BERLINO (Germania) – In seguito alla testimonianza del reporter della Welt, Deniz Yucel, che ha rivelato di aver subito delle torture mentre era detenuto in un carcere turco, il ministro degli Esteri di Berlino ha aumentato la pressione sulla Turchia, chiedendo al governo di Ankara di attenersi alle convenzioni anti-tortura delle Nazioni Unite.
Come riferisce lo Spiegel, il dicastero guidato dal socialdemocratico Heiko Maas ribadisce che Berlino “condanna ogni forma di tortura e maltrattamento”, dato che non corrispondono allo stato di diritto. Pur senza citare esplicitamente Deniz Yucel, si chiede con forza ad Ankara di “rispettare gli standard internazionali, alla quale ha aderito”, tra cui, appunto, la Convenzione dell’Onu e le raccomandazioni del Consiglio europeo.
Per quanto riguarda il caso specifico di Yucel – giornalista tedesco di origini turche, detenuto per un anno in una prigione vicino Istanbul con un’accusa di aver diffuso “propaganda favorevole ad un’organizzazione terroristica” – una portavoce del ministero degli Esteri tedesco ha ricordato che Berlino “sin dall’inizio si è impegnata in modo intensivo per l’accesso consolare a Yucel, per condizioni di detenzioni eque, per un processo rispettoso dello stato di diritto e per la sua liberazione”.
In una testimonianza scritta al processo avviato in Turchia contro di lui, il cronista della Welt ha affermato di esser stato torturato durante la sua detenzione nel carcere ad alta sicurezza ad alta sicurezza Silivri vicino a Istanbul, tra calci, botte, umiliazioni e minacce.
Dal febbraio 2017 per circa dieci mesi Yucel è stato tenuto in isolamento in condizione di arresto preventivo, senza che fosse aperta un’incriminazione vera e propria.
Il processo contro Deniz Yucel in Turchia ripartira il 16 luglio. In caso di condanna, il reporter rischia fino a 18 anni di carcere. Il giornalista afferma che le accuse contro di lui sono prive di qualsiasi fondamento e indica lo stesso presidente turco Recep Tayyip Erdogan come responsabile politico delle torture subite.
Unica reazione da Ankara, finora, quella di Mustafa Yeneroglu, esponente dell’Akp considerato vicino al presidente turco: “Non riesco ad immaginarmelo. Contraddice gli eventi da me conosciuti e anche le successive dichiarazioni fatte a me personalmente” dallo stesso Yucel.
Dopo le dichiarazioni del giornalista della Welt, il mondo politico tedesco reagisce con indignazione nei confronti di Ankara. Il responsabile diritti umani della Cdu, Michael Brand, chiede con forza un’inchiesta sotto le bandiere delle Nazioni Unite sulla condizione delle prigioni della Turchia.
“Di fronte a torture e brutali violazioni dei diritti umani finisce l’amicizia”, ha detto l’esponente del partito della cancelliera Angela Merkel, secondo il quale “l’evidente ricorso alla tortura” nelle carceri turche “deve essere sottoposto ad un’inchiesta sistematica e immediata” affidata alla stessa commissaria per i diritti umani dell’Onu, Michelle Bachelet.
È intervenuta anche la leader dei Verdi, Annalena Baerbock, secondo la quale “il governo tedesco deve intervenire nei confronti della Turchia in modo non fraintendibile in nome dei diritti umani e della democrazia”, considerando che attraverso le esportazioni nell’Ue e gli investimenti europei non mancano “importanti leve per contrapporsi ad una ulteriore escalation della Turchia in direzione di un’autocrazia”.
Mentre l’esperto Affari esteri della Spd, Rolf Muetzenich, ritiene che debba intervenire il Consiglio Ue, la vice capogruppo della Linke al Bundestag, Sevim Dagdelen, chiede l’immediata convocazione dell’ambasciatore turco al ministero degli Esteri, “anche per difendere altri cittadini tedeschi attualmente detenuti in Turchia”, e ritiene che “il governo e l’Ue debbano condannare queste pratiche crudeli e trarne le conseguenze: il processo di integrazione della Turchia deve essere ufficialmente fermato”. (agi)