Ecco la proposta di legge dei deputati di Sel per garantire pluralismo e democrazia

Editoria: un Fondo per il diritto all’informazione

Annalisa Pannarale

Annalisa Pannarale

Celeste Costantino

Celeste Costantino

Lara Ricciatti

Lara Ricciatti

ROMA – “Istituzione del Fondo per il diritto all’informazione, per il finanziamento pubblico dell’editoria” è la proposta di legge presentata alla Camera dai deputati di Sinistra Ecologia e Libertà: Annalisa Pannarale, Giancarlo Giordano, Giovanni Paglia, Franco Bordo, Celeste Costantino, Donatella Duranti, Lara Ricciatti e Gianni Melilla.
Libertà di informazione, spiegano i parlamentari, intesa sia come manifestazione del pensiero che come diritto all’informazione e, dunque, libertà di informarsi, è una delle basi fondanti di qualsiasi democrazia. L’informazione è, infatti, la condicio sine qua non per la garanzia sostanziale dei princìpi costituzionali fondamentali e, in particolare, di quelli enunciati nei primi dieci articoli della Carta: in assenza di tale diritto, infatti, ciascun individuo sarebbe privato degli elementi necessari al compimento di scelte realmente consapevoli e libere.
La Corte costituzionale, nel fornire l’interpretazione autentica degli articoli della Carta, ha più volte ribadito lo stretto legame esistente tra libertà di informazione di cui all’articolo 21 e funzionamento del sistema democratico, sviluppando un livello di attenzione molto alto nei confronti dei rischi derivanti dalla manipolazione della stessa: è evidente, in tale senso, come maggiore risulti essere il numero dei soggetti attivi in tale settore minore sia la possibilità che le informazioni vengano stravolte o indirizzate in modo parziale e univoco.
I deputati di Sel invitano, inoltre, a considerare come la società attuale, con i suoi molteplici canali e piattaforme, renda l’individuo ancora più esposto a tale tipo di manipolazione: lo Stato deve, di contro, garantire a tutti i cittadini la possibilità di accedere a informazioni diverse da diversi soggetti, tutelando il pluralismo dei mezzi di informazione quale bene di rilevanza costituzionale. Pluralismo che, in una nota sentenza della Corte costituzionale (sentenza n. 826 del 1988) concernente il sistema radiotelevisivo, fu rinvenuto della «possibilità di ingresso (…) di quante più voci consentano i mezzi tecnici, con la concreta possibilità (…) che i soggetti portatori di opinioni diverse possano esprimersi senza pericolo di essere emarginati a causa di processi di concentrazione delle risorse tecniche ed economiche nelle mani di uno o di pochi».
È in quest’ottica, dunque, che lo Stato è intervenuto nel corso degli ultimi decenni per finanziare l’editoria, sia a mezzo stampa che radiofonica: per garantire, cioè, quella pluralità di voci necessaria al buon funzionamento della democrazia, non essendo pensabile, né tantomeno auspicabile, che siano le sole logiche di mercato a indirizzarne le attività di regolazione e di finanziamento secondo l’univoco principio delle copie vendute. Lo Stato – a giudizio dei deputati di Sel – ha, invece, l’obbligo di farsi garante del rispetto e della valorizzazione del pluralismo, tutelando un diritto costituzionale di immensa portata.
La proposta di legge è, dunque, volta a consentire il godimento sostanziale del diritto di cui all’articolo 21 della Costituzione, attraverso l’istituzione del Fondo per il diritto all’informazione, in grado di garantire un sostegno reale al mondo dell’editoria, travolto, negli ultimi anni, da una crisi che ha condotto al collasso molte realtà minori, portatrici di una pluralità di voci essenziale alla società attuale.
È indubbio come nei decenni siano emersi fenomeni altamente distorsivi nell’accesso al finanziamento pubblico dell’editoria; fenomeni che, tuttavia, non possono condurre a ritenere che un intervento dello Stato in questo settore sia da escludere. Si rammenta, infatti, come tale tipo di intervento pubblico risulti presente, in diverse forme, in tutti i Paesi europei e come il nostro non sia, tra l’altro, l’ordinamento che dedica a tale settore i finanziamenti più ingenti; una realtà ampiamente manifestata attraverso un noto dossier del 2008 pubblicato dal Reuters Institute, a dimostrazione di come tale necessità sia avvertita in tutti gli ordinamenti democratici contemporanei.
Negli anni il finanziamento pubblico dell’editoria si è materializzato in contributi di tipo diretto e indiretto, dispersi in una pluralità di interventi a pioggia e con criteri di accesso particolarmente confusi, incapaci di rispondere alle necessità di un settore in continua trasformazione. La normativa è stata modificata in più di un’occasione e, soprattutto negli ultimi anni, sono stati introdotti criteri migliorativi che hanno consentito un maggiore controllo nei confronti dei soggetti beneficiari dei contributi. Attualmente, ad esempio, i contributi indiretti di cui godevano principalmente le grandi testate sono stati sostanzialmente aboliti: sono dunque le cooperative e le piccole e medie imprese editrici, soggetti che garantiscono il pluralismo dell’informazione, a ricevere dallo Stato un sostegno essenziale alla loro sopravvivenza.
Molteplici fattori, come il consolidamento della dimensione on line dell’informazione e la crisi economica, hanno tra l’altro prodotto negli ultimi anni una rivoluzione nel mondo dell’informazione che va regolata con estrema attenzione, onde evitare il soffocamento di tutte quelle realtà che non sono attualmente in grado di competere con la pervasività del fenomeno digitale o con le posizioni dominanti delle grandi testate. Modernizzazione e innovazione non possono risultare, infatti, le uniche parole d’ordine, in grado di risolvere qualsiasi criticità di ordine politico, sociale e culturale.
Dal mondo dell’editoria e, soprattutto, dalle cooperative e dalle piccole imprese sono provenuti negli ultimi anni molteplici allarmi circa la progressiva erosione delle risorse a loro disposizione, che ha comportato la chiusura di moltissime realtà, soprattutto territoriali. Dai primi anni del 2000 a oggi i finanziamenti risultano essere passati da più di 500 milioni di euro complessivi a circa 50, privando dell’ossigeno moltissime iniziative editoriali. La presente proposta di legge si pone, dunque, come obiettivo non solo quello di procedere ad una razionalizzazione del sistema dei contributi attuali ma, soprattutto, di rifinanziare il settore attraverso nuovi contributi che garantiscano un’equa distribuzione degli oneri e dei benefìci.
L’articolo 1, oltre a ribadire la necessità di tutelare il pluralismo dell’informazione ai sensi dell’articolo 21 della Costituzione, istituisce, al comma 2, il Fondo per il diritto all’informazione nel quale confluiscono tutti i finanziamenti attualmente previsti dalla normativa; in tal modo sarà più semplice stabilire criteri adeguati per l’accesso alle risorse, monitorando quali siano le realtà che debbano godere realmente di un sostegno pubblico.
Oltre alle risorse esistenti, il comma 2 prevede che confluisca nel Fondo, fino a un massimo di 600 milioni di euro, quota parte delle risorse che deriveranno da quanto previsto dall’articolo 3.
Il comma 3 prevede, invece, che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri siano definiti i criteri e le modalità per la ripartizione delle risorse del Fondo.
L’articolo 2 individua i soggetti destinatari delle risorse confluite nell’istituito Fondo, rinvenibili nei principali soggetti cui sono attualmente destinate: si ricorda, infatti, come i grandi gruppi editoriali non godano attualmente di forme di finanziamento pubblico. Il Fondo è dunque accessibile per cooperative giornalistiche editrici di giornali e periodici, costituite da almeno un anno, e agenzie di informazione radiofonica costituite nella forma di cooperative di giornalisti; viene dunque abbassato il requisito, attualmente di tre anni, che impedisce a molte imprese di nuova costituzione o start-up di accedere ai finanziamenti e, dunque, di consolidare la propria attività. Le imprese devono, inoltre, aver acquisito meno del 30 per cento dei costi complessivi dalle entrate pubblicitarie: ciò impone una scelta tra finanziamento prevalentemente privato e pubblico.
Alle cooperative si aggiungono le piccole e medie imprese editrici di giornali quotidiani e periodici la cui maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi scopo di lucro; tuttavia, date le numerose, ambigue situazioni che hanno contraddistinto negli ultimi anni i finanziamenti a questi soggetti, viene disposto anche che, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della legge, tali imprese debbano costituirsi in cooperative. Sono mantenuti anche i finanziamenti alle imprese radiofoniche con attività di informazione di interesse generale, ossia che trasmettono quotidianamente programmi informativi di carattere politico, economico, sociale, sindacale o religioso per almeno il 30 per cento delle ore di trasmissione comprese tra le ore 7 e le ore 20.
Vengono preservate, consentendo loro l’accesso al Fondo, anche le imprese editrici di quotidiani espressioni di minoranze linguistiche, le imprese, associazioni ed enti che editano periodici per non vedenti, i prodotti editoriali delle associazioni dei consumatori e le iniziative editoriali on line attive o in fase progettuale sottoposte alla valutazione dell’apposita Commissione.
Anche le imprese editrici di quotidiani e periodici, nonché le imprese radiofoniche organi di forze politiche possono accedere ai finanziamenti pubblici purché risultino rappresentate in almeno un ramo del Parlamento italiano o nel Parlamento europeo nella legislatura in corso o in una delle due legislature precedenti, onde evitare non solo di fornire sostegno e risorse a realtà scarsamente rappresentative o radicate, ma anche, di contro, che l’esclusione dalle istituzioni comporti automaticamente la marginalizzazione, con la conseguente impossibilità di dare voce alle minoranze del Paese.
A questi soggetti si aggiungono: le start-up che presentino progetti editoriali innovativi attraverso un utilizzo prioritario delle nuove tecnologie e quelle che presentino progetti editoriali multiculturali, in grado di favorire e incentivare l’integrazione tra diverse culture. È questo un aspetto che viene valutato particolarmente innovativo poiché, da sempre, la cultura è un campo di apertura e di condivisione, in grado di favorire la conoscenza e la commistione tra pensieri, tradizioni, lingue e storie.
Il comma 3 stabilisce ulteriori criteri per l’accesso alle risorse del Fondo, che garantiscano in primis la tutela del lavoratore e la sua stabilizzazione con forme contrattuali a tempo indeterminato, oltre all’applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento. I soggetti beneficiari devono inoltre essere in possesso del requisito della mutualità prevalente per l’esercizio di riferimento dei contributi e aver adottato con norma statutaria il divieto di distribuzione degli utili nell’esercizio di riscossione dei contributi e nei dieci esercizi successivi. A questi criteri se ne aggiunge uno attualmente in vigore, che concerne l’obbligo di vendita del 30 per cento delle copie distribuite per le testate nazionali e del 35 per quelle locali, in modo da impedire quel fenomeno che, negli ultimi anni, ha favorito l’emergere di moltissime iniziative editoriali fantasma, che risultavano distribuite senza tuttavia fornire realmente alcun servizio ai cittadini.
Al comma 4 sono poi individuati ulteriori criteri, che costituiscono requisiti di accesso preferenziali alle risorse del Fondo; in primis, le assunzioni a tempo indeterminato di professionisti under 35 che determinino un incremento rispetto alla media dei dipendenti dell’anno precedente; in secondo luogo, la presenza di processi in corso di ristrutturazione o riorganizzazione per comprovata crisi aziendale, che consentano anche un sostegno verso i necessari ammortizzatori sociali; viene inoltre considerata un elemento premiale anche la presentazione di progetti formativi nel settore dell’innovazione digitale e tecnologica rivolti ai dipendenti dell’azienda, che siano finalizzati all’elaborazione di prodotti editoriali innovativi che concilino nuove tecnologie e trasmissione dei saperi; la multimedialità e la fruibilità su dispositivi digitali del progetto editoriale, un elemento oggi di fondamentale importanza nel settore dell’informazione; infine, le potenzialità del progetto editoriale nel favorire l’integrazione tra diverse culture e lingue.
Gli articoli 3 e 4, infine, consentono un adeguato finanziamento del Fondo, attraverso quote del maggior gettito derivante dall’introduzione nel sistema tributario di norme antielusione nell’economia digitale, che obbligano gli operatori pubblicitari del web ad attivare una partita Iva, nonché dall’istituzione di un contributo di solidarietà tra operatori del settore dell’informazione, pari allo 0,2 per cento del reddito complessivo degli operatori del mercato relativo alla filiera pubblicitaria. In tale modo si intende garantire una distribuzione delle risorse che tuteli il pluralismo dell’informazione, impedendo così l’abuso di posizioni dominanti in un settore tanto delicato per il funzionamento di ogni sistema democratico.

PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. La presente legge è volta a garantire i princìpi della libertà e del diritto all’informazione ai sensi dell’articolo 21 della Costituzione e delle pronunce della Corte costituzionale, che ha riconosciuto la necessità di garantire il massimo di pluralismo quale imperativo costituzionale, al fine di assicurare, attraverso una molteplicità di voci concorrenti, il diritto del cittadino a essere informato e a informarsi.
2. Ai fini di cui al comma 1 del presente articolo è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il Fondo per il diritto all’informazione, di seguito denominato «Fondo», nel quale confluiscono, fino a un massimo di 600 milioni di euro, le risorse dello Stato indirizzate al sostegno dell’editoria, anche radiofonica e digitale, quotidiana e periodica, nonché quota parte delle risorse derivanti dalle disposizioni di cui agli articoli 3 e 4.
3. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico e acquisiti i pareri delle Commissioni parlamentari competenti, nonché delle organizzazioni sindacali più rappresentative del settore dell’editoria, sono definiti i criteri e le modalità per la ripartizione delle risorse del Fondo.
Art. 2.
1. Le risorse del Fondo sono destinate ai seguenti soggetti:
a) cooperative giornalistiche editrici di giornali e di periodici, costituite da
almeno un anno, o agenzie di informazione radiofonica costituite nella forma di cooperative di giornalisti, che abbiano acquisito, nell’anno di riferimento dei contributi, entrate pubblicitarie non superiori al 30 per cento dei costi complessivi dell’impresa risultanti dal bilancio dell’anno medesimo; b) piccole e medie imprese editrici di giornali quotidiani e periodici la cui maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi scopo di lucro e che abbiano i requisiti di cui alla lettera a). Entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, per accedere alle risorse del Fondo, le imprese di cui alla presente legge devono costituirsi nella forma di società cooperativa ai sensi della lettera a);
c) imprese editrici di quotidiani espressioni di minoranze linguistiche;
d) imprese editoriali di nuova costituzione che presentino progetti editoriali innovativi, utilizzando prioritariamente le nuove tecnologie;
e) imprese editoriali di nuova costituzione che presentino progetti editoriali multiculturali, in grado di favorire e incentivare l’integrazione tra diverse culture;
f) imprese, costituite nella forma di società cooperativa il cui oggetto sociale sia costituito esclusivamente dall’edizione di quotidiani o periodici, editrici di quotidiani o periodici organi di forze politiche che risultino rappresentate in almeno un ramo del Parlamento italiano o nel Parlamento europeo nella legislatura in corso o in una delle due legislature precedenti;
g) iniziative editoriali telematiche attive o in fase progettuale, che siano state sottoposte alla valutazione della Commissione di cui al decreto del Capo del Dipartimento per l’informazione e l’editoria – Presidenza del Consiglio dei ministri 20 aprile 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 28 aprile 2015;
h) imprese radiofoniche che abbiano svolto e svolgano attività di informazione di interesse generale, che trasmettano quotidianamente propri programmi informativi concernenti avvenimenti e questioni di carattere politico, economico, sociale, sindacale o religioso per almeno il 30 per cento delle ore di trasmissione comprese tra le ore 7 e le ore 20;
i) imprese radiofoniche che risultino essere organi di forze politiche rappresentate in almeno un ramo del Parlamento o nel Parlamento europeo nella legislatura in corso o nelle due legislature precedenti e che trasmettano quotidianamente propri programmi informativi concernenti avvenimenti e questioni di carattere politico, economico, sociale, sindacale o religioso per almeno il 40 per cento delle ore di trasmissione comprese tra le ore 7 e le ore 20;
l) imprese, associazioni ed enti che editano periodici per non vedenti e per ipovedenti, prodotti con caratteri tipografici normali, su nastro magnetico, braille e supporti informatici, in misura proporzionale alla diffusione e al numero delle uscite delle relative testate;
m) associazioni dei consumatori, a condizione che risultino iscritte nell’elenco istituito dall’articolo 137 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206.
2. I soggetti di cui al comma 1 devono essere registrati presso i competenti tribunali e devono garantire un’attività informativa indipendente, in grado di assicurare il pluralismo dell’informazione.
3. Oltre ai requisiti di cui ai commi 1 e 2, i soggetti beneficiari delle risorse del Fondo:
a) devono essere composti esclusivamente da giornalisti, poligrafici e grafici editoriali, con prevalenza di giornalisti, e devono avere la maggioranza dei soci dipendenti della cooperativa con contratto di lavoro a tempo indeterminato, mantenendo il requisito della prevalenza dei giornalisti. Devono, inoltre, essere in possesso del requisito della mutualità prevalente per l’esercizio al quale è riferita l’erogazione dei contributi; b) devono aver adottato con norma statutaria il divieto di distribuzione degli utili nell’esercizio di riscossione dei contributi e nei dieci esercizi successivi;
c) devono applicare il contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento;
d) se costituiti in forma di impresa devono aver impiegato, in tutto l’anno al quale è riferita l’erogazione del contributo, almeno cinque dipendenti, con prevalenza di giornalisti, regolarmente assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato;
e) se costituiti nelle forme di cui alle lettere a), b), c) e f) del comma 1, devono dimostrare che la testata sia venduta, per le testate nazionali, nella misura di almeno il 30 per cento delle copie distribuite e, per le testate locali, nella misura di almeno il 35 per cento delle copie distribuite, intendendo per copie distribuite quelle poste in vendita in edicola o presso punti di vendita non esclusivi, tramite contratti con società di distribuzione esterne, non controllate né collegate all’impresa editrice richiedente il contributo e quelle distribuite in abbonamento a titolo oneroso. Sono escluse le copie diffuse e vendute tramite strillonaggio, quelle oggetto di vendita in blocco, da intendere quale vendita di una pluralità di copie a un unico soggetto, nonché quelle per le quali non sia individuabile il prezzo di vendita. Sono ammesse al calcolo le copie vendute mediante abbonamento sottoscritto da un unico soggetto per una pluralità di copie, qualora tale abbonamento individui specificamente i singoli beneficiari e qualora il prezzo di vendita della singola copia venduta in abbonamento non sia inferiore al 20 per cento del prezzo di copertina. Sono altresì ammesse le copie cedute in connessione con il versamento di quote associative destinate alla sottoscrizione di abbonamenti a prodotti editoriali mediante espressa doppia opzione. Le modalità di certificazione dei dati di distribuzione e di vendita sono
individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 1, comma 3. 4. Costituiscono criteri preferenziali nell’attribuzione delle risorse del Fondo:
a) le assunzioni a tempo indeterminato di giovani professionisti nel settore della comunicazione e dell’informazione con età inferiore a 35 anni, che determinino un incremento rispetto alla media dei dipendenti dell’anno precedente;
b) i processi di ristrutturazione o di riorganizzazione in corso per comprovata crisi aziendale, al fine di sostenere gli oneri derivanti dagli ammortizzatori sociali;
c) i progetti formativi nel settore dell’innovazione digitale tecnologica rivolti ai dipendenti dell’azienda, che siano finalizzati all’elaborazione di prodotti editoriali innovativi che concilino nuove tecnologie e trasmissione dei saperi;
d) la multimedialità e la fruibilità su dispositivi digitali del progetto editoriale;
e) la capacità del progetto editoriale di favorire l’integrazione tra diverse culture e lingue.
Art. 3.
(Norme antielusione fiscale nell’economia digitale).
1. Dopo l’articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, è inserito il seguente:
«Art. 17.1. – (Obbligo di apertura della partita Iva per gli operatori pubblicitari del web). – 1. I soggetti passivi che intendano acquistare servizi di pubblicità e link sponsorizzati in siti telematici, anche attraverso centri media e operatori terzi, sono obbligati ad acquistarli da soggetti titolari di una partita Iva rilasciata dall’amministrazione finanziaria italiana.
2. Gli spazi pubblicitari in siti telematici e i link sponsorizzati che appaiono
nelle pagine dei risultati dei motori di ricerca, servizi di search advertising, visualizzabili nel territorio italiano durante la visita di un sito internet o la fruizione di un servizio telematico attraverso rete fissa o rete e dispositivi mobili, devono essere acquistati esclusivamente attraverso soggetti, quali editori, concessionarie pubblicitarie, motori di ricerca o altro operatore pubblicitario, titolari di partita Iva rilasciata dall’amministrazione finanziaria italiana. La disposizione del presente comma si applica anche nel caso in cui l’operazione di compravendita sia stata effettuata mediante centri media, operatori terzi o soggetti inserzionisti».
Art. 4.
(Contributo di solidarietà a carico degli operatori della filiera pubblicitaria).
1. Il Fondo è, altresì, alimentato dal gettito derivante annualmente da un contributo di solidarietà tra operatori del settore dell’informazione pari allo 0,2 per cento del reddito complessivo dei soggetti di cui all’articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, operanti nella filiera pubblicitaria, quali gli inserzionisti, emittenti radiotelevisive e organi di stampa quotidiana e periodica, i concessionari della raccolta pubblicitaria e tutti quei soggetti che esercitano l’attività di intermediazione nel mercato della pubblicità attraverso la ricerca e l’acquisto, per conto terzi, di spazi sui mezzi di informazione e di comunicazione, con riferimento a tutti i tipi di piattaforme trasmissive, comprese le reti elettroniche.
2. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono determinate le modalità di attuazione della disposizione di cui al comma 1, garantendo l’assenza di oneri per il bilancio dello Stato.

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