IL CAIRO (Egitto) – Il presidente del Sindacato dei giornalisti egiziani, Yehia Qalash, è in stato di fermo presso il commissariato di polizia di Kasr el-Nil al Cairo dopo essersi rifiutato, insieme al vice presidente Khaled al-Balshy e al segretario generale Gamal Abdul-Rahim, di pagare la cauzione di circa 1.126 dollari ciascuno disposta dalle autorità giudiziarie, chiedendo che venga avviata un’indagine indipendente sul caso. Qallash è stato interrogato per 14 ore dalle autorità giudiziarie insieme ad al-Balshy e ad Abdul-Rahim. L’accusa nei loro confronti è quella di aver ospitato dei latitanti e di aver diffuso notizie false, come ha spiegato al telefono alla Dpa Abdul-Rahim.
Risale al primo maggio il raid condotto dalla polizia egiziana nella sede del Sindacato dei giornalisti al Cairo e che ha portato all’arresto dei due reporter Mahmoud El-Sakka e Amr Badr, del sito d’informazione dell’opposizione Yanair. I due sono accusati di diffusione di notizie false, incitamento a proteste non autorizzate e tentativo di rovesciare il regime. Il riferimento è alle proteste di aprile sulla decisione del presidente Abdel Fatta al-Sisi di riconoscere la paternità saudita su due isole nel Mar Rosso.
La Costituzione egiziana stabilisce che un’eventuale irruzione all’interno di un sindacato di categoria debba essere concordate dalle forze di sicurezza con i leader dell’organizzazione. Il sindacato dei giornalisti ha definito il raid del primo maggio come il peggiore attacco dalla sua fondazione 75 anni fa.
Amnesty International ha chiesto il rilascio dei tre membri del sindacato, affermando che il loro arresto rappresenta “una pericolosa escalation del provvedimento restrittivo attuato dalle autorità egiziane nei confronti della libertà di espressione”. (Adnkronos)
L’arresto di Badr ed El Sakka, compiuto in maniera senza precedenti all’interno della sede centrale del sindacato al Cairo, aveva suscitato proteste di piazza da parte dei giornalisti e una contrapposizione con il ministero dell’Interno. Parte dei giornalisti, quelli più legati al governo, hanno però preso le distanze dai vertici dell’organizzazione. Quello di Badr, assieme all’avvocato Malek Adly e al “consulente” Ahmed Abdallah, è uno dei tre casi giudiziari che la famiglia di Giulio Regeni ha chiesto a rappresentanze diplomatiche, ong e media di seguire da vicino per evitare un accanimento giudiziario. (Ansa)
Il presidente Yehia Qalash, il vice Khaled al-Balshy e il segretario Gamal Abdul-Rahim