BOGOTA’ (Colombia) – La Procura generale della Nazione ha ordinato in Colombia l’apertura di una inchiesta sui membri della polizia criminale colombiana (Sijin) che permisero all’indomani della morte di Mario Paciolla, dipendente dell’Onu a San Vicente del Caguán, ad una unità dell’Onu di prelevare tutti i suoi effetti personali ed alterare il luogo centrale delle indagini per risalire alle cause del decesso.
In un nuovo articolo per El Espectador, Claudia Julieta Duque, giornalista amica di Paciolla, precisa che il riferimento è all’intervento il 16 luglio della Unità di indagini speciali (Siu) del Dipartimento di Salvaguardia e sicurezza delle Nazioni Unite, collegato alla Missione di Verifica degli Accordi di pace fra le Farc e il governo colombiano, per cui operava il 33enne napoletano.
Il reato prefigurato nei confronti degli agenti della Sijin, precisa il giornale, è di «ostruzione della giustizia», perché con il loro comportamento non è stato protetto l’appartamento del cooperante italiano che avrebbe potuto dare le risposte al dilemma sulle cause della morte.
Dall’inventario dei beni inviato alla famiglia di Paciolla in Italia, dall’appartamento furono prelevati, fra l’altro, oltre otto milioni di pesos (1.820 euro), carte di credito, passaporti, una macchina fotografica, materiale informatico, varie agende, ricevute e numerose fotografie.
La giornalista di El Espectador segnala poi che all’autopsia del cadavere di Paciolla partecipò anche il capo della Missione medica locale dell’Onu, Jaime Hernán Pedraza Liévano, nonostante non fosse un anatomopatologo.
Nell’articolo si precisa inoltre che il capo della Missione di Verifica delle Nazioni Unite, Carlos Ruiz Massieu, si è rifiutato di rispondere a sette domande riguardanti le azioni svolte dal personale alle sue dipendenze che potrebbero prefigurarsi come «ostruzione della giustizia» in Colombia ed in Italia, l’invio degli effetti personali di Paciolla in Italia e sul contesto in cui si svolse la telefonata del cooperante al responsabile della sicurezza a San Vicente del Caguán, Christian Leonardo Thompson Garzón.
La Procura colombiana, scrive infine il giornale, ha disposto la realizzazione di una serie di prove, fra cui la dichiarazione di Thompson Garzón, che Paciolla chiamò la notte del 14 luglio, poche ore prima di morire. (ansa)