ASTI – Questa volta, Domenico Quirico, inviato speciale “di punta” della Stampa, non firma un articolo di giornale ma battezza una mostra dedicata ad Aleppo, il capoluogo più martoriato della Siria. Titolo provocatorio: “Come è stata uccisa una città”. Allestimento a palazzo Mazzetti, ad Asti. Inaugurazione domani, venerdì 19 gennaio, con la prospettiva di restare aperta al pubblico, per quattro mesi, fino al 20 maggio.
Francamente Quirico, personalmente testimone delle dinamiche della politica araba, è la persona più titolata per prendere per mano lo spettatore di questa rassegna e accompagnarlo fra gli orrori di un conflitto tremendamente inumano.
Tentativo ambizioso e – a detta dell’autore – “sconsiderato”. «La mostra – precisa infatti Quirico – non è una rassegna di fotografie». Anche se qualche immagine c’è. «Si tratta di un allestimento multimediale dove il visitatore può immergersi come se fosse fra i palazzi semi-diroccati, mentre le bombe scoppiano, con i cecchini che sparano, fra la gente in coda per accaparrarsi un boccone di pane».
Domenico Quirico, astigiano d’origine, firma prestigiosa del quotidiano La Stampa, ha sviluppato la sua carriera professionale nel settore degli esteri, occupandosi soprattutto dei paesi africani in via di sviluppo e delle questioni relative alla cosiddetta “primavera araba”.
Puntuali le sue analisi soprattutto perché non sono nate a tavolino, sulla base di dispacci d’agenzia, commenti di professori o, tutt’al più, qualche telefonata per confrontarsi con colleghi di altri giornali. I suoi reportage sono nati “sul campo”, toccando con mano e rendendosi conto di persona.
Una professione in presa diretta non esente da rischi. Quirico, il 23 agosto 2011, mentre si trovava in Libia per documentare la caduta del regime di Gheddafi, è stato sequestrato da alcuni briganti. Insieme ad altri tre colleghi, è rimasto in uno scantinato per due giorni e poi – non si sa come – liberato.
Più travagliata la vicenda che lo ha visto vittima, nel 2013, proprio in Siria. Era partito per raccontare la vita e i progetti dei gruppi ribelli che si opponevano al regime del presidente Assad ed è finito per diventare un loro prigioniero. È rimasto segregato cinque mesi, dal 9 aprile all’otto settembre quando, con la barba lunga, dimagrito di una dozzina di chili (non essendo di per sé fisicamente robusto), è spuntato dall’aereo militare all’aeroporto di Roma Ciampino. In quel tempo, molti avevano perso le speranze di poterlo rivedere. Poi, agli sgoccioli dell’estate di quell’anno, la notizia che era ancora vivo. E va ricordato che la prima testata a comunicare la rassicurante novità è stata proprio Giornalisti Italia.
Quirico ha considerato che finire nelle mani di banditi è un rischio del mestiere che si deve mettere nel conto di una professione straordinaria come è quella del giornalista. E, una volta tornato alla Stampa, ha ripreso la sua attività d’inviato come prima. Ha firmato libri e decine di articoli. Ha documentato la vita dei profughi nei campi di raccolta della Libia ed è un commentatore – forse il più autorevole – per le vicende mediorientali. (giornalistitalia.it)