BOLZANO – Il giornalismo e il mondo dell’attivismo pacifista perdono una delle loro figlie migliori: è morta stanotte nel reperto Malattie infettive dell’Ospedale di Bolzano, dov’era ricoverata per Covid, Lidia Menapace. Aveva 96 anni. Salgono, così, a 28 i giornalisti morti per la malattia da coronavirus in Italia.
Nata a Novara il 3 aprile 1924, Lidia Brisca – così all’anagrafe – dopo il matrimonio con Nene, medico trentino, si era trasferita a Bolzano dove, in quello stesso anno, fu la prima donna eletta nel consiglio provinciale ed anche la prima donna ad entrare nella giunta, come “assessora” effettiva per Affari sociali e Sanità. Lei che, a soli 21 anni, conseguì la laurea con il massimo dei voti in letteratura italiana all’Università Cattolica di Milano. Poi l’impegno nei movimenti cattolici, in particolare nella Fuci (Federazione Universitaria Cattolica Italiana), e poi nella Democrazia Cristiana.
Voce storica del femminismo e del pacifismo, “partigiana sempre”, come lei stessa amava sottolineare, è stata una protagonista indiscussa del Novecento italiano, «una figura straordinaria, che ha fatto parte integrante, infaticabile e sempre originale, della storia de “il manifesto”»: così la ricorda il quotidiano che Lidia Menapace contribuì a fondare nel 1969. Il Manifesto nasceva come rivista, solo nel 1971 fu trasformato in quotidiano e «quando in quelle enormi pagine – diceva Lidia – c’era uno spazio vuoto piccolo, Pintor chiamava me».
«Staffetta partigiana in Val d’Ossola, – la ricorda nientemeno che il Capo dello Stato, Sergio Mattarella – brillante laureata presso l’Università Cattolica di Milano, dove sarà lettore di lingua italiana, dirigente della Democrazia Cristiana e vice presidente della Provincia di Bolzano, animatrice del movimento delle donne, tra i fondatori del Manifesto e, infine, senatore per Rifondazione comunista nella XV legislatura repubblicana, Lidia Menapace è stata fortemente impegnata sui temi della pace, con la Convenzione permanente delle donne contro tutte le guerre. I valori che ha coltivato e ricercato nella sua vita – antifascismo, libertà, democrazia, pace, uguaglianza – sono quelli fatti propri dalla Costituzione italiana e costituiscono un insegnamento per le giovani generazioni».
Insomma, «una figura particolarmente intensa – scrive ancora Mattarella nel suo messaggio do cordoglio – di intellettuale e dirigente politica espressione del dibattito autentico che ha attraversato il Novecento».
Fu anche consigliera comunale di Roma, venne eletta alla Regione Lazio, divenne responsabile dell’Unione donne italiane, e, nel 2006, entrò in Senato, «dove rimase – scrive oggi Il Manifesto – in una legislatura tesa e conflittuale. Doveva essere, portandovi le istanze pacifiste, presidente della Commissione difesa. Ma le venne preferito il De Gregorio diventato noto per vicende giudiziarie. Nel frattempo, dopo non aver seguito la confluenza del Pdup nel Pci a fine del 1984, si era avvicinata a Rifondazione comunista, nelle cui fila è rimasta fino alla fine».
Nel tracciare, per sommi capi, i contorni di una vita così intensa, quale è stata quella di Lidia Menapace, non si può tralasciare la sua gioventù da attivissima staffetta partigiana. «E, non a caso forse, il suo ultimo intervento pubblico si tenne proprio nella riuscita manifestazione virtuale dello scorso 25 aprile», ricorda Il Manifesto che dà l’ultimo saluto ad «una figura straordinaria. Un esempio. Espressione di una politica bella e probabilmente irripetibile, che Lidia ha contribuito a rendere ancora più bella».
Tra i tanti messaggi di cordoglio che si susseguono in queste ore, quello del presidente dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, Gianfranco Pagliarulo, che parla di «un lutto per l’Anpi, un lutto per il Paese. Ciao Lidia, partigiana della democrazia, della pace, dell’uguaglianza, dei diritti delle donne, cioè dell’umanità. Resterai nella coscienza e nell’impegno di tutte e tutti noi». (giornalistitalia.it)
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