Il sottosegretario ricorda che “è un reato che uccide il mercato e va repressa”

Crimi dichiara guerra alla pirateria televisiva

Vito Crimi e un’operazione di polizia contro la pirateria televisiva

ROMA – «L’IPTV, di cui oggi molti sentono parlare perché lo chiamano il “pezzotto”, è un sistema che consente di ricevere tutti i canali a pagamento gratuitamente o con un esborso veramente irrisorio. Quello che succede, e di cui molti non si rendono conto, è che è un reato: questa operazione va a toccare il mercato di quei produttori di prodotti audiovisivi, cinema, serie, film, e in qualche modo non si va solo a commettere un reato toccando le tasche, come molti pensano, dei grandi produttori e delle grandi multinazionali, dietro quelle multinazionali ci sono dei produttori, ci sono dei lavoratori, ci sono degli impiegati cioè gente che fa le riprese, artisti, e tutte queste persone lavorano in questo mercato. Nel momento in cui si commette questo reato si va ad incidere su questo mercato e si impedisce lo sviluppo». Così il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’informazione e all’editoria, Vito Crimi, ha commentato a Sky TG24 la sua denuncia al fenomeno delle IPTV illegali lanciata ieri sul web.
«La diffusione illegale di contenuti audiovisivi – afferma Crimi – uccide un mercato virtuoso “perché nel momento in cui non ci sono introiti sufficienti, automaticamente i produttori possono avere minori risorse per produrre nuovi prodotti, quindi, di fatto andiamo ad uccidere un mercato che è virtuoso, è un mercato in sviluppo, sempre».
«Le IPTV – spiega Crimi – colpiscono le dirette televisive, in particolare gli eventi sportivi. Quando c’è un evento sportivo e un’azienda lo ha acquistato pagando i diritti, se viene diffuso illegalmente si vanno a ledere dei diritti, a minare l’economia di aziende e di conseguenza di tutto un mercato».
A giudizio di Crimi «per combattere questo fenomeno serve la cultura, serve di far comprendere l’importanza del prodotto autoriale, serve far comprendere, ma fin dall’inizio, fin dalle scuole, quanto è importante tutelare chi produce, e non lo si fa solamente in maniera repressiva. È vero però che esistono dei fenomeni che non possono non essere repressi, quindi, quando di fatto questa attività sfocia in un’attività illegale va repressa, però bisogna partire sin dalla scuola». (giornalistitalia.it)

 

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