Gli Occhionero si difendono. Verifiche su legami con la P4. Infrastrutture a rischio

Cyberspionaggio, via il capo della Polizia Postale

Roberto Di Legami

Roberto Di Legami

Nunzi Ciardi

Nunzi Ciardi

ROMA – Il capo della Polizia, Franco Gabrielli, ha disposto l’avvicendamento di Roberto Di Legami dall’incarico di direttore del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni. La decisione arriva il giorno dopo l’annuncio della operazione della Polizia Postale e delle comunicazioni che ha portato all’arresto dei fratelli Occhionero per cyberspionaggio.
Tra i motivi della decisione ci sarebbe una sottovalutazione dell’operazione “Eye Piramid” che ha portato alla scoperta di una rete di cyberspionaggio ai danni di politici, imprenditori e personalità istituzionali, e soprattutto il fatto di non aver informato adeguatamente il verice del Dipartimento di pubblica sicurezza sulla reale portata dell’indagine.
Al posto di Di Legami alla guida della Polizia Postale subentra Nunzia Ciardi, dirigente del compartimento Lazio della stessa struttura. Di Legami è stato assegnato a un nuovo incarico presso l’Ucis. (askanews)

Verifiche sui legami di Giulio Occhionero con la P4

Giulio Occhionero

Giulio Occhionero

Giulio Occhionero potrebbe aver lavorato in passato con esponenti della P4, acquisendo dati riservati utili (per finalità ancora da capire) all’organizzazione segreta su cui ha indagato tra il 2010 e il 20111 la magistratura di Napoli. È questa la nuova ipotesi investigativa che la Procura di Roma intende approfondire dopo aver scoperto, tramite la Polizia Postale, che l’ingegnere nucleare, in carcere assieme alla sorella con l’accusa di aver svolto un’attività di cyberspionaggio, si sarebbe servito di uno dei quattro malware (già emersi nell’indagine partenopea) per portare avanti “un’attività di esfiltrazione di dati e dossieraggio illecito”.
Nella sua ordinanza di custodia cautelare, è lo stesso gip Maria Paola Tomaselli a ricordare che le indagini romane hanno appurato come, “in una versione del virus diffusa alla fine del 2010” i dati carpiti dai pc infettati dai fratelli Occhionero “siano stati inviati a una serie di indirizzi mail (purge626@gmail.com, tip848@gmail.com, dude626@gmail.com e octo42@gmail.com) che risultavano già essere emersi nel luglio del 2011” nell’ambito dell’inchiesta sulla cosiddetta P4, l’organizzazione che avrebbe avuto l’obiettivo di manipolare notizie riservate o segrete per controllare l’assegnazione di appalti e influenzare eventuali nomine.
Il primo indirizzo mail, secondo il gip, “sarebbe collegato a operazioni di controllo da parte dall’uomo d’affari Luigi Bisignani nei confronti dell’allora onorevole Alfonso Papa e delle Fiamme Gialle”. Tuttavia, sostiene il gip, “erano già evidenti indizi gravi, precisi e concordanti che a utilizzare negli anni l’Eye Piramid e i suoi aggiornamenti fosse stata sempre la stessa persona”. Questo perché “il codice era sempre stato lo stesso, con la logica conseguenza di poter ritenere che il malware fosse stato gestito nel tempo dalla stessa persona o dalla stessa organizzazione”. Ora, dalle carte dell’istruttoria romana non risultano affatto contatti e rapporti tra Occhionero e Bisignani ma il sospetto che l’ingegnere nucleare avesse collaborato comunque con pezzi della P4 è meritevole di indagine. (agi)

La difesa di Giulio Occhionero: “Storia ancora da scrivere”

cyber-crimeGiulio Occhionero “ha negato ogni addebito e fornito chiarimenti su quei server che aveva all’estero per ragioni di lavoro. Questa è una vicenda che è ancora tutta da scrivere”. Lo ha spiegato ai giornalisti l’avvocato Stefano Parretta, al termine del’interrogatorio sostenuto dall’ingegnere nucleare arrestato con la sorella per una presunta attività di cyberspionaggio.
Per il penalista “non c’è nessuna evidenza di dati acquisiti illecitamente perché le mail sono evidentemente pubbliche e quindi accessibili da chiunque. Il mio assistito ha negato di avere svolto attività illecite. Quanto agli scatoloni relativi alla documentazione sequestrata dalla Polizia, si tratta della contabilità della società di Occhionero. Se voi leggete l’ordinanza cautelare, si parla solo di indirizzi di posta, dati pubblici che tutti possiamo avere”.
“Non abbiamo mai carpito dati riservati sul conto di terze persone né svolto attività di spionaggio. Quegli indirizzi mail oggetto di contestazione sono pubblici e alla portata di tutti e non c’è alcuna prova di evidenza di una sottrazione di dati da parte nostra”. Così, davanti al gip Maria Paola Tomaselli, si sono difesi Giulio Occhionero e la sorella Francesca Maria.
Ha sfidato gli inquirenti (“chi mi dice che i virus nei pc non me li avete messi voi per intercettarmi?“ e si è rifiutato di mettere a loro disposizione le password dei server americani per motivi di privacy. Si è voluto difendere così Giulio Occhionero.
“Gli oltre 18mila nickname che mi attribuite non sono roba mia – ha aggiunto Occhionero nell’interrogatorio di garanzia sostenuto davanti al gip Maria Paola Tomaselli e al pm Eugenio Albamonte – ma in ogni caso mi rifiuto di consegnarvi le chiavi di accesso perché nel mio pc avevo conservato dati miei personali relativi anche alla contabilità della mia società”.
Occhionero ha anche negato di avere attivato un poliziotto affinché acquisisse notizie su una indagine aperta sul suo conto dalla magistratura. Chi indaga, invece, ritiene che lui abbia sollecitato in tal senso proprio un rappresentante della Polizia di Stato, ora indagato per favoreggiamento dopo aver subito una perquisizione domiciliare.

La difesa: “Francesca non sa usare il pc e non è ricca”

Francesca Maria Occhionero

Francesca Maria Occhionero

“Francesca Maria Occhionero non era a conoscenza dell’attività del fratello. Sapeva certamente che era legato alla massoneria, ma questa è una cosa risaputa. In ogni caso non sapeva proprio nulla di questa presunta attività di cyberspionaggio contestata dalla Procura. Stiamo parlando di una ipotesi investigativa tutta da provare. Lei non sa neppure usare il computer tanto è vero che un giorno ha avuto bisogno di un tecnico per risolvere un problema informatico”.
Lo ha detto l’avvocato Roberto Bottacchiari, al termine dell’interrogatorio di garanzia della sua assistita per la quale ha annunciato al gip una istanza di scarcerazione o concessione dei domiciliari. “Francesca Maria – ha aggiunto il penalista– è laureata in chimica, ha lavorato nell’azienda del fratello, occupandosi di questioni amministrative, fino al 2013, poi si è messa a cercare lavoro. Viaggia su un Fiat 500 usata e non ha nessuna ricchezza da parte né è inserita negli ambienti dell’alta finanza come qualcuno vuole far credere. I due fratelli hanno beneficiato della vendita di una villetta a Santa Marinella, di proprietà della madre, che ha fruttato loro 75mila euro a testa. Ma ciascuno vive la propria vita. Il fatto che la Procura contesti il possesso di indirizzi mail appare un elemento di poco significato perché ognuno di noi li può avere. I due fratelli non hanno carpito né dati né password altrui”.

Soro: “Le infrastrutture dello Stato sono a rischio”

Antonello Soro

“Sono preoccupato per le dimensioni clamorose di cui abbiamo avuto notizia, ma direi che però, è la punta dell’iceberg di una fragilità del sistema che abbiamo anche avuto modo di segnalare negli anni scorsi. Viviamo in una nuova dimensione degli scambi, dell’informazione, della rete, della società digitale, in quella dimensione i presidi di sicurezza sono infinitamente inadeguati rispetto ai rischi che tendenzialmente crescono tutti gli anni: gli attacchi informatici negli ultimi anni sono cresciuti con un ritmo del 30%”.
Lo dice Antonello Soro, presidente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali intervenuto oggi ai microfoni di “La Radio ne parla” a Rai Radio1. Secondo Soro, “mentre prima i rischi venivano dalle rapine in banca o dal furto di gioielli oggi avvengono attraverso il furto di informazioni di dati. Ma i dati sono le nostre persone, e quindi siamo a rischio noi cittadini e sono a rischio le infrastrutture dello Stato”.
E ancora, spiega il presidente dell’Autorità Garante per la Privacy, “Questo caso mette in evidenza dimensioni gigantesche clamorose di controllo e di spionaggio da parte di soggetti al momento conosciuti parzialmente, di personalità della vita pubblica per finalità che al momento possiamo solo immaginare. E non c’è dubbio che questo caso dimostra come quanto sia in ritardo il sistema di sicurezza cibernetica nel nostro Paese”.

Gli spioni non avevano le password di Renzi e Draghi

Mario Draghi

Mario Draghi

Giulio e Francesca Maria Occhionero, i due fratelli arrestati con l’accusa di aver allestito una rete di cyberspionaggio ai danni di istituzioni e personalità del mondo politico e finanziario, non avevano le password degli account di Matteo Renzi, Mario Draghi e Mario Monti. È quanto si evince da uno dei passaggi dell’ordinanza di custodia cautelare emessa nell’ambito dell’inchiesta “Eye Pyramid”, tutt’ora in corso.
La procura di Roma ha, infatti, avviato una rogatoria internazionale per ottenere il sequestro in Usa dei server utilizzati da Occhionero. “Molti degli account presenti nel database, benché privi di password – precisa a pagina 14 il gip Maria Paola Tomaselli – appartengono a domini di importanti società private o enti istituzionali” (tra gli altri, istruzione.it, gdf.it, bancaditalia.it, camera.it, senato.it, esteri.it, tesoro.it, interno.it, aceaspa.it, enel.it, enav.it, finmeccanica.com).
Per ciascuno dei domini in questione, spiega l’ordinanza, “sono presenti numerosi account di posta elettronica, tra i quali figurano personalità di vertice delle società e delle istituzioni elencate, oltre che del mondo politico. Sono presenti tra gl altri l’account Apple dell’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi e gli account istituzionali degli ex governatori della Banca d’Italia Mario Draghi (ora presidente della Bce) e Fabrizio Saccomanni”.
Nello stesso elenco figurano le email di Alfonso Papa, Walter Ferrara, Vincenzo Scotti, Piero Fassino, Paolo Bonaiuti, Maria Vittoria Brambilla, Luca Sbardella, Ignazio La Russa, Fabrizio Cicchitto, Ignazio La Russa, Daniele Capezzone, Mario Monti, Vincenzo Fortunato, Mario Canzio, Saverio Capolupo.
Per gli investigatori, comunque, Giulio Occhionero e la sorella Francesca Maria non hanno avuto accesso alla posta elettronica di Matteo Renzi, Mario Draghi e Mario Monti. Hanno fatto dei tentativi nei mesi scorsi ma, stando a quanto verificato, allo stato degli atti, dalla Procura di Roma e dalla Polizia Postale, non sono riusciti ad andare oltre. E a chi indaga non risulta affatto che il cellulare dell’ex premier sia stato violato o abbia subito intrusioni. È anche vero però che i dati acquisiti sino ad ora dagli inquirenti sul conto dei due fratelli sono assolutamente parziali: la maggior parte del materiale conservato nel suo pc da Occhionero a Roma è stato cancellato in maniera pressoché definitiva, mentre tutto ciò che era contenuto nei server americani è oggetto di una rogatoria che si annuncia lunga e complessa.

Il Campidoglio: “Verifiche su eventuali infiltrazioni”

“Il Campidoglio sta verificando – in via cautelativa – la sussistenza di eventuali infiltrazioni nei sistemi di autenticazione del portale e contemporaneamente sono stati attivati tutti gli approfondimenti del caso con il Raggruppamento Temporaneo d’Imprese, gestore dell’ambiente di portale”. È quanto si legge in una nota diffusa dal Comune di Roma in merito alle notizie su possibili azioni di hackeraggio rivolte al portale istituzionale di Roma Capitale. (agi)

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