ISCHIA (Napoli) – Al termine degli Stati generali dell’Editoria “troveremo le modalità per aiutare il settore dell’informazione”. Ad affermarlo è il sottosegretario all’Informazione e all’Editoria, Vito Crimi, parlando con i giornalisti a margine della tavola rotonda sul tema “I convegni della Penna d’Oro” al Premio internazionale di giornalismo Ischia.
“Nessuno – ha aggiunto – vuole affossare questo settore. Qualcuno dice che io sia contro i giornalisti. Non è vero. Io vorrei aiutare solo i giornalisti a fare il loro lavoro e a farlo bene, aiutare gli editori a fare informazione in maniera serena, libera e trasparente”.
Per Crimi non è il finanziamento pubblico all’editoria a garantire “una informazione di qualità; il sistema in Italia evidentemente non ha funzionato”. Rispondendo alla osservazione di un giornalista su come sia strutturato il sistema negli altri Paesi europei, Crimi ha aggiunto: “Non bisogna solo sapere quanto mette ogni Stato nel settore, ma bisogna fare un passo dopo e vedere quale sia l’efficacia degli investimenti. Anche lo Stato ha contribuito. Ma il fondo per il pluralismo ha funzionato davvero? Se avesse funzionato oggi non saremmo a parlare della crisi dell’editoria”. “Noi dobbiamo cambiare il modello per aiutare il pluralismo – ha concluso Crimi – e non il bilancio degli editori”.
Quanto all’Inpgi, l’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani, secondo Crimi “non sconta solo una riduzione della platea degli iscritti. Fosse solo quello, affronteremo il problema in un certo modo. In passato sono state fatte scelte non corrette. Oggi è l’unico istituto che svolge una funzione sostitutiva per cassa integrazione e disoccupazione. In molti casi gli editori hanno sfruttato l’Inpgi come una cassa per ridurre il proprio costo del lavoro, e affrontando delle crisi industriali che non sempre erano corrispondenti alla mancanza di utili”.
“La crisi – sostiene Crimi – significa cassa integrazione che è stata a carico dell’Inpgi, poi ci sono stati dieci anni di ritardo per recepire le riforme del sistema contributivo. Tutta una serie di cose che sono state sbagliate nella governance e che vanno riviste”.
Per Crimi, poi, “l’Ordine dei Giornalisti in sé è anacronistico. Nel momento in cui si discute dell’allargamento della platea delle figure che dovranno contribuire all’Inpgi si sta dimostrando che oggi la figura del giornalista è cambiata, non c’è solo quella classica, ma ci sono diverse modalità, come quella di fare comunicazione sui social in maniera professionale”.
E su Radio Radicale: “Non ho mai chiesto la chiusura di Radio radicale, ma solo chiarezza per un servizio che viene affidato in prorogatio per legge da 25 anni e che non è possibile fare. Ed il fatto che oggi siamo riusciti ad interrompere questo e ci mette in condizioni di fare le famose gare. Tutti dicono che avrebbero voluto fare le gare. Io dico perché non le avete fatte”.
“La rete che era uno strumento per nascondersi è diventato – afferma Crimi – il primo strumento di trasparenza della realtà. Sta cambiando il modo di comunicare, di approcciarsi con gli altri. Personalmente mi sono dato delle regole di sobrietà senza però risparmiare la durezza”.
In merito ai messaggi diffusi alla correttezza degli stessi, ha detto ancora il sottosegretario all’Editoria, “occorre una cultura dell’educazione, con la consapevolezza della potenza che possono dare le nuove modalità di connessione tra le persone. Per quanto parliamo dei social spesso confondiamo lo strumento con quello che sta accadendo. Oggi c’è questo strumento, ma cosa sta accadendo? Sta accadendo che il nostro modo di relazionarci è cambiato”. (ansa)
Il “disegno” del sottosegretario su editoria, Inpgi, Ordine, comunicatori, web e social