CITTA’ DEL VATICANO – “Dovevo ben insegnare come il cittadino reagisce all’ingiustizia. Come ha libertà di parola e di stampa. Come il cristiano reagisce anche al sacerdote e perfino al vescovo che erra. Come ognuno deve sentirsi responsabile di tutto. In piedi. Signori, entra la Corte”. Con queste parole nel 1966 don Lorenzo Milani, nel processo celebrato a Roma il 28 ottobre del 1967, esattamente 49 anni fa, si difese dall’accusa di apologia e incitamento alla diserzione e alla disobbedienza civile, per le quali era stato trascinato in Tribunale (dove fu assolto in primo grado e condannato in appello). Il sacerdote in realtà aveva proclamato il diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare e il dovere della disobbedienza a ordini sbagliati. “Nel pieno della guerra fredda, questa provocazione doveva essere punita in modo esemplare”, commenta Mario Lancisi nel suo libro “Processo all’obbedienza. La vera storia di Don Milani” (Editori Laterza, pagine 170, euro 16 ), uscito in questi giorni.
“Don Lorenzo già gravemente malato, si difese con una Lettera ai giudici poi pubblicata in “L’obbedienza non è più una virtù, uno dei testi antesignani del ’68 italiano”, ricorda il giornalista Lancisi, autore anche di un’intervista a padre Alex Zanotelli, profeta scomodo dei nostri giorni.
Dopo l’assoluzione in primo grado, il priore di Barbiana fu poi condannato nel processo di appello, tenutosi nell’ottobre del 1967, ma la pena fu estinta per la morte del “reo” avvenuta il 26 giugno dello stesso anno.
“Disobbediente alla sua famiglia, alla Chiesa e allo Stato in nome di un’obbedienza a Dio e ai poveri, questa condanna conferisce, mezzo secolo dopo la sua morte, dolore e stupore alla vera storia di don Milani, vissuto”, ricorda Lancisi nel suo libro citando le parole che Mario Luzi dedicò al mite priore di Barbiana “nel fuoco della controversia”.
Seguendo il filo della vicenda processuale, il libro ricostruisce il clima di quegli anni cruciali, i dibattiti e le polemiche intorno al Concilio Vaticano II, il ruolo e il peso di personalità straordinarie come il teologo del dissenso Ernesto Balducci, il “sindaco-santo” Giorgio La Pira e il cardinale di Firenze Ermenegildo Florit. E soprattutto ricorda la grande lezione di don Milani: “Non esiste obbedienza vera, profonda, non formale, senza disobbedienza come processo critico di assunzione di responsabilità”. Parole che hanno consegnato alla storia questo processo esemplare nel quale si ritrovarono, infatti, un prete e un giornalista comunista: don Lorenzo Milani e Luca Pavolini. “Nell’Italia della contrapposizione tra la Dc e il Pci, immortalata sul piano satirico dagli scontri paesani tra Peppone e don Camillo, i popolari personaggi di Giovanni Guareschi, la circostanza – ricorda Lancisi – non passò inosservata”. (Agi)