BIELLA – “Il Cammino della Gran Madre” è un saliscendi per le colline e i contrafforti del biellese che, a giudicarlo, alla fine del percorso, “è una fantastica sfacchinata”. Parola di chi, quella sfacchinata, l’ha fatta. E pure con entusiasmo.
«Fantastica perché offre spettacoli inusuali, scoperte inattese e paesaggi capaci di mozzare il fiato. Sfacchinata perché in nove giorni, su 150 chilometri di marcia – fra Trivero, Postua, Graglia e Oropa – si affrontano dislivelli positivi di 5 mila e rotti metri. Che sarebbe come arrampicarsi sul Monte Bianco e, una volta sulla cima (a 4.810 metri), immaginare di salire ancora per le scale di un condominio di una dozzina di piani».
A raccontarcelo, con il consueto spirito del camminatore mai domo, è il presidente emerito dell’Ordine nazionale dei giornalisti Lorenzo Del Boca che, insieme al suo compagno d’avventura Angelo Moia, non si è lasciato sfuggire l’occasione di tornare a marciare.
Reduci dai pellegrinaggi sulla Francigena e sul sentiero del Norte, in Spagna, Del Boca e Moia si sono, infatti, riallacciati gli scarponi per percorrere, stavolta, strade relativamente vicine a casa.
A chi non è avvezzo alle scarpinate e non mastica il piemontese, vale la pena rammentare che il “Cammino della Gran Madre” è il risultato dell’iniziativa del capitolo piemontese della Confraternita di San Giacomo, il cui priore è Bruno Bosia di Prato Sesia, «ma il vero patron – fa notare Lorenzo Del Boca – è Tonino Crestani, poderoso marciatore con un passo infaticabile che ha messo piede su tutte le montagne del biellese e su un buon numero di quelle piemontesi. È uomo di montagna, guida, istruttore di sci alpino e tecnico di soccorso alpino. Lui – incalza il tre volte presidente dell’Odg – ha individuato il percorso, l’ha contrassegnato con le frecce gialle e ha accompagnato i pellegrini con la prudenza e l’entusiasmo della sua esperienza».
Il percorso è stato inaugurato l’anno scorso. Questa del 2017 sarebbe la seconda edizione, che avrà repliche fino al 2020 quando cadrà il centenario dell’incoronazione della Madonna nera di Oropa. «Ma, a quel punto, – rivela Del Boca – i promotori hanno l’ambizione che il cammino sia già diventato una meta frequentata da pellegrini che si organizzano autonomamente. In fondo, i sentieri di Santiago sono percorsi da centinaia di migliaia di persone, un gran numero delle quali arriva dall’Italia. Aumentano i marciatori anche per la via Francigena (da Canterbury a Roma). Perché cercare cammini lontani, quando ce ne sono di allettanti dietro casa?»
Sacco a pelo, abbigliamento sportivo e scarponi adeguati, il pellegrinaggio a piedi consiste in una via di mezzo fra la marcia militare e il campeggio hippy. «Occorre imporsi un programma – spiega il giornalista e storico, appassionato del cammino – e sforzarsi di rispettarlo. Per riposare ci si sistema accampandosi qualche volta alla meno peggio. Il pranzo può ridursi a una mela. E ogni sera occorre che ciascuno si preoccupi del proprio bucato per sciacquare i calzini, gli slip e la maglietta».
«Guai – ammonisce Del Boca – se viene a mancare un briciolo di spirito di adattamento perché gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo. Il più frequente? Le vesciche a piedi che i pellegrini – con poco rispetto per prescrizioni mediche – si bucano con un ago da cucito».
Però, la fatica e i contrattempi sono l’occasione di scoperte storiche, suggestioni artistiche e persino richiami letterari. Anche in zone che si crede di conoscere abbastanza bene. (giornalistitalia.it)