BARI – Qualità dell’informazione, ampliamento della platea contributiva, innovazione dei prodotti editoriali: questi alcuni dei punti discussi ieri, a Bari, nel corso dell’assemblea annuale dell’Associazione della Stampa di Puglia presieduta da Bepi Martellotta, alla quale hanno partecipato il segretario generale e il direttore della Fnsi, Raffaele Lorusso e Giancarlo Tartaglia.
“Parto da due dati che riguardano la gestione separata dell’Inpgi – ha sottolineato Tartaglia – il 41% degli iscritti ha un reddito inferiore a 3.000 euro annui, il 36% superiore a 10.000 euro. Si tratta di numeri che non garantiscono la sopravvivenza di molti, anche se per pochi le cifre in ballo sono considerevoli. Occorre, quindi, allargare la platea contributiva della Gestione principale e introdurre nel contratto nuove figure, come il redattore digitale, il redattore grafico, il redattore ricercatore. Sono figure che andranno riportate nell’ambito del lavoro giornalistico, perché laddove c’è ideazione, allora c’è lavoro giornalistico. Gli editori invece vogliono ridurre diritti e contributi”.
“Esiste il problema della qualità – ha aggiunto Lorusso – ma per alcuni editori se questa c’è, c’è. Se non c’è, ne fa a meno. Di diritti, poi, gli editori non vogliono sentir parlare: al tavolo del rinnovo contrattuale avanzano richieste per finanziare gli esodi anticipati e non per migliorare la qualità dei prodotti o creare occupazione. Dobbiamo prendere atto che c’è una controparte che chiede solo di declinare il verbo tagliare. Diritti, qualità e innovazione non sono presenti nel dibattito e sarebbe gravissimo se il governo assecondasse questa visione di cortissimo respiro”.
“A questo – ha evidenziato il segretario della Fnsi – ci opponiamo: servono fatti concreti e perciò chiediamo l’avvio del confronto con il Governo sull’occupazione. Se non otterremo risultati, dovremo mobilitarci, portare i colleghi in piazza. Anche perché, nonostante il jobs act e la cancellazione della tutela dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, gli editori non assumono lavoratori dipendenti perché hanno buon gioco a utilizzare lavoro precario o, peggio ancora, di giornalisti pensionati. Gli editori devono tronare a fare gli imprenditori, farsi carico dell’emergenza occupazione e della necessità di costruire percorsi di inclusione per chi nel mercato del lavoro c’è già, ma senza alcun diritto”.
“Occorre – ha incalzato Lorusso – che il processo di riforma dell’Ordine prosegua e si metta mano all’accesso alla professione, oggi sregolato e in balia di meccanismi che finiscono per alterare il mercato del lavoro. Inoltre occorre dire no al lavoro gratuito: circolano troppi dopolavoristi, troppi pensionati che si offrono gratuitamente agli editori in cambio di una visibilità da far fruttare altrove o semplicemente ‘per non uscire dal giro’, come se il giornalismo fosse un hobby”.
Lorusso ha, inoltre, auspicato un percorso che consenta di dare regole al settore digitale per far emergere dal sommerso il lavoro di almeno due o tremila giornalisti, nonché “che la disponibilità espressa dal Governo si concretizzi a brevissimo nell’apertura di un tavolo di trattativa, perché altrimenti la categoria dei giornalisti darà il via a forme di mobilitazione pubblica. I decreti attuativi della riforma dell’editoria registrano, infatti, come siano stati presi in considerazione molti temi posti dagli editori ma risulta altresì totalmente assente il tema per noi principale, ovvero la tutela dell’occupazione e dei diritti, di chi già svolge la professione giornalistica ma anche di chi dovrà arrivarci”.
La Fnsi ha già fatto presente al Governo, e ripetuto al ministro Lotti, che non si può pensare di lasciar fuori dal tavolo il tema dell’occupazione: «Nei decreti – ha osservato Lorusso – non se ne parla, ma è la grande emergenza della categoria. Ci sono dei piani di ristrutturazione aziendale in tante realtà che devono essere chiusi. Però il tema dei diritti, delle tutele di migliaia di giornalisti che sono già nel sistema dell’editoria senza vedersi riconoscere né tutele né diritti né garanzie non può essere derubricato dal confronto», ha spiegato il segretario generale.
A giudizio del segretario della Fnsi “la precarizzazione violenta è anche figlia della legislazione che, dalla metà degli anni Novanta in poi, si è andata sempre più affermando in Italia con la progressiva introduzione nel nostro ordinamento di numerose figure di lavoro atipico. Nonostante l’approvazione del jobs act che ha eliminato il principale pretesto addotto da tutte le imprese per non assumere, ossia la tutela ex art.18, oggi è chiaramente più conveniente per un’impresa attingere da una delle 46 forme di lavoro atipico ancora esistenti piuttosto che stipulare contratti di lavoro dipendente”.
Infine, rivolgendosi agli editori, Lorusso ritiene che “devono capire che il futuro del settore dell’informazione in Italia non può essere fatto solo di tagli, che possono servire in determinati casi per rimettere in carreggiata alcune situazioni aziendali, ma limitarsi ai tagli non ci fa andare da nessuna parte. Bisogna tornare a parlare di investimenti, di prodotto, di qualità. E la qualità si raggiunge solo se alla base vi è lavoro regolare e non lavoro senza diritti. Se il modello a cui aspira qualcuno è quello del lavoro senza diritti, dovrà mettere anche nel conto la mobilitazione di un’intera categoria che ha pagato un prezzo altissimo in termini di posti di lavoro tagliati e perduti con la crisi”. (giornalistitalia.it)