PALERMO – Le minacce alla libertà di stampa, le evoluzioni normative che rischiano di restringere il diritto dovere di cronaca e le trasformazioni del mestiere di cronista sulla soglia di una vera e propria mutazione genetica con l’adozione, da parte delle aziende editoriali, dell’intelligenza artificiale sono stati al centro degli interventi del corso di formazione organizzato, ieri a Palermo, dal sindacato unitario dei giornalisti e di tutti gli operatori dell’informazione Figec Cisal dal titolo: “Cronisti specie in via d’estinzione, le nuove norme che ostacolano la libertà di stampa’’.
Introdotto dal fiduciario di Palermo, Giulio Francese, l’incontro ha avuto come relatori il segretario generale della Figec Cisal, Carlo Parisi, e i cronisti Sandra Figliuolo e Giuseppe Lo Bianco. Presenti, tra gli altri, i consiglieri nazionali Daniele Ditta, Maria Pia Farinella, Roberto Immesi e Orazio Raffa.
Il cronista Giuseppe Lo Bianco ha aperto i lavori citando i dati emersi dal Digital Report, elaborato a luglio dalla Reuters, secondo cui meno della metà della popolazione mondiale non manifesta alcun interesse per le notizie diffuse dai circuiti d’informazione affidandosi, per informarsi, alle parole di celebrità e influencer: «Il giornalismo non è più dato per scontato – ha detto Lo Bianco – non solo nel vecchio e zoppicante occidente ma soprattutto nei continenti più giovani. Bisogna difenderlo rafforzando la qualità, l’accuratezza, l’umanità, che riguardano il lavoro dei cronisti. E questo investe la responsabilità professionale».
La cronista Sandra Figliuolo, dal canto suo, ha analizzato lo stato di salute di un mestiere in profonda trasformazione soffermandosi sulle questioni legate ad una deontologia professionale insidiata dai social, palcoscenico di ogni sfogo fuori controllo dei lettori che rischiano di ritorcersi contro i giornalisti.
Il segretario generale della Figec Cisal, Carlo Parisi, ha concluso illustrando le proposte elaborate dal nuovo sindacato dei giornalisti per migliorare la normativa rafforzando i principi fissati in sede europea a tutela della libertà di informazione. Proposte – ha ricordato Parisi – illustrate dalla Figec Cisal l’11 luglio scorso in Commissione Giustizia del Senato tenendo conto storica sentenza della Corte Costituzionale, n. 150 del 12 luglio 2021, che ha cancellato il carcere per i giornalisti accusati del reato fino ad allora previsto e sanzionato dall’art. 13 della legge sulla stampa.
«Libertà di stampa – ha ricordato il segretario generale della Figec Cisal – non è licenza di diffamare. Ma bisogna mettere i giornalisti nelle condizioni di lavorare in un clima di serenità nel quale chi sbaglia deve giustamente pagare, senza però autocensurarsi preventivamente nel timore di pesanti ripercussioni, soprattutto in sede civile»
Parisi è entrato, quindi, nel merito delle proposte elaborate dalla Figec Cisal, grazie al lavoro del Gruppo Cronisti coordinato da Pierluigi Roesler Franz, del quale fanno parte, con il presidente Lorenzo Del Boca e il delegato per la legalità Michele Albanese, Giulio Francese, Alessandro Galimberti, Giuseppe Lo Bianco e Pino Nano. Una corposa memoria offerta al Parlamento (che ha fissato pere il prossimo 8 novembre il termine ultimo per la presentazione degli emendamenti) il sulla complessa tematica della riforma della diffamazione a mezzo stampa e delle querele temerarie online.
In particolare, Figec Cisal chiede l’introduzione del dolo specifico (e non generico), come recepito dalla giurisprudenza Cepu, per sanzionare la volontà di diffamare o la colpa grave legata alla mancata verifica della notizia. Non è, infatti, ammissibile perseguire gli errori commessi in buona fede, così come avviene per gli altri professionisti: medici, avvocati, ingegneri, architetti, geometri, notai, commercialisti, ragionieri, periti commerciali, consulenti del lavoro… Ciò per porre fine alle stratosferiche richieste, in sede civile, di risarcimento danni da diffamazione che le compagnie di assicurazione non intendono coprire se non limitatamente alle parcelle dei legali.
Tra gli altri punti della proposta Figec Cisal al Parlamento: la rettifica di un articolo ritenuto denigratorio dell’onore e/o della reputazione; l’assurdità dei due diversi termini per presentare querela per diffamazione a mezzo stampa (90 giorni) e promuovere causa civile di risarcimento danni da diffamazione (5 anni o addirittura 10 anni) che, secondo il sindacato potrebbero essere fissati in 6 mesi; l’irragionevole durata dei processi di diffamazione; la competenza territoriale che dovrebbe prevedere l’unificazione di tutti i processi per diffamazione da celebrarsi nel luogo di stampa il giornale, di trasmissione radio-televisiva, o di registrazione della testata web. La Figec Cisal ha, infatti, denunciato alla 2ª Commissione Giustizia del Senato i rischi legati alla nuova formulazione della competenza territoriale della giurisdizione nel luogo di residenza del querelante che, oltre a compromettere il principio del giudice naturale precostituito per legge (con il rischio di moltiplicazione dei processi per lo stesso articolo e la conseguente contraddittorietà di giudicati), espone il giudizio ai condizionamenti ambientali nei casi, sempre più frequenti, in cui il querelante sia legato da una rete di relazioni capaci di influenze sul territorio.
Proposte, quelle della Figec Cisal, finalizzate a porre fine ai bavagli alla libertà di stampa (garantita dall’articolo 21 della Costituzione e dall’articolo 10 della Cedu) e ai i cronisti di nera e giudiziaria, soprattutto dopo l’entrata in vigore del “decreto Cartabia” n. 188 del 2021 sulla presunzione di non colpevolezza.
Non bisogna trascurare, infatti, che da 35 anni gli editori non rispettano più il famoso “patto non scritto” con i giornalisti, che prevedeva l’accollo per intero dell’onere di una condanna per diffamazione in sede civile, scaricando interamente sui giornalisti – spesso mal pagati o non pagati affatto – il prezzo di quello che in ogni azienda degna di tale nome dovrebbe essere il “rischio d’impresa”.
Insomma, ha osservato Carlo Parisi, «il giornalismo non è in estinzione, deve necessariamente rialzare la testa, credere nel proprio ruolo e rivendicare le proprie funzioni attraverso nuovi modelli e una seria formazione, indispensabili per garantire un’informazione professionale di qualità».
«Certo, – ha concluso Parisi – non ci si salva da soli. Gli editori tradizionali – perché quelli digitali lo sanno bene, tant’è che producono utili e continuano ad assumere giornalisti – devono comprendere che le aziende non si salvano tagliando il capitale umano, ma rafforzando gli organici e puntando sull’informazione iperlocale. Quella con cui nessun grande network o intelligenza artificiale può competere.
Le istituzioni, dal canto loro, devono rispettare i dettami della Costituzione perché un Paese democratico è tale solo se difende e tutela la libertà di stampa e investe le risorse pubbliche non per tenere in vita aziende decotte che continuano a licenziare, mantenendo inalterati gli stipendi dei dirigenti, ma per sostenere imprese serie e progetti veri che prevedano l’assunzione di giornalisti e professionisti dell’informazione. Editori e Istituzioni che troveranno sempre al loro fianco la Figec Cisal, perché chi crea lavoro, versa i contributi e paga retribuzioni dignitosi è un alleato non un nemico». (giornalistitalia.it)