ROMA – Virginia Raggi assolta, giornalisti condannati. La sentenza la emettono Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista che dopo il verdetto che manda a casa il sindaco di Roma senza macchia puntano il dito contro chi, secondo loro, l’ha perseguitata in questi due anni e mezzo.
«La magistratura ha fatto il suo dovere e la ringrazio, ha solo seguito quello che andava fatto d’ufficio. Il peggio in questa vicenda lo hanno dato invece la stragrande maggioranza di quelli che si autodefiniscono ancora giornalisti, ma che sono solo degli infimi sciacalli, che ogni giorno per due anni, con le loro ridicole insinuazioni, hanno provato a convincere il Movimento a scaricare la Raggi», scrive su Facebook il vicepremier secondo cui sul sindaco sono state scritte «pagine e pagine di fake news» da parte di «giornalisti di inchiesta diventati cani da riporto di mafia capitale, direttori di testata sull’orlo di una crisi di nervi, scrittori di libri contro “a casta” diventati inviati speciali del potere costituito».
Secondo di Maio, «la vera piaga di questo Paese è la stragrande maggioranza dei media corrotti intellettualmente e moralmente. Gli stessi che ci stanno facendo la guerra al Governo provando a farlo cadere con un metodo ben preciso: esaltare la Lega e massacrare il Movimento sempre e comunque». E annuncia: «Presto faremo una legge sugli editori puri, per ora buon Maalox a tutti!».
DI BATTISTA: “I COLPEVOLI SONO LORO, PENNIVENDOLI PUTTANE”
Ancora più duro Alessandro Di Battista che, sempre su Facebook, accusa i “pennivendoli puttane”.
«I colpevoli ci sono e non vanno temuti, vanno indicati affinché l’opinione pubblica venga messa in guardia. I colpevoli sono coloro che l’hanno insultata, calunniata. I colpevoli sono quei pennivendoli che da più di due anni le hanno lanciato addosso tonnellate di fango con una violenza inaudita. Sono pennivendoli, soltanto pennivendoli, i giornalisti sono altra cosa», scrive Dibba su Facebook.
«Oggi (ieri, ndr) la verità giudiziaria ha dimostrato solo una cosa: che le uniche puttane qui sono proprio loro, questi pennivendoli che non si prostituiscono neppure per necessità, ma solo per viltà», scrive ancora Di Battista.
«L’hanno trattata come una mafiosa, anzi peggio, perché i mafiosi, quelli veri, quelli che per anni hanno intrattenuto rapporti e frequentazioni con alcuni dei loro editori, non li hanno mai trattati così. L’hanno descritta come una ladra, l’hanno accusata di corruzione non si sa poi davvero perché. E soprattutto hanno provato a colpirla come donna trattandola persino come una ragazza dissoluta, come una cortigiana moderna, come una sgualdrina. Le hanno appioppato una relazione sessuale dopo l’altra provando a colpirla nei suoi affetti, nella sua famiglia», prosegue Di Battista, «nei suoi confronti hanno avuto, proprio loro che fanno i politically correct e che sono i primi a scandalizzarsi per i molestatori delle star di Hollywood, vomitevoli atteggiamenti maschilisti. E le false femministe nostrane, quelle a targhe alterne per intenderci, quelle che senza nemmeno rendersene conto sono le migliori amiche del più becero maschilismo, non hanno aperto bocca. Perché infangare un grillino per costoro in fondo non è mai reato! Oggi la verità giudiziaria ha dimostrato solo una cosa: che le uniche puttane qui sono proprio loro, questi pennivendoli che non si prostituiscono neppure per necessità, ma solo per viltà». (agi)
LA FNSI: «MA DI MAIO SI RICORDA DI ESSERE UN GIORNALISTA?»
«Nel giorno dell’assoluzione della sindaca di Roma, Virginia Raggi, il vicepremier Luigi Di Maio insulta i cronisti e annuncia una sua legge sull’editoria. Eppure molti di quei cronisti oggi insultati hanno denunciato in anticipo Mafia Capitale e non hanno risparmiato nulla neppure al precedente sindaco, Ignazio Marino. Ieri andavano bene e oggi no?», è quanto osserva la Federazione nazionale della Stampa italiana.
«Di Maio e chi, come lui fra i 5 Stelle, sogna un’informazione al guinzaglio – prosegue il sindacato dei giornalisti – deve farsene una ragione: non saranno le minacce e neppure gli insulti a impedire ai giornalisti di fare il loro lavoro. Le sue frasi sono la spia del malessere di chi vede vacillare un consenso elettorale costruito su annunci e promesse irrealizzabili».
«Quanto agli “infami” e agli “sciacalli”, conclude la Fnsi è sicuro, il vicepremier, di non parlare anche di se stesso, considerato che il suo nome continua a figurare fra quelli degli iscritti all’Ordine dei giornalisti?». (giornalistitalia.it)
Chi riveste un ruolo istituzionale come Di Maio e Di Battista non può lasciarsi andare ad un linguaggio da “osteria”. Non è un bell’esempio di bon ton. Se Dibba e Gigino ritengono che alcuni giornalisti non abbiano correttamente svolto il loro operato, possono adire le vie legali. Non c’è bisogno di fare “ammuina”.