BUCAREST (Romania) – L’Assemblea annuale dell’Efj, riunita a Bucarest ieri e oggi, su proposta della Federazione nazionale della stampa italiana, rappresentata nell’occasione dal segretario generale Raffaele Lorusso e dai segretari aggiunti Carlo Parisi e Anna Del Freo, esprime “preoccupazione per la grave situazione venutasi a determinare in Turchia nel corso degli ultimi anni”.
Già nel 2012, Reporter Senza Frontiere aveva definito la Turchia “il carcere più grande del mondo per i giornalisti”. La situazione, da allora, e in particolare dopo il fallito colpo di stato del 15 luglio 2016, è peggiorata. Attualmente sono oltre 150 i giornalisti reclusi nelle carceri di quel Paese. Per alcuni di loro e per alcuni dipendenti ed editori di media nazionali, poche settimane fa sono state formulate le prime richieste di condanna. Migliaia di persone, tra cui anche intellettuali, professori universitari, giudici e impiegati pubblici, restano in galera in attesa di un regolare processo.
Per 30 tra giornalisti ed editori del gruppo Zaman, di proprietà dell’imam e miliardario Fethullah Gülen, il procuratore capo di Istanbul ha di recente chiesto la pena dell’ergastolo. Diciannove tra giornalisti ed editori del quotidiano Cumhuriyet, alcuni dei quali già in carcere, sono stati accusati dalla stessa procura di golpismo: per loro sono state chieste condanne tra i 7 e i 43 anni di reclusione.
Proseguono, intanto, le pressioni da parte delle autorità su giornalisti e direttori dei pochi mezzi di informazione ancora indipendenti, con licenziamenti e dimissioni chiesti, e ottenuti, ogni volta che i colleghi osano esprimere posizioni diverse dalla linea dettata dal regime.
Come nel caso di Irfan Degirmenci, licenziato dal canale televisivo Kanal D dopo aver twittato che avrebbe votato “No” al Referendum costituzionale del 16 aprile. L’agenzia Dogan, proprietaria dell’emittente, ha motivato il licenziamento adducendo la motivazione di una “violazione del principio di imparzialità”.
C’è poi il caso dell’editorialista di Posta, Hakan Celenk, licenziato aver espresso le sue perplessità sul funzionamento del sistema presidenziale durante una trasmissione della Cnn turca, lo scorso 22 gennaio. Mentre il direttore del quotidiano Hurriyet, Sedat Ergin, è stato costretto a dimettersi dopo che la procura di Istanbul ha aperto un’inchiesta a carico del suo giornale
E non va meglio per gli operatori dei media di altri Paesi che operano in Turchia, come testimonia la vicenda del corrispondente tedesco di Die Welt, Deniz Yucel, fatto arrestare dal presidente Erdogan con le accuse di propaganda terroristica e di associazione terroristica. O del blogger e documentarista italiano Gabriele Del Grande, fermato dalle autorità turche al confine con la Siria poco prima di Pasqua.
A tutto ciò si aggiunge l’arresto, avvenuto stamane, dell’editore e di 3 dirigenti del quotidiano d’opposizione Suzco, accusati di aver istigato la popolazione alla rivolta contro il governo e di aver aver commesso reati per conto dell’organizzazione di Fetullah Gulen, l’imam ritenuto la mente del colpo di stato fallito lo scorso 15 luglio. Il quotidiano è accusato, in particolare, di aver rivelato il nome dell’hotel di Marmaris, località della costa turca, in cui risiedeva il presidente Recep Tayyip Erdogan, la notte del tentato golpe.
L’Assemblea generale dell’Efj invita, dunque, “tutti i giornalisti europei – si legge nella mozione proposta dalla Fnsi e approvata dall’Assemblea oggi a Bucarest – a non lasciare soli i colleghi turchi e a tenere accesi i riflettori sulle condizioni ormai insopportabili in cui sono costretti a lavorare gli operatori dell’informazione in Turchia”.
L’Assemblea Efj, “invita inoltre i sindacati nazionali a reiterare gli appelli ai rispettivi governi e ai propri parlamentari europei affinché si facciano promotori di concrete azioni a tutela della libertà di informazione e del rispetto dei diritti umani presso le autorità di Ankara. Auspica, infine, un’azione congiunta delle istituzioni europee per far sì che il rispetto della libertà di espressione venga posto come una delle condizioni imprescindibili per l’ingresso della Turchia dell’Unione europea e per ogni accordo che l’Unione deciderà di stipulare con il partner turco”.
(giornalistitalia.it)