ROMA – «Quello che ricordo quando siamo stati aggrediti è che nessuno è intervenuto in nostro aiuto. C’erano diversi ragazzi dentro la palestra, un paio di passanti fuori e ho ancora in mente il rumore di tapparelle tirate giù di corsa da quei curiosi che evidentemente dalla finestra avevano assistito alla scena. E, mentre ci allontanavamo dal luogo dell’aggressione, un ragazzo, passando, ci ha detto “questo è quello che vi succede se venite a rompere a Ostia”». È iniziato così, in aula, il racconto di Daniele Piervincenzi, il giornalista del programma Rai “Nemo – Nessuno escluso”, sentito dal tribunale di Roma nel processo che vede imputati Roberto Spada e il suo complice, Ruben Alvez Del Puerto, autori del pestaggio del 7 novembre scorso ai danni del cronista e dell’operatore che era con lui ad Ostia, Edoardo Anselmi.
«Quando Spada, senza alcun preavviso, mi ha dato la testata e ha cominciato a colpirmi con un manganello – ha precisato Piervincenzi davanti ai magistrati di piazzale Clodio – anche l’altro che era con lui, come fosse un segnale in codice, è scattato e ha preso a pugni e calci l’operatore Edoardo Anselmi. Ci siamo preoccupati di salvare il “girato”, anche se anche la telecamera aveva subito alcuni danni. Abbiamo evitato di andare all’ospedale Grassi perché temevamo che qualcuno potesse raggiungerci e soprattutto portarci via la telecamera. Così abbiamo preferito andare al Sant’Eugenio per essere soccorsi».
Rispondendo, quindi, alle domande del pm Giovanni Musarò su cosa abbia scatenato la reazione violenta di Spada dopo due ore di intervista “a tratti anche colloquiale”, Piervincenzi non ha avuto dubbi: «Io non ho fatto alcuna domanda sul fratello Carmine Spada e sui rapporti con la moglie. Roberto Spada si alterava ogni volta che cercavo di approfondire la questione del sostegno dato dalla sua famiglia a Casapound. Che io ricordi, Spada non ha mai espresso la volontà di interrompere l’intervista. È stata una escalation di cui io ingenuamente non mi sono reso conto. Dopo una fase dialettica la situazione ha cominciato a virare in un certo modo. Lui ha preso un manganello che aveva appena dentro la palestra, me ne son reso conto. Era un po’ inquietante per me intervistare uno con il manganello. Spada a tratti cambiava atteggiamento, a volte sembrava arrabbiato, in altri dialogava o mi prendeva in giro. Ad un certo punto ha cominciato a guardarsi intorno, verso la strada, poi mi ha colpito improvvisamente con una testata in faccia. Per un momento ho visto solo bianco, poi ho sentito i colpi di manganello sulla schiena e sul collo. Mi sono leggermente ripreso quando mi sono accorto che anche Edoardo stava subendo un’aggressione dal tizio che fino a quel punto non aveva fatto altro che girarci intorno per capire che cosa stessimo riprendendo con la telecamera. Edoardo è stato colpito da Del Puerto con pugni al volto e una volta a terra anche da Spada».
PIERVINCENZI: «HO SENTITO L’ABBRACCIO VERO E SINCERO DELLA FNSI»
«Non è una solidarietà di facciata, ma tangibile, quella della Federazione nazionale della stampa: ho sentito, sin dal primo momento, l’abbraccio vero e sincero della Fnsi e di questo sono veramente grato». Così Daniele Piervincenzi si è rivolto al segretario generale aggiunto della Federazione, Carlo Parisi, presente stamane in aula in rappresentanza della Fnsi, costituitasi parte civile nell’udienza preliminare del 23 gennaio scorso.
«Siamo qui per ribadire la vicinanza della Fnsi ai colleghi che subiscono minacce e intimidazioni – ha detto, dal canto suo, Parisi – che, nonostante tutto e nonostante la comprensibile paura, continuano a fare il proprio lavoro. Che è anche un dovere: quello di informare ogni giorno i cittadini senza piegarsi a logiche distorte o chinare la testa».
«Quel che mi preme ribadire, in questa occasione, – ha proseguito Parisi, incalzato dai colleghi a piazzale Clodio – è che a giornalisti bravi e coraggiosi come Daniele Piervincenzi va garantita la giusta copertura, innanzitutto, dal punto di vista contrattuale».
«Ci sono, infatti, in Italia troppi giornalisti costretti a svolgere il proprio lavoro in condizioni difficili, in territori difficili, spesso senza un editore che riconosca loro le garanzie e le tutele previste dal contratto di lavoro. Giornalisti che finiscono nel mirino di chi vorrebbe un’informazione addomesticata, ma che nonostante le mille difficoltà continuano ogni giorno a compiere il loro dovere di informare, rischiando in prima persona. La battaglia è anche quella di fare in modo che a questi colleghi venga garantito il giusto inquadramento contrattuale».
«Siamo qui per difendere il diritto di fare domande – ha quindi sottolineato il giornalista aggredito ad Ostia – e non è a me che Roberto Spada deve chiedere scusa, ma ad un centro, un quartiere, che è già abbandonato e che lui ha contribuito ad impoverire, e in cui le persone si sentono ostaggi. Noi lì abbiamo percepito il metodo mafioso».
ANCHE IL CAMPIDOGLIO PARTE CIVILE INSIEME A FNSI, ODG, LIBERA E REGIONE LAZIO
E c’è anche Roma Capitale tra le parti civili costituite al processo, che si è aperto oggi davanti ai giudici della nona sezione penale del tribunale, a carico di Roberto Spada, esponente di spicco dell’omonimo clan, e del complice di origini uruguaiane Ruben Alvez Del Puerto accusati di concorso in lesioni personali e violenza privata aggravata dal metodo mafioso in relazione all’aggressione compiuta a Ostia il 7 novembre scorso ai danni del giornalista Daniele Piervincenzi e dell’operatore Edoardo Anselmi del programma Rai “Nemo – Nessuno escluso”.
Nell’udienza preliminare del 23 gennaio scorso, si erano, infatti, già costituiti la Federazione nazionale della stampa italiana, il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, l’associazione Libera e la Regione Lazio.
Oltre al segretario generale aggiunto della Fnsi, Carlo Parisi, erano presenti il segretario del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Guido D’Ubaldo, il segretario dell’Usigrai, Vittorio Di Trapani, il presidente dell’Ordine dei giornalisti del Lazio, Paola Spadari, con i consiglieri Maria Lepri, Carlo Picozza e Silvia Resta. Presente anche Federica Angeli, la cronista che vive sotto scorta per le sue inchieste sui clan mafiosi del litorale romano.
Il tribunale ha consentito la presenza in aula delle tv e dei fotografi purché non riprendessero i volti di Spada e Del Puerto che, collegati in videconferenza, rispettivamente dal carcere di Tolmezzo e da quello di Nuoro, non hanno concesso l’autorizzazione ad essere ripresi.
«Non ho nessun rancore nei confronti di Roberto Spada – ha detto Piervincenzi prima che cominciasse il dibattimento –, credo invece che lui debba delle scuse a un quartiere che è abbandonato e che lui ha contribuito a impoverire, in cui le persone sono ostaggio. Noi lì abbiamo percepito il metodo mafioso, ci siamo stati parecchie settimane e ci siamo resi conto che lì c’è qualcosa che non va e si tratta di un sistema». (giornalistitalia.it)