La Cassazione dispone la riapertura del processo per ex capo del Sismi e per Pompa.

Dossier illegali, illogica l’archiviazione di Pollari

Renato Farina

Renato Farina

Nicolò Pollari

Nicolò Pollari

ROMA – È “distonica” e “illogica” la decisione del Gup di Perugia di non processare, per peculato aggravato e per violazione della corrispondenza della mailing list dei magistrati “antiberslusconiani” dell’associazione “Medel”, l’ex capo del Sismi, Nicolò Pollari, e il funzionario dei servizi Pio Pompa, responsabile dell’archivio di Via Nazionale.
Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni depositate ieri e relative all’udienza sui “dossier illegali” raccolti dai servizi dal 2001 al 2006 – uno dei capitoli di inchiesta nati dalla vicenda Abu Omar – svoltasi lo scorso 13 novembre alla Sesta sezione penale.
Secondo i supremi giudici, sono “censurabili” le argomentazioni del Gup sulla “carenza” delle prove “per sorreggere l’accusa di peculato” e lo stesso giudice dell’udienza preliminare non esprime nemmeno “alcuna valutazione prognostica circa la imposibilità di colmare tali ravvisate lacune in sede dibattimentale”.
Accogliendo il ricorso del Procuratore generale della Corte di Appello di Perugia e della Procura del tribunale del capoluogo umbro contro il non luogo a procedere – emesso dal gup il primo febbraio 2013 –, la Cassazione ha disposto il rinvio degli atti al tribunale in quanto, scrivono gli ermellini, “non si vede quale ulteriore approfondimento occorra, dal punto di vista meramente oggettivo e prescindendo dalla riferibilità della condotta agli imputati, per la devoluzione del processo alla fase dibattimentale”.
Ad avviso della Suprema Corte, “ancor più evidente, poi, appare l’illogicità” dell’archiviazione “con riferimento alla specifica condotta riferita alle somme, esattamente quantificate e documentalmente attestate, corrisposte al giornalista Renato Farina, cosiddetto agente Betulla, come dallo stesso del resto pienamente ammesso, nella riconosciuta violazione” della legge istitutiva dei servizi, “e per attività qualificate come del tutto estranee ai fini istituzionali”. Il riferimento è ai 30mila euro pagati dal Sismi a Farina per fornire informazioni sulle indagini dei magistrati milanesi dopo il sequestro di Abu Omar.
“Certamente – aggiunge il verdetto 1198 – i contorni della condotta illecita ipotizzata potranno richiedere un più esatto accertamento ma, per bocca dello stesso Gup, tale condotta appare corrispondere appieno, al paradigma dell’art. 314 cp” (ndr, peculato).
Per quanto riguarda la “riferibilità della condotta agli imputati”, la Cassazione critica il Gup per aver “omessa qualsivoglia considerazione”. “Peraltro” – osservano ancora gli ermellini – lo stesso Gup “dà atto che dall’analisi del materiale sequestrato” a via Nazionale “era emersa una attività di acquisizione ed elaborazione informativa concernente i presunti orientamenti antigovernativi di numerosi magistrati italiani, oltre a giornalisti, esponenti politici, imprenditori e altre categorie di soggetti non attinti da alcun concreto sospetto circa collegamenti con attività eversive o antiterroristiche”.
“Tale attività, come risultava dalle dichiarazioni della dipendente Jenny Tontodimamma, era svolta sulla base di direttive alla stessa impartite da Pio Pompa e i relativi risultati – rileva la Cassazione – come emerge da elementi documentali, venivano poi riassunti in specifici reports indirizzati al direttore del Servizio, Nicolò Pollari”.
A fronte di tutto ciò, i supremi giudici sottolineano che il Gup non si è “peritato” a “esporre” quali “imprescindibili elementi di conoscenza” ostassero “alla devoluzione della regiudicanda al giudice del dibattimento”. (Ansa)

I commenti sono chiusi.