ROMA – “L’andamento del mercato nell’editoria non garantisce affatto il pluralismo della stampa, anzi rischia di annientarlo per sempre”. È il messaggio forte e chiaro emerso alla Sala Stampa della Camera dei deputati, dove è stato presentato un “Appello urgente al Governo e al Parlamento”.
Un incalzante documento congiunto, segno di compattezza e di spirito propositivo, sottoscritto da Alleanza delle Cooperative italiane, Mediacoop, Fnsi, Anso, Fisc, File, Articolo21, Uspi e Cgil Slc per chiedere a Renzi e alla sua squadra un sostegno maggiore ma anche diverso all’editoria, un insieme di interventi che guardino al modello di Francia, Germania, Austria, Norvegia e altre nazioni europee dove il pluralismo delle testate, specialmente quelle che si pongono come libere espressioni delle comunità locali, sono considerate un bene comune, un patrimonio della democrazia da non affidare alle mere logiche del profitto.
“È un bene per il Paese”, si legge nell’Appello, “sostenere come avviene in tutta l’Europa la realizzazione di un moderno sistema dell’informazione libero, multimediale, pluralista e di qualità, rilanciare il settore editoriale e ridare un futuro alle realtà dell’informazione locale, la cui scomparsa impoverirebbe il pluralismo, il contollo dei poteri decentrati e la democrazia”.
Cooperative, associazioni, fondazioni, realtà non profit ed Fnsi, dunque chiedono un progretto di riforma, avviando un tavolo permanente di confronto con le strutture e gli operatori del settore per definire obiettivi, strategie e soluzioni che puntino alla modernizzazione all’ottimizzazione dell’intero comparto. Ma con fermezza si chiede al governo anche di accelerare la revisione della normativa dell’emittenza televisiva e radiofonica, la riforma della Rai e la ridefinizione del ruolo del “servizio pubblico”.
Terzo e ultimo punto evidenziato nell’Appello è la necessità di provvedere in tempi rapidi con la prossima legge di stabilità, in attesa di una vera e propria riforma, a garantire le risorse adeguate agli strumenti di intervento già previsti dalla legge in favore dell’editoria cooperativa, no profit, di idee e di testimonianza.
Nell’aprire il dibattito Roberto Calari, presidente di Alleanza delle Cooperative Italiane Comunicazione, ha ricordato le cifre di una crisi veramente pesante in tutto il comparto editoriale con cali complessivi delle copie vendute pari al 22 per cento e di oltre il 50 per cento degli introiti pubblicitari.
“Ma proprio questo quadro fosco”, ha detto, “deve spingere a disegnare insieme un futuro che contempli il pluralismo, anzicché cancellarlo come sta accadendo. Mentre altrove, in Europa, c’è molta attenzione su questo obiettivo, i contributi statali diretti alle imprese editrici in Italia sono passati dai 150 milioni dei euro del 2011 ai 40 del 2014, stessa somma prevista per il 2015 e per il 2016”.
Franco Zanotti, presidente della Fisc, la Federazione dei settimanali cattolici, ha evidenziato il malcostume prevalente di far passare i contributi all’editoria “come una sorta di privilegio di casta e non come un investimento a tutela della libertà di pensiero”. Un punto di vista pienamente condiviso dal segretario nazionale della Fnsi, Franco Siddi, che ha ricordato come negli ultimi otto mesi siano state chiuse in Italia ben 22 testate, con la perdita di circa altri mille posti di lavoro, che si aggiungono ai 3 mila già dissoltisi nell’ultimo anno.
Rammentando la vicenda della censura e delle altre traversie subite dall’Ora della Calabria fino all’oscuramento del sito e alla cessazione delle pubblicazioni, Siddi ha aggiunto: “È una brutta storia che fa comprendere come oggi certe testate locali siano da ritenersi presidi della legalità. In regioni come la Calabria se non c’è un concorso pubblico il pluralismo e l’informazione libera rischiano seriamente di scomparire. Ma occorre che i fondi siano affidati ad operatori di alta e comprovata professionalità e non a soggetti che ne chiedono l’accesso per altri motivi e non certo per garantire informazione diffusa e trasparente, o per profondere legalità”.
Il Governo, secondo Siddi, ha già dato qualche segnale positivo nell’affrontare l’emergenza dell’editoria, con una serie di stanziamenti per l’occupazione e per gli ammortizzatori sociali e con un decreto, attualmente al vaglio della Corte dei Conti, che consente di assumere a tempo indeterminato giornalisti godendo per tre anni della totale copertura dei contributi da parte dello Stato o al 50 per cento in caso di contratti a tempo determinato.
“Cinquanta milioni, però,” ha concluso il segretario generale della Federazione della Stampa, “per l’editoria non bastano. Il Governo deve metterci di più, bisogna trovare più soldi. Il rischio è che altre testate giornalistiche chiudano e centinaia e centinaia di altri lavoratori e giornalisti finiscano per strada. Perché non si inserisce una tassa minima sulla pubblicità delle emittenti televisive nazionali per la costituzione di un Fondo per il pluralismo? Perché le banche e le fondazioni delle Banche, che hanno per legge l’obbligo di investire nella cultura, non destinano una quota, almeno l’1 per cento, alla tutela del plulalismo e della libertà di stampa? Perché il governo come hanno fatto altri esecutivi in Europa non applica una tassa anche minima a Google che oggi in Italia, invece, diffonde gratuitamente contenuti prodotti da terzi? Ecco, basterebbero anche piccoli interventi come questi per trovare quei fondi in grado di dare ossigeno e vita ad una vera informazione locale e di idee che sta oggi invece morendo. Non chiediamo soldi a pioggia, vogliamo far vivere una informazione utile al tessuto democratico e sociale del nostro Paese. Speriamo che il governo ci ascolti”.
Luciano Regolo