Padre Francesco Occhetta sollecita una riflessione sul servizio pubblico (al prossimo)

Deontologia giornalisti: niente alibi, né business

Padre Francesco Occhetta con Papa Francesco

Padre Francesco Occhetta con Papa Francesco

ROMA – La deontologia dei giornalisti è in crisi: le convinzioni e i riferimenti classici sono in progressivo e veloce invecchiamento al punto che è urgente un intervento di generale ripensamento e riordino che eviti abusi e distorsioni dell’informazione che hanno sempre più pesanti conseguenze sociali, politiche, economiche, spesso anche di rilevanza giudiziaria.
È un po’ questo il punto di partenza di un intervento della rivista dei gesuiti La Civiltà Cattolica, a firma di padre Francesco Occhetta, che sollecita in primo luogo i giornalisti – e con essi gli organi di categoria, in particolare l’Ordine e il Sindacato – ad una riflessione sulla natura di servizio pubblico (e per i credenti di servizio al prossimo) della loro professione più che mai chiamata ad un aggiornamento ai tempi che hanno lasciato alle spalle l’informazione della sola carta stampata e della Tv per approdare ad una dimensione globale informatica in grado di travolgere i pur buoni propositi e principi di un tempo.
“La deontologia, per i giornalisti è un obbligo o una responsabilità?”, si chiede padre Occhetta che, per rispondere, propone tre piani interpretativi diversi su cui si basa la deontologia. E lo fa riformulando la metafora aristotelica dell’arco, dell’arciere e della direzione della freccia.
“La crisi della deontologia – sostiene Occhetta – nasce dal limitare all’arco (i numerosi codici deontologici e le sanzioni) lo strumento che delimita il rispetto del dovere. Invece – sottolinea Occhetta – è la qualità della persona dell’arciere (il giornalista) e la direzione in cui si dirige l’agire che si fonda la deontologia”. Ma questo, uscendo di metafora, non basta perché la deontologia per poter funzionare “ha bisogno di condizioni politiche che assicurino l’indipendenza della professione con una retribuzione degna che l’accordo sull’equo compenso, che ha ulteriormente diviso l’Ordine dal Sindacato, non sembra garantire”.
In proposito, padre Occhetta si chiede se non sia opportuno e forse urgente riunire in un solo Codice i principi contenuti nei 15 codici esistenti dedicati ognuno ad un diverso problema, ma che risultano poco consultati e conosciuti agli stessi giornalisti. Oltre al fatto che alcuni di essi sono oggettivamente invecchiati rispetto alla complessa realtà sociale ed economica di oggi.
Un’attenzione particolare Occhetta la riserva al web che ha rappresentato una vera e propria rivoluzione, non solo tecnica ma anche di problematiche giuridiche. Comunque, alla mitica regola delle 5 W, whu (chi), what (cosa), where (dove), when (quando) e why (perché) oggi – spiega Occhetta – con la realtà digitale si aggiunge la regola delle 5 C, ovvero: il contesto (context sempre più settoriale; la conversazione (conversation) tra il giornalista e i suoi interlocutori che rende interattivo un articolo; la cura (curation) di saper discernere le fonti separandole dai pettegolezzi o dalle notizie false che girano in Rete; la comunica (community) a cui si rivolge il giornalista e con la quale si confronta; la collaborazione (collaboration) tra operatori dell’informazione, che impone alle redazioni di lavorare tutti nella stessa direzione in un gioco di squadra nuovo che sempre più impedisce a voci fuori dal coro di portare avanti politiche comunicative solitarie”.
Insomma, oltre al criterio imperante di “arrivare presto” con la notizia, oggi per La Civiltà Cattolica sempre più si pone in evidenza l’altro criterio di “arrivare bene”, soprattutto quando in gioco c’è l’onorabilità delle persone. Ma i problemi si sono grandemente complicati con la Rete che, ormai, sfugge alle regole e alle legislazioni dei singoli Stati.
Esemplare il caso del diritto all’oblio che è stato riconosciuto a livello internazionale nei confronti di Google. Ma ancora di più: come fare a estendere le regole deontologiche a cui sono tenuti i professionisti dell’informazione a chi, non giornalista, trasmette immagini raccapriccianti come decapitazioni, crocifissioni o arsi vivi. La strada può essere quella della responsabilità da attribuire ai motori di ricerca? È certo comunque – osserva padre Occhetta – che occorre riferirsi e rivitalizzare “l’etica della responsabilità” che di fronte alla realtà dei fatti non è certo un vuoto esercizio filosofico. Ma “il tema della deontologia – conclude padre Francesco Occhetta – rischia di essere inflazionato se l’Ordine nazionale la insegna come un alibi o la gestisce come un business che si presta ad operazioni di immagine e di convenienza. Attraverso la formazione permanente il giornalismo italiano ha occasione di rilanciare la professione non come una corporazione ma come un servizio al Paese e alla democrazia». (Dire)

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