria parola. Se ad un giornalista viene meno la parola data, viene meno la verità, perché è pronto a “tradire”, magari per “un piatto di lenticchie”. Il giornalismo è morto, viva il giornalismo. L’unico modo per rinascere alla sorgente dell’etica per la professione giornalistica e confessarsi al pubblico, dire ogni malefatta, svelare ogni manipolazione di sistema falso e corrotto, e soprattutto mostrarsi senza pelle.
Enzo Quarto, presidente Ucsi Puglia
“Quanto accaduto mi fa riflettere sul tema dell’attesa, che è preparazione, concentrazione e – finalmente – condivisione, anche dell’informazione. Quando L’Espresso presenta “in esclusiva” il presunto testo dell’enciclica è forse loro sfuggito che il Papa si rivolge (così nel testo che loro stessi gli attribuiscono) “a ogni persona che abita questo pianeta”. Come cristiani siamo certi che la sua parola non può essere compressa nei concetti di esclusiva o scoop e nemmeno nella sola nostra lingua italiana. Quando sarà nota nel suo testo effettivo l’enciclica apparterrà a tutti gli uomini e si comprenderà che averla saputa aspettare è (e sarebbe stato) di per sé un valore.
Luigi Cobisi, pubblicista, membro del Consiglio dell’Ordine dei giornalisti
Scrive Luigi Accattoli sul suo blog, a proposito della violazione dell’embargo dell’enciclica Laudato si’, che “le anticipazioni moltiplicano e non indeboliscono l’interesse”, anche se riconosce che esse costringono i commentatori al “malestro” di una lettura frettolosa.
Qui sta secondo me il punto: anche prescindendo dalla dietrologia, una lettura frettolosa collettiva può facilmente trasformarsi in una lettura inquinata: il che, per un testo sulla cura della casa comune, è un ben doloroso paradosso…
Guido Mocellin, direttore editoriale Emi e collaboratore Avvenire (rubrica WikiChiesa)
Sandro Magister ha scelto. Ha scelto di condividere la decisione del suo direttore di pubblicare sul suo blog l’enciclica del Papa violando l’embargo della sala stampa vaticana. Per questo gli è stato ritirato permanentemente l’accredito.
La questione apre senza dubbio un varco nell’esercizio della professione giornalistica, una porta alle scappatoie facili, per non rispettare le regole che danno credibilità e autorevolezza al giornalismo. Certamente anche l’Ordine farà sentire la sua voce con un provvedimento che spero non renda vano il tesserino che abbiamo in tasca da tempo. Il fatto però indica, con altrettanta chiarezza, che l’attacco alla Chiesa cattolica è violento, di eco universale, ma rischia di implodere nella stupidità di una scelta irresponsabile forse alla ricerca di quei lettori stanchi di un giornalismo autoreferenziale e sempre più lontano dalla realtà.
Rosa Maria Serrao, caporedattore Desk