ROMA – Per i giornalisti è andata abbastanza bene perché è stato, finalmente, cancellato l’articolo 13 della legge sulla stampa (n. 47 del 1948) che faceva scattare obbligatoriamente, in caso di condanna per diffamazione a mezzo stampa, compiuta mediante l’attribuzione di un fatto determinato, la reclusione da uno a sei anni insieme al pagamento di una multa.
Questa pena detentiva congiunta ad una sanzione pecuniaria non esiste più. È il passo più rilevante dell’odierna e attesa sentenza della Corte Costituzionale redatta dal professor Francesco Viganò con cui ha esaminato le eccezioni sollevate due anni fa dai tribunale di Salerno e di Bari.
L’Alta Corte ha, invece, mantenuto la reclusione da sei mesi a tre anni oppure, in alternativa, il pagamento di una multa, prevista per le ordinarie ipotesi di diffamazione compiute a mezzo della stampa o di un’altra forma di pubblicità dall’articolo 595, terzo comma, del codice penale. Questa norma vale per tutti i cittadini, compresi i giornalisti. Ma il giudice, in sostituzione del carcere, può infliggere in alternativa una sanzione pecuniaria. E in ogni caso l’eventuale pena detentiva è, comunque, limitata esclusivamente ai soli casi di eccezionale gravità.
Infine, la Corte Costituzionale, non avendo i necessari strumenti per mettervi mano, ha sollecitato ancora una volta il Parlamento ad approvare al più presto, dopo decenni di inutili dibattiti alla Camera e al Senato, una complessiva riforma della diffamazione che sia in grado di assicurare un più adeguato bilanciamento tra la libertà di manifestazione del pensiero e la tutela della reputazione individuale, anche alla luce dei pericoli sempre maggiori connessi all’evoluzione dei mezzi di comunicazione, già evidenziati un anno fa dagli stessi giudici della Consulta nell’ordinanza n. 132 redatta dallo stesso professor Viganò. (giornalistitalia.it)
Pierluigi Franz
La comunicazione ufficiale della Corte costituzionale
ROMA – La Corte costituzionale ha esaminato oggi le questioni sollevate dai Tribunali di Salerno e di Bari sulla legittimità costituzionale della pena detentiva prevista per la diffamazione a mezzo stampa, per contrasto, tra l’altro, con l’articolo 21 della Costituzione e con l’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Le questioni sono tornate all’esame della Corte un anno dopo l’ordinanza n. 132 del 2020 che sollecitava il legislatore a una complessiva riforma della materia. In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio stampa fa sapere che la Corte, preso atto del mancato intervento del legislatore, ha dichiarato incostituzionale l’articolo 13 della legge sulla stampa (n. 47 del 1948) che fa scattare obbligatoriamente, in caso di condanna per diffamazione a mezzo stampa compiuta mediante l’attribuzione di un fatto determinato, la reclusione da uno a sei anni insieme al pagamento di una multa.
È stato, invece, ritenuto compatibile con la Costituzione l’articolo 595, terzo comma, del Codice penale, che prevede, per le ordinarie ipotesi di diffamazione compiute a mezzo della stampa o di un’altra forma di pubblicità, la reclusione da sei mesi a tre anni oppure, in alternativa, il pagamento di una multa. Quest’ultima norma consente, infatti, al giudice di sanzionare con la pena detentiva i soli casi di eccezionale gravità.
Resta, peraltro, attuale la necessità di un complessivo intervento del legislatore, in grado di assicurare un più adeguato bilanciamento – che la Corte non ha gli strumenti per compiere – tra libertà di manifestazione del pensiero e tutela della reputazione individuale, anche alla luce dei pericoli sempre maggiori connessi all’evoluzione dei mezzi di comunicazione, già evidenziati nell’ordinanza 132. La sentenza sarà depositata nelle prossime settimane. (giornalistitalia.it)
Verna: “Svanisce l’incubo grazie alle ragioni dell’Ordine”
«La Corte Costituzionale ha fatto la sua parte portando l’Italia nel solco della giurisprudenza di Strasburgo». Il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Verna, commenta così la sentenza della Corte Costituzionale sul carcere ai giornalisti prevista per la diffamazione a mezzo stampa.
«Siamo soddisfatti – afferma Verna – la svolta è storica perché l’incubo del carcere in via ordinaria svanisce, mentre l’ipotesi dell’eccezionale gravità è residuale e comincia in concreto a porre dei distinguo tra colpa e dolo che potranno essere meglio definiti quando ci sarà la politica, il Lancillotto di questa vicenda. Non siamo mai stati in otto. Grazie, comunque, a quanti hanno avanzato la questione e grazie anche all’avvocato Giuseppe Vitiello che ha patrocinato le ragioni dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti». (giornalistitalia.it)