ROMA – Con sentenza 24 ottobre 2014, n. 22690, la Corte di Cassazione – Sezione Lavoro (presidente Guido Vidiri, relatore Federico Balestrieri) ha stabilito che, in tema di distinzione tra lavoro autonomo e lavoratore subordinato, il “discrimen” è da individuarsi nella presenza di un potere di direzione, controllo e vigilanza del datore di lavoro sull’operato del lavoratore e solo in presenza di tale vincolo (che deve essere effettivamente provato in giudizio) si può qualificare un determinato rapporto di lavoro come subordinato, anche se le parti lo avevano in precedenza qualificato come autonomo.
Nel caso di specie, nel 1991, una società di ingegneria era stata citata in giudizio da un suo collaboratore che aveva svolto presso di essa le mansioni di capo del settore ingegneria civile. Questi, denunciando di essere stato illegittimamente estromesso dal lavoro, chiedeva all’autorità giudiziaria di dichiarare illegittimo il licenziamento irrogatogli e, conseguentemente, di ottenere la reintegra nel posto di lavoro e il risarcimento del danno subito (retribuzione non percepita) con la corresponsione delle mensilità aggiuntive e del trattamento di fine rapporto.
In primo grado il ricorso era respinto dal Pretore di Roma, ma successivamente accolto dalla Corte d’appello della capitale che condannava la società alla reintegra del dipendente nel posto di lavoro e al risarcimento del danno. Contro tale sentenza l’azienda propose ricorso in Cassazione, deducendo il vizio di motivazione sull’assenza di indicazione degli elementi che legittimino la definizione del rapporto di lavoro come subordinato.
Nel 2003 la Suprema Corte accolse il ricorso dell’azienda inviando gli atti alla Corte d’appello dell’Aquila che, nel 2007, confermò il primo verdetto del pretore e quindi il licenziamento del lavoratore. Questi presentò, però, ricorso in Cassazione, lamentando che i giudici abruzzesi si fossero limitati a svolgere generiche considerazioni sulla “summa divisio” tra lavoro subordinato e autonomo, senza alcun effettivo riferimento al caso di specie e quindi senza ben valutare se il suo fosse compatibile con un rapporto di lavoro subordinato.
La Cassazione ha, ora, accolto il ricorso e rinviato gli atti alla Corte d’appello di Firenze per una nuova e – ci si augura – definitiva pronuncia. Nel frattempo sono trascorsi ben 23 anni. E pensare che la legge riserva una corsia preferenziale nella trattazione delle cause di lavoro! La sentenza
Potere di direzione, controllo e vigilanza del datore di lavoro sull’operato del lavoratore