NOVARA – Non si legge più e l’editoria è in crisi. Questa situazione è molto critica per il presente ma ancor più preoccupante per il futuro perché, senza una contro tendenza, si rischia una crisi di gigantesche proporzioni.
A confermarlo è l’Associazione Italiana Editori che ha confrontato i dati dell’anno in corso (2022) con quelli dell’anno passato (2021). È emerso un pessimo risultato: la diminuzione delle vendite del 3,6 per cento. Poco conforta il fatto che i risultati siano migliori dell’anno ancora precedente: si era in pieno lockdown con negozi e librerie chiusi.
Non ha giovato nemmeno il sacrificio degli editori che, a fronte di costianche raddoppiati, hanno tenuto duro senza ritoccare il prezzo di copertina. Mediamente un libro costa 14,70 euro.
In un contesto di contrazione, un segnale leggermente positivo viene dai fumetti, dalle guide turistiche e da quelle gastronomiche.
Regge ma con grosse fatiche la narrativa straniera; niente da fare per quella italiana; e profondo rosso per i saggi. Questa crisi c’è anche nel giornalismo: le statistiche non mentono.
Le copie vendute in edicola fanno registrare un meno 9,8 per cento e con il digitale un trend negativo del 5,3. In termini assoluti (riferiti alle prime venti testate a diffusione nazionale) significa 924,43 mila, mentre nell’anno precedente avevano raggiunto quota 1034,24 mila (non granché ma pur sempre sopra la soglia psicologica del milione).
Se alla diffusione cartacea si aggiungono gli abbonamenti digitali, la situazione non migliora più di tanto. Attualmente (sempre riferito a quelle stesse venti testate) si raggiunge il milione e 436,83 mila unità a fronte del milione e 531,25 mila dell’anno precedente.
Il primato, si fa per dire, lo mantiene il “Corriere della Sera” che, in edicola, perde, scendendo da 167 mila a 154,15 mila, facendo registrare un meno 7,64 per cento. Ottiene un risultato positivo con una percentuale di segno più dello 0,28 per cento se si aggiungono gli abbonamenti on line con i quali raggiunge quota 256,59 mila,
Al secondo posto “la Repubblica” che vende 89,50 mila copie cartacee che, con l’apporto digitale, diventano 139,02.
Sull’ultimo gradino di questo ipotetico podio: “La Gazzetta dello Sport” con 102,37 mila copie che, con l’apporto di 27 mila lettori del web tocca quota 126,59 mila.
In un contesto negativo gli unici più sono riferiti a “La Verità” che si prende 3 mila copie in edicola con una performance positiva del 12,51 per cento che con 9 mila abbonamenti digitali consolida ulteriormente il dato positivo. È in zona più anche “Il Fatto Quotidiano” che compensa la lieve flessione in edicola (meno 500 copie) con quasi 30 mila abbonati digitali.
Con questi dati negativi quale sarà il futuro dei giornalisti e della carta stampata? La risposta si fa fatica a trovarla e, a oggi, forse, non c’è.
L’Italia tradizionalmente è il Paese che legge poco e, di questi tempi, ancora meno. Si aggiunge la fretta che toglie spazio alla consultazione dei giornali e all’approfondimento. L’informazione si riduce a un’occhiata al quotidiano che sta al bar mentre si sorseggia il caffè: giusto mezzo minuto per un paio di titoli sulle stessa pagina.
Apparentemente meno disastrosa la condizione delle testate locali. Lì la notizia ha ancora un peso e la flessione (che pure è evidente) ha aspetti meno robusti in termini assoluti. (giornalistitalia.it)
Riccardo Del Boca