BARI – Da dieci giorni senza Gazzetta. In occasione di alcuni durissimi scontri sindacali con una proprietà (o gestione) ottusa ed autodistruttiva arrivammo a tre giorni di assenza dalle edicole. Mai, in precedenza, il quotidiano di riferimento di Puglia e Basilicata era stato così a lungo irreperibile. Neanche il terremoto, neanche le guerre mondiali, neanche la caduta del fascismo o la fuga del Re (gli ultimi due episodi comportarono la sospensione delle pubblicazioni di quasi tutti i quotidiani italiani) bloccarono l’uscita della Gazzetta del Mezzogiorno.
Che con alti e bassi, e sicuramente anche con gravi errori (soprattutto del sedicente “management”; io personalmente con la dequalificazione ed il demansionamento, e con me tutta la soppressa Redazione romana – inizio del tracollo del giornale – ne so qualcosa…) ha avuto dal 1887 il duplice ruolo di raccontare la Puglia (e presto la Puglia e la Basilicata) all’Italia, di esprimere le esigenze e tutelare gli interessi delle comunità e delle popolazioni delle due regioni, e di fornire un punto di vista appulo-lucano di prima mano sulle vicende italiane, europee, internazionali ai lettori pugliesi e lucani.
Un giornale che praticamente da sempre ha vissuto in una dimensione “glocal”, come si usa dire da un po’: globale e locale. Un segmento difficilissimo da presidiare, e non facile da rendere economicamente attivo. Ma che senza un cumulo di scelte inappropriate ed il totale disamore del suo ultimo editore-proprietario non sarebbe stato impossibile da raggiungere.
Un giornale che ha, comunque, giocato un ruolo strategico per le due regioni, garantito dalla sua redazione (tutta la redazione: professionisti a tempo pieno, pubblicisti part time, collaboratori fissi, corrispondenti contrattualizzati; ma anche la fittissima rete di corrispondenti non contrattualizzati da quasi tutti i Comuni e di collaboratori cosiddetti free lance) e dal suo radicamento territoriale: il vero, grande valore da preservare (beninteso, la tutela dei lavoratori riguarda anche tutte le altre professionalità del giornale, non solo quelle giornalistiche).
“Vendere” la testata e riportarla in edicola è indispensabile, ed urgente; ma bisogna riportarla in edicola con tutto il bagaglio di esperienze e professionalità dei suoi giornalisti. È il loro lavoro che ci manca, la loro “opera collettiva dell’ingegno”, come la legge sul diritto d’autore definisce i giornali, non un “brand” in astratto.
La Gazzetta del Mezzogiorno deve vivere. Ma non come “prodotto” confezionato senza i suoi giornalisti. (giornalistitalia.it)
Giuseppe Mazzarino