MILANO – È arrivata un’altra sentenza di riconoscimento di danni, in questo caso “non patrimoniali”, a favore di Cir per la vicenda, che risale ormai a quasi 25 anni fa, del cosiddetto Lodo Mondadori. Stavolta, però, il Tribunale di Milano, rispetto ai 32 milioni di euro oltre a spese e interessi per un totale di quasi 100 milioni richiesti dal gruppo della famiglia De Benedetti, ha condannato Fininvest a versare soltanto 246mila euro.
“Anche all’ingiustizia c’è un limite”, ha commentato Marina Berlusconi, mentre il gruppo editoriale ha parlato di un importo “largamente inadeguato rispetto al gravissimo illecito”. Si è conclusa, così, in primo grado (Cir sta valutando il ricorso in appello), davanti al giudice della decima sezione Nadia dell’Arciprete, la causa civile “bis” con cui la Cir aveva chiesto alla Fininvest il risarcimento di altri 32 milioni, ai quali ne andavano sommati, secondo i suoi legali, altri 60 circa per interessi e spese legali.
Il procedimento era stato avviato a dicembre del 2013, in seguito al deposito di un nuovo atto con cui gli avvocati di Cir avevano chiesto al gruppo di Silvio Berlusconi la liquidazione anche dei danni non patrimoniali. E questo dopo che la Cassazione nel settembre 2013, nel condannare definitivamente la Fininvest a versare 494 milioni di euro all’editore del Gruppo Repubblica-Espresso per i danni patrimoniali, aveva demandato ad altro giudice la liquidazione di quelli non patrimoniali. Per il giudice, però, l’unico risarcimento non patrimoniale che può essere concesso a Cir nella causa “bis”, come risulta anche dal verdetto della Cassazione, è “la lesione dell’interesse costituzionale al giusto processo”.
Nel caso specifico, infatti, secondo il Tribunale, va considerato che “il processo è risultato ingiusto per la commissione di un reato: il giudice è stato oggetto di scambio corruttivo al fine di manipolare la propria funzione pubblica in aderenza agli interessi egoistici di una delle parti”.
E il riferimento è alla tangente da circa 400 milioni di lire versata al giudice Vittorio Metta, l’estensore del verdetto della Corte d’Appello civile di Roma che nel 1991 ribaltò l’iniziale lodo arbitrale favorevole a De Benedetti consegnando la casa editrice Mondadori a Silvio Berlusconi. Ed è questa, si legge nel provvedimento, “(e solo questa) la lesione che deve trovare ristoro monetario nella presente sede” e con la cifra di 246mila euro. Niente di più, a detta del giudice, anche perché “un ente soffre, in genere, il danno morale a causa di un fatto delittuoso diversamente da come lo soffrirebbe una persona fisica, cioè con minore impatto lesivo”.
Non vanno considerate, invece, spiega il magistrato, “altre voci di danno «in via indiretta»” e coglie nel segno, anzi, “l’eccezione della Fininvest là dove contesta il fatto che la Cir chieda che si tenga conto delle ricadute negative sulla immagine della danneggiata”.
Lo stesso vale “per la presunta lesione dell’onore e della reputazione, come pure per tutti i riferimenti a fatti o circostanze del tutto estranei al terreno risarcitorio oggetto dell’odierno procedimento, come la presunta caduta del titolo Cir in Borsa”.
Per Marina Berlusconi “l’ingegner De Benedetti e la Cir, ormai abituati a far quadrare i conti a spese della Fininvest, hanno voluto provarci di nuovo”, ma “stavolta gli è andata male” e il Tribunale ha concesso loro “poco più di un’elemosina”. I legali della Cir, invece, “giudicano largamente inadeguato” il risarcimento “rispetto al gravissimo illecito subito e all’entità delle conseguenze pregiudizievoli che ne sono derivate a carico della vittima”. (Ansa)