ZAGABRIA (Croazia) – Troppi attacchi ai giornalisti in Croazia e troppo silenziose le autorità di Zagabria nel condannare questi fatti. A meno di quattro mesi dall’inizio della presidenza croata del consiglio dell’Unione europea (la prima volta in assoluto per il 28° Stato membro dell’Ue), Reporters sans frontières pubblica un comunicato in cui esprime la propria preoccupazione per lo stato della libertà di espressione nella giovane repubblica balcanica.
«Morte ai giornalisti»
«Le parole croate “Morte ai giornalisti” (Smrt novinarima) diventeranno presto un luogo comune in Croazia?». Inizia così il comunicato pubblicato martedì mattina da Reporters Sans Frontières. L’organizzazione internazionale per la difesa della libertà di informazione ha assistito negli ultimi mesi ad una recrudescenza degli attacchi ai giornalisti in Croazia e lamenta ora «il silenzio assordante» del governo e della capo di Stato croata, che da mesi tacciono su questi fatti.
La scritta “Morte ai giornalisti” è apparsa più volte nelle ultime settimane in diverse località della Croazia. A fine agosto, il portale Zadar News ha denunciato la presenza di questo graffiti nel centro della città dalmata. Qualche mese prima, a marzo, la stessa scritta minacciosa era stata disegnata su un muro a Zagabria, a pochi passi dalle redazioni della tv regionale N1 e dei siti web Net.hr e Telegram.hr. Lo scorso fine settimana, un nuovo caso, a Spalato, anche se l’ingiuria, questa volta, è “giornalisti vermi” (“Novinari crvi”).
L’obiettivo di questi messaggi è sempre lo stesso, scrive Reporters Sans Frontières, ovvero «attaccare, intimidire e sminuire i giornalisti fino a dissuaderli dallo svolgere la propria missione di informare».
Dalle parole ai fatti
Le ultime settimane non hanno visto solo l’apparizione di graffiti minacciosi, ma hanno registrato anche dei veri e propri attacchi fisici ai reporter. L’ultimo in ordine di data è quello segnalato su Facebook dalla giornalista Andrea Topić. La sua macchina, parcheggiata fuori casa, è stata colpita da delle uova durante la notte. Qualche tempo prima, a quella stessa vettura erano state forate le gomme. «Forse è un caso, forse non lo è», ha scritto Topić sul proprio profilo, ammettendo di lavorare attualmente su alcuni temi legati alla criminalità e di essersi decisa a denunciare pubblicamente il fatto perché «la polizia non ha fatto nulla neanche per il caso delle gomme».
A maggio, a Bleiburg (Austria), era successo qualcosa di ancora più serio. «Mentre copriva il pellegrinaggio dei nazionalisti e dei neonazisti croati […] il giornalista croato Daniel Majić era stato vittima di un’aggressione fisica da parte del presentatore televisivo Velimir Bujanec, vicino all’estrema destra».
Il collega Krsto Lazarević, che in quell’occasione aveva inseguito Bujanec per ottenere dei chiarimenti, era stato a sua volta aggredito verbalmente, con insulti omofobi. Allora, come in tutti gli altri casi finora menzionati, le autorità croate sono rimaste silenziose e tra queste anche la capo di Stato Kolinda Grabar-Kitarović, alla cui cerimonia di inaugurazione del mandato presidenziale Bujanec era stato personalmente invitato.
La stessa presidente si è peraltro macchiata di recente di un altro intervento decisamente poco felice riguardo alla libertà di espressione. A metà luglio, Grabar-Kitarović ha rilasciato un’intervista alla televisione svizzera RTS che ha fatto molto discutere. Nel commentare la situazione al confine croato-bosniaco e il ruolo della polizia croata nel gestire il flusso migratorio in arrivo, la capo di Stato aveva ammesso che «un po’ di violenza è necessaria nell’effettuare i respingimenti». Erano seguite delle polemiche, al punto che Grabar-Kitarović era tornata sull’argomento. Accusando i colleghi svizzeri di aver frainteso le sue parole, la presidente aveva poi invitato i giornalisti croati a «non seguire la stampa estera che lavora per chissà quali interessi» ma a presentare «anche la versione croata dei fatti».
«Silenzio assordante»
È proprio contro questo comportamento ambiguo dei vertici dello Stato croato che Reporters Sans Frontières (RSF) rivolge ora la propria missiva.
«Le autorità croate devono condannare chiaramente queste pratiche e mettere fine ad un clima malsano di impunità che regna nel paese e che rappresenta un pericolo reale per i giornalisti», ha commentato Pauline Adès-Mével, responsabile dell’area Unione europea e Balcani a RSF.
«Non far nulla – ha proseguito Adès-Mével – significa dare un lasciapassare alle persone che minacciano la stampa». E a quattro mesi dall’inizio del semestre croato di presidenza dell’Ue, significa anche far passare il messaggio che a livello comunitario, la libertà di informazione non è poi così importante.
All’interno della classifica che RSF stila ogni anno in base alla libertà di stampa, la Croazia occupa il 64° posto su 180 paesi. Malgrado alcuni recenti miglioramenti, che hanno visto la Croazia liberarsi dai toni ultra-nazionalistici del governo Orešković (2016), il paese non presenta ancora un contesto stabile e sereno per il lavoro dei reporter, regolarmente oggetto di scherno e di minacce.
Secondo Hrvoje Zovko, presidente dell’associazione dei giornalisti croati (HND), «dalla Chiesa cattolica ai politici, registriamo degli attacchi costanti contro i giornalisti, mentre il governo tace».
«In Croazia, è caccia aperta ai giornalisti», denuncia Hrvoje Zovko. (Osservatorio Balcani e Caucaso)