COSENZA – «Grazie per la premura e per il bel ricordo di Emanuele che anche per me era “la voce della Calabria”. Lo stimavo e gli volevo bene come tutti i colleghi a cominciare da quelli della “Sua” Rai». Gianni Letta, storico direttore del quotidiano Il Tempo e sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, commenta, così, l’articolo di Giornalisti Italia scritto da Pino Nano per commemorare Emanuele Giacoia, scomparso il 18 agosto scorso a Cosenza, e ricorda: «Era antico il nostro rapporto: era nato tanto tempo fa, ai tempi del mio Tempo, e si era mantenuto sempre vivo, cordiale e affettuoso, anche dopo, quando… ho cambiato mestiere. Mi dispiace, mi dispiace davvero e mi unisco a Voi nel dolore e nel ricordo, con lo stesso sentimento e con sincero rimpianto. Un caro saluto, Gianni Letta».
Altrettanto commovente il messaggio del giornalista Lello Malito che con Emanuele Giacoia ha condiviso anni di impegno professionale. E se Emanuele era un’icona del giornalismo sportivo, dall’altra parte Lello Malito era un’icona del giornalismo politico che, in quegli anni, dava conto soprattutto della storia e delle battaglie del sindacato in Calabria, per giunta in una stagione di grandi vertenze e di grandi sogni di sviluppo ancora da realizzare.
«Emanuele – scrive di lui Lello Malito – sei stato un grande giornalista, ma io voglio ricordare che eri una persona speciale, perbene, buona, gentile. Non ricordo che tu abbia mai rimproverato qualche giovane collega per un errore. Suggerivi, quasi non correggevi. E avevi l’umiltà dei Grandi. Ho un ricordo particolare di questa qualità: un giorno ti ho visto, quando eri già caporedattore, scendere per le scale di Rai via Montesanto, con le braccia piene di videocassette da montare per servizi di colleghi lontani dalla sede. Al mio rilievo: Emanuele perché tu? E tu: “Lello guarda che anche questo è lavoro giornalistico”. Me lo dicesti con la tua meravigliosa voce radiofonica, la più bella, si diceva, della Rai. E qualcuno, scherzandoci, diceva: “Emanuele Giacoia potrebbe rendere armoniosa anche la lettura dell’elenco telefonico!”. Ti ricordo, Emanuele, con stima e affetto, più di quello che avevi per me. Con te se n’è andato un pezzo della mia vita».
Quasi intimo, invece il racconto di suo figlio Valerio, affidato alle colonne del “Quotidiano del Sud”, per cui collabora e di cui lo stesso Emanauele Giacoia è stato amatissimo direttore.
«…Piccola sembrava ormai la sua anima in quel fisico rimpicciolito degli ultimi giorni. Smarrita e soave, sì, compagna e ospite del corpo, mentre si è decisa a scendere in quei “luoghi incolori, ardui e spogli”, senza più quegli “svaghi consueti”: le sigarette americane, il loden d’inverno al caffè Bastone, le camice blu, i libri delle grandi letterature…».
È chiaro che un padre così famoso, così amato, così invidiato, ma soprattutto così preso dal suo lavoro rischia qualche volta di essere un problema per un bambino ancora piccolo e Valerio lo racconta in maniera quasi sublime.
«Dentro questo lungometraggio universale c’era lui. Come in un’epica familiare, appunto, metà padre, metà sigaretta, e poi via via padre-Olivetti Lettera 32, padre-Rai, padre-Tutto il Calcio minuto per minuto, padre-Novantesimo minuto, padre-cannelloni alla besciamella, padre-intera cassetta di arance la sera. Ma anche metà padre e metà madre, perché il suo stare con noi era dolce. E ricco. Comunitario, paritario, democratico.
Ad ascoltare Pablo, Rimmel o La Locomotiva, oppure l’ultimo Lp dei Deep Purple, quella Smoke on the water che ci faceva impazzire e saltare mentre lui sorrideva spiegando a Pietra, rivoluzionaria con animo alla Di Giacomo e cuore alla Eduardo, quanto fossero pur bravi questi qua e non soltanto i suoi cantori e poeti napoletani…».
Infine “l’ultimo vagito”, di cui Valerio insieme a suo fratello Riccardo sono stati unici testimoni oculari. …«Era di quelli che restano in piedi, mio padre. Come dice un gran pezzo di De Gregori, tra coloro che hanno sogni come fari e occhi vigili e attenti e selvatici come gli animali, mentre osservano una precisa stella tra milioni.
È morto come fosse in piedi, mio padre. Come Adriano, il mio imperatore gentile si è voltato un’ultima volta. O quattro, come ha ripetuto. Saranno stati quegli istanti che ancora ha voluto assaporare, come ha fatto minuto per minuto in tutti i suoi avventurosi e potenti e dolcemente sfacciati 93 anni. Un ultimo istante pur di guardare insieme “le rive familiari, le cose che certamente non vedremo mai più”. E infine cercando d’entrare nella morte a occhi aperti. Sperando in un ampio “benvenuto, Emanuele”».
Oramai cieco e lontano da tutto, il grande e inimitabile Vincenzo Mollica, storico inviato del TG1 per la cultura, affida alla rete il suo ultimo saluto al vecchio compagno di televisione: «Addio ad Emanuele Giacoia, grande cuore, grande giornalista, grande uomo… Grande classe, grande amico… Gli volevo molto bene».
Di Emanuele ha scritto un pezzo forte, pieno di ricordi personali, anche Tonino Raffa, anche lui storico inviato sportivo del Giornale Radio Rai, e lo ha fatto alla sua maniera, con tanta passione in corpo, da “tifoso sfegatato”, quasi quella dei cronisti sportivi fosse una “riserva indiana” da conservare e da tutelare per sempre: «Addio al giornalista versatile e gentiluomo». Ma la proposta finale che Tonino Raffa lancia a Pasqualino Pandullo, Capo della Tgr Rai della Calabria (che lo ha ricordato in maniera commossa e completa anche in Chiesa il giorno dei funerali), è di intitolare a Giacoia il salone grandi eventi della sede regionale. Ma anche la giunta comunale di Cosenza dovrebbe intitolargli una strada, una piazza o un grande impianto sportivo».
Ieri intanto, lo stadio del Cosenza Calcio si è fermato, ha osservato un minuto di silenzio in onore del vecchio Emanuele, lo ha fatto prima che incominciasse la partita da cartellone, un minuto di silenzio scandito poi da un lunghissimo applauso, gli onori della curva, gli onori della città, gli onori dello stadio che tanto amava, gli onori della città che era diventata la sua nuova casa, gli onori dei tifosi che lo seguivano con immensa ammirazione. Bella la nota di Franco Segreto sul Corriere dello Sport di questa mattina. Ancora oggi, è come se Emanuele in realtà non sia mai andato via.
Mi scrive un messaggio privato Mimmo Nunnari, già vice direttore della Rai Tgr, un minuto dopo che Giornalisti Italia ha dato la notizia della sua morte: «Emanuele era un uomo davvero speciale». Di meglio non si può dire. (giornalistitalia.it)
Pino Nano
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