CROTONE – Il rapporto fra giornalismo e magistratura ha radici antiche e solide. Sono proprio i pubblici ministeri, molte volte, a sottolineare quanto sia importante il ruolo svolto dai giornalisti nel contrasto alla criminalità, giusto per citare un esempio fra tanti. Un ultimo caso di cronaca che giunge dalla Calabria, però, ci offre lo spunto per una riflessione su uno strumento di vitale importanza per le indagini quali sono le intercettazioni telefoniche.
Lo spunto arriva dalle carte che dispongono il sequestro preventivo della Sagas Spa, la società di gestione dell’aeroporto “Pitagora” Sant’Anna, partecipata dai Comuni di Crotone e Isola Capo Rizzuto e dalla Regione Calabria.
Il provvedimento, emesso su richiesta della Procura, nasce da un’indagine per bancarotta fraudolenta a carico della precedente società di gestione dello scalo crotonese, la Aeroporto Sant’Anna Spa, dichiarata fallita il 15 aprile del 2015.
Il sequestro della Sagas è stato chiesto dal pm per evitare che si possano aggravare o protrarre le conseguenze del delitto di bancarotta fraudolenta della “Sant’Anna Spa” per il quale risultano indagati i presidenti del Cda che si sono alternati negli anni (Roberto Fortunato Salerno, Cesare Spanò e Gianluca Bruno), accusati di aver provocato il dissesto della società astenendosi dal richiederne il fallimento e deliberando per due volte la ricapitalizzazione della società omettendo, però, di darvi seguito.
La Procura della Repubblica sottolinea come i denari pubblici, che non erano disponibili per il risanamento della “Sant’Anna Spa”, sono improvvisamente comparsi dopo il fallimento per sostenere la gestione provvisoria della struttura. Dall’aprile 2015, infatti, lo scalo crotonese continua ad essere operativo grazie all’esercizio provvisorio concesso dal Tribunale fallimentare alla Sant’Anna Spa in attesa che la nuova società, la Sagas, presenti un piano industriale e al tempo stesso un concordato fallimentare per soddisfare i creditori della società fallita. Fin qui la notizia.
Nelle 63 pagine del provvedimento vengono riportate le conversazioni telefoniche di quattro giornalisti crotonesi. Solo due parlano con uno degli indagati ovvero Gianluca Bruno, attualmente sindaco del Comune di Isola Capo Rizzuto. Gli altri due giornalisti, invece, non parlano neppure con persone indagate. Se per i primi due ci potrebbe anche stare che finiscano nel provvedimento firmato dal Gip perché al telefono con una persona interessata dall’indagine, una domanda sorge per gli altri due colleghi: perché il contenuto delle telefonate di due giornalisti che parlano con due persone non indagate viene inserito nel provvedimento di sequestro?
Due giornalisti, dicevamo, parlano al telefono con l’indagato sindaco di Isola Capo Rizzuto. Nell’intercettazione si può leggere una “prassi comune” del giornalismo, soprattutto di quello locale. Il primo cittadino chiede al giornalista come faccia ad essere a conoscenza del fatto che i Comuni di Isola e di Cutro non hanno versato le royalty. Il giornalista spiega d’aver chiamato la curatela fallimentare per avere le informazioni e, dopo un omissis, il sindaco dice al giornalista se può lasciargli uno spazio sul giornale del giorno dopo per una nota sulla vicenda. Sempre il sindaco Bruno, nella stessa giornata, chiama un altro giornalista e discute della stessa vicenda. Nelle due telefonate, gli inquirenti trovano informazioni diffuse da Bruno ritenute interessanti.
I nomi dei giornalisti messi lì, un po’ decontestualizzati possono, però, dare adito a sospetti di complicità che, in realtà, non si riscontrano nelle parole riportate. Si riscontra una normale dialettica fra chi fa il giornale e un amministratore pubblico che vuole dire la sua e vuole, dal canto suo, il miglior spazio disponibile. Parlando con un indagato, ovviamente, può capitare che i loro nomi siano finiti nel provvedimento.
Gli altri due colleghi però sono al telefono con due persone che non sono state raggiunte da nessun provvedimento. La prima telefonata vede il giornalista parlare con uno dei curatori fallimentari per chiedere spiegazioni sulla vicenda Sagas (gli inquirenti sottolineano come il curatore fallimentare, ridendo, spieghi uno sperpero di soldi), l’altra telefonata vede un altro giornalista parlare con uno dei vertici della società che gestisce l’aeroporto crotonese. Una telefonata in cui il giornalista apprende che c’è stato un incontro con il neo sindaco della città Pitagorica.
“Questa è la notizia”, dice il pezzo grosso della società al giornalista. Un’espressione a cui le fonti si sono ormai abituate perché “educate” proprio dai giornalisti.
È vero che proprio il giornalismo tante volte enfatizza contenuti di intercettazioni che non hanno nulla di penalmente rilevabile ma, in questo caso, il ruolo dei giornalisti citati nel provvedimento (Giacinto Carvelli, Cosimo Damiano Lacaria, Virgilio Squillace e Giulia Tassone) non riscontra condotte neanche moralmente sbagliate. Un esempio sono le intercettazioni che riguardavano i “festini di Arcore” dell’allora premier Berlusconi che evidenziavano una condotta morale non adatta ad un primo ministro. Le intercettazioni, dunque, sono sì uno strumento giornalisticamente potente, ma che va usato con cautela evitando sensazionalismi quando non ve ne sono.
Non a caso, il segretario generale aggiunto della Fnsi e segretario del Sindacato Giornalisti della Calabria, Carlo Parisi, manifesta “perplessità sulla circostanza per la quale trovano ingresso all’interno di un provvedimento emesso da un Gip alcune intercettazioni telefoniche afferenti dei giornalisti dal cui comportamento non emerge alcun rilievo penale”.
“Il fatto positivo di tutto questo – sottolinea Parisi – è che, per come emerge dal contenuto delle intercettazioni, i giornalisti hanno, ancora una volta, dato (in questo caso involontariamente) dimostrazioone di fare il loro lavoro con serietà e abnegazione, nel pieno rispetto dei principi deontologici della professione”. (giornalistitalia.it)
Francesco Cangemi
Stessa musica a Reggio Calabria, Sgc: “Eleonora Delfino ha sempre onorato la professione”
REGGIO CALABRIA – Il Consiglio direttivo del Sindacato Giornalisti della Calabria, riunito a Reggio Calabria, ha approvato all’unanimità un ordine del giorno con il quale “manifesta perplessità nel leggere alcune valutazioni sulla giornalista Eleonora Delfino, componente della Giunta Esecutiva Sgc, contenute nell’ordinanza emessa dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria in occasione dell’operazione «Fata Morgana»”.
Il Consiglio direttivo del Sindacato Giornalisti della Calabria rileva, infatti, “l’assoluta mancanza di comportamenti censurabili della collega Delfino che, nell’adempimento del proprio lavoro, non ha mai dato adito ad atteggiamenti compiacenti o censurabili nei confronti di chicchessia onorando la professione, svolta sempre con passione, serietà e assoluto spirito di sacrificio”. Discorso che, naturalmente, vale per tutti i colleghi che, nel pieno rispetto dei principi deontologici, svolgono la professione seriamente e correttamente. (giornalistitalia.it)