PALERMO – «Ne vale la pena?». «Sì, ma il tuo vero lavoro qual è?», e ancora «Almeno ti pagano?». Sono soltanto alcune delle domande che i giornalisti precari si sentono spesso rivolgere percorrendo la loro, lunga e tortuosa, strada professionale. Una vita difficile, quella dei cronisti precari, troppo spesso sottopagati da “padroni” che non li assumeranno mai. O quasi. Un esercito di precari e lavoratori in nero che ha ormai superato il livello di guardia.
Negli ultimi quindici anni sono andate crescendo soprattutto le fasce di reddito più basse della professione, a testimonianza del fatto che sempre più giornalisti esercitano la professione in modo parziale e precario.
In altre parole, il settore dell’informazione sta attraversando una crisi strutturale che coinvolge tutti i mezzi a contenuto editoriale. Per una volta, un gruppo di precari, diciassette in tutto, invece di raccontare gli altri, ha deciso di raccontarsi in prima persona. Tutte donne. Giovani e meno giovani, ma tutte giornaliste precarie con questo mestiere nel sangue.
«Leggendo queste storie vi accorgerete che, oltre le sigle, in fondo a ogni articolo, c’è di più: ci siamo noi», come dice l’ideatrice Giusi Parisi.
Le 17 giornaliste, in diciassette racconti, nel libro “È la stampa, bellezze!” (Edizioni Leima, 156 pagg., 14 euro) narrano gli inizi, gli ostacoli, i compromessi, le rinunce, ma anche le vittorie, la passione, gli amori, che le obbliga ancora oggi, a distanza di anni, a non staccare l’orecchio dal telefono e le mani dalla tastiera. Perché «la verità è che se questo mestiere è una malattia, tu semplicemente non vuoi guarire», come scrive Sandra Figliuolo, giornalista campana ma ormai palermitana d’adozione, che da anni si occupa di cronaca giudiziaria al Giornale di Sicilia. Sabato, 9 febbraio, il libro verrà presentato, alle 10.30 , alla ex Real Fonderia di Palermo.
Ma chi sono le diciassette giornaliste che, grazie all’idea di Giusi Parisi, hanno deciso di raccontarsi? Alessandra Bonaccorsi, Donata Calabrese, Maria Teresa Camarda, Jana Cardinale, Federica Di Gloria, Ambra Drago, Giada Drocker, Sandra Figliuolo, Laura Grimaldi, Giada Lo Porto, Isabella Napoli, la stessa ideatrice Giusi Parisi, Paola Pottino, Pieralisa Rizzo, Laura Spanò, Daniela Tornatore e Simonetta Trovato. Diciassette donne che da anni lavorano ma che non hanno un
contratto a tempo indeterminato.
A scrivere la prefazione è lo scrittore e giornalista Roberto Alajmo, fino a pochi giorni fa direttore artistico del Teatro Biondo di Palermo. Che ricorda: «Nel mondo dell’editoria non è che manchi il lavoro. Lavoro ce n’è tantissimo. Quelli che mancano sono i compensi. Esistono molte occasioni per leggere e scrivere gratis». E ricorda che «nemmeno le autrici del libro sono state pagate. Un vero paradosso, se si considera che questo libro parla dello sfruttamento del lavoro intellettuale. Femminile per la precisione».
«Se è vero che oggi fare il giornalista – dice ancora Alajmo, tornato da ieri a fare il giornalista in Rai – somiglia parecchio a una forma di volontariato involontario, nel caso del giornalismo declinato al femminile siamo in un ambito ancora più avvilente».
Mentre la postfazione è del giornalista, oggi in pensione, Totò Rizzo. «…Discriminate ancora oggi, dunque, e non sono i diademi regali o i cadaveri coperti da un lenzuolo a fare la differenza: come un tempo, le free della comunicazione hanno con il mestiere una frequentazione quotidiana meno facile rispetto ai colleghi maschi», scrive Rizzo.
«Anche se passione e spinta sono rimaste le stesse. Anzi, si sono rinvigorite proprio di fronte alla necessità del fare quadrare tariffe vergognose e dignità di sé e del proprio lavoro».
Le giornaliste autrici del libro hanno deciso di destinare i compensi derivanti dalla vendita del libro all’Airc, l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro. (adnkronos)
17 giornaliste precarie si raccontano in un libro, il ricavato delle vendite all’Airc