NAPOLI – Il Tribunale di Napoli non è competente per il procedimento che vede imputato il boss della camorra casertana Augusto La Torre per diffamazione aggravata a mezzo stampa commesso ai danni del 31enne giornalista di “Cronache di Caserta” Giuseppe Tallino (difeso da Francesco Parente e Gennaro Razzino), definito dal boss “pseudo-giornalista” e “portavoce della Procura”. Lo ha stabilito il giudice monocratico di Napoli Roberta Attena, che ha inviato le carte del processo alla Procura di Ivrea, che dovrà ora formulare ex novo il capo di imputazione per La Torre e richiedere un nuovo processo al tribunale del capoluogo piemontese.
Il processo a La Torre era iniziato il 26 febbraio scorso a Napoli, e allora si era costituiti parte civile Tallino e il giornale “Cronache di Caserta”; in quella circostanza il boss, dal 1996 in carcere – ha conseguito anche una laurea in psicologia – si era presentato in aula accompagnato da tre poliziotti dei Reparti speciali della Penitenziaria, proveniente dal carcere di Campobasso dove è attualmente recluso.
Il legale del boss sollevò eccezione di incompetenza territoriale, chiedendo al giudice di disporre lo spostamento del processo ad Ivrea, in quanto l’intervista fu resa da La Torre proprio nel carcere piemontese. Il giudice Attena oggi ha accolto l’istanza dell’imputato.
L’intervista incriminata apparve su un sito casertano nel giugno 2018; La Torre se la prese non solo con il cronista, che con coraggio di stava occupando di lui, ma anche con i pm accusati di accanimento investigativo nei suoi confronti e di mala gestione dei pentiti a suo danno; in particolare accusò il sostituto della Dda di Napoli Sandro D’Alessio, responsabile di molte indagini sul clan La Torre di Mondragone.
In quell’occasione La Torre sfogò tutta la sua frustrazione legata soprattutto al contenzioso sugli anni di carcere da scontare; da tempo il boss sta cercando di uscire di cella, e ha avviato per questo un contenzioso al Tribunale di Isernia relativo al cumulo di pene. Ma la sua liberazione si è allontanata, visto che nell’ottobre 2019 ha riportato la condanna all’ergastolo per la strage di Pescopagano, avvenuta il 24 aprile del 1990 a Castel Volturno (Caserta), durante la quale furono ammazzate a colpi d’arma cinque persone e altre otto rimasero ferite.
In seguito alla condanna, nel febbraio di quest’anno La Torre è stato raggiunto nel carcere molisano da un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal tribunale di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, che temeva che il boss potesse darsi alla fuga prima che divenisse esecutiva la sentenza di condanna, approfittando di benefici carcerari. (ansa)