GENOVA – Ci avete rubato il futuro e le speranze (…). Ci avete sottratto 55mila euro in una notte (…). Equo compenso e lavoro autonomo è un’elemosina (…). Condannati alla schiavitù e al precariato a vita (…).
Sono queste alcune delle “critiche” al rinnovo contrattuale che ho sentito nelle telefonate di alcuni colleghi, letto nelle mail, letto su alcuni social network addirittura ancora prima che fossero noti i testi delle intese (spesso con interventi di chi giornalista non è). Le critiche sono sempre legittime anche quando vengono espresse con molta rabbia, sempre legittime ma un po’ meno fondate se espresse in modo pregiudiziale. E senza documentarsi. Vorrei dirvi alcune cose da “ladro” reo confesso?
Forse abbiamo confuso la solidarietà con un furto nel cercare di mettere una pezza al grande casino pressoché fallimentare del fondo della ex fissa (seppur digerendo una revisione che come Assostampa Ligure avevamo sollecitato con altri, inascoltati – anche nella categoria – dal 2009 quando si potevano costruire senza dubbio soluzioni migliori). Ecco allora l’accusa “ci avete sottratto 55 mila euro in una notte”, critica di chi ha meno di 15 anni di anzianità aziendale come requisito (e non diritto che si matura quando si va in pensione o esce da un’azienda) per l’ex fissa. Il nuovo e unico tetto massimo per i 15 anni di anzianità è appunto di 65.000 euro. Per chi ha meno di 15 anni c’è un diverso meccanismo che parte da 10.000 euro con altri versamenti sul fondo complementare delle pensioni.
Dovrei chiedere 55 mila euro di volte scusa? Non lo faccio perché è questa una critica che offende. Non il superio di chi ha fatto professione e sindacato senza lucrare nulla, ma l’onestà intellettuale e l’oggettività dei fatti.
Non mi sento un ladro di speranze e di futuro, prepensionato a 60 anni dopo avere, tra errori e anche qualche successo, con altri della Ligure e del sindacato, difeso non gli indifendibili, ma i diritti-doveri dei colleghi dipendenti e no. Spesso accusato (ne vado fiero) di avere avuto, a volte, più a cuore i secondi rispetto ai primi.
Mi offende questo tipo di affermazione fatta da chi, come tutti noi, lavora con le parole e sa bene che non esistono parole sbagliate, ma un uso sbagliato delle parole.
Offende la mia dignità e l’intelligenza. Quella di chi ha lottato con me e anche quella di chi fa questo tipo di affermazioni.
Direte, facile a dirsi a pancia piena. Io ho lavorato 40 anni, undici da precario, due licenziamenti; me ne sono andato in uno stato di crisi con 38 anni di contributi, zero scivolo a carico dell’Inpgi, non ho rubato nulla. Anche perché, a volte con successo, altre meno, l’obiettivo è sempre stato quello di cercare di portare qualcosa di più a chi aveva meno. Magari penalizzando un poco chi aveva di più.
Non si ruba nulla ad alcuno con l’accordo contrattuale di questi giorni anche se alcune cose, se affrontate prima, avrebbero potuto avere miglior esito. E che come Ligure non ci soddisfano, ma a fronte della situazione generale dell’editoria, delle nostre responsabilità e di quelle degli editori, abbiamo scelto di non buttare via il bambino con l’acqua sporca.
Alcune cose avrebbero potuto avere miglior esito se affrontate prima? Certo. Soprattutto se non ostacolate non solo dagli editori, ma anche da quella parte di sedicenti progressisti urlatori della categoria che, per esigere l’impossibile o il meglio del meglio, in realtà ha finito per consolidare e aumentare le differenze. Fatte salve le garanzie degli urlatori.
Così un grande (anche se piccolo) passo sul lavoro autonomo che entra nel contratto (dopo 20 anni di battaglie e di no della Fieg), viene visto e giudicato da alcuni come una elemosina. Curioso che tra chi capeggia questo tipo di contestazione ci sia chi è in età pensionabile, la rifiuta, e fa causa all’azienda per rimanere a lavorare sino a 70 anni.
Curioso che il presidente dell’Ordine nazionale (chissà quando arriverà il giorno della sua abolizione, per rifarlo in modo più rispondente alla realtà della professione, evitando fatiche e lavoro improbo ai consigli regionali) tuoni contro gli accordi, sempre migliorabili, per le norme sull’equo compenso e il lavoro autonomo. Senza però accorgersi di guidare un Ordine nazionale in cui abbiamo migliaia di iscritti fantasma, soprattutto pubblicisti, senza avere una posizione previdenziale aperta da anni. Oppure aprendo a ricongiunzioni di iscrizioni per l’esame professionale con ridicoli minimi retributivi o a iscrizioni di pubblicisti con reddito da lavoro annuo da 800 euro. Aprire le porte a migliaia di fantasmi praticamente non pagati e chiedere uno stipendio per legge. Curioso davvero.
Curioso davvero che ci sia nel mondo del lavoro autonomo chi condivide le posizioni “rivoluzionarie” espresse da ipergarantiti pensionati e no, collaboratori; chi ipergarantito predica maggiore inclusione dei giovani nel contratto di lavoro (giusto: dopo 20 anni di lotte il lavoro autonomo entra nel contratto alla faccia delle posizioni più becere del mondo dell’editoria e anche di alcune “tiepidità” interne alla nostra categoria) e fa causa per rimanere a lavorare sino a 70 anni.
Mi domando come si faccia a dire che si è “ladri di speranze e di futuro” e che “condanniamo al precariato a vita” quando gli accordi e le intese ministeriali premieranno le aziende che stabilizzano a tempo indeterminato. Certo che ai cdr e al sindacato territoriale viene data una grande responsabilità e lavoro: vigilare, applicare, fare rispettare quegli accordi e rappresentare, visto che ora per i cdr è possibile, anche i collaboratori e il lavoro autonomo.
Certo non si era ladri di futuro e di speranze (per esempio) quando, all’inizio degli anni 2000 a Il Secolo XIX cdr, sindacato e redazione fecero la scelta di rivedere gli integrativi preesistenti per i nuovi assunti in cambio di assunzioni; non si era ladri di futuro e di speranze quando cdr, sindacato e redazione decisero di congelare l’integrativo in cambio di un aumento di 200 euro al mese (una elemosina la definì qualche esponente della rivoluzione permanente) alla parte di redazione e di colleghi più giovani che non avevano integrativi.
Non si era ladri di speranze e di futuro quando ci si sedeva di fronte ad aziende (ritenute da molti colleghi intoccabili per le loro posizioni politiche) o giudici per discutere vertenze e-o testimoniare in cause di lavoro interessanti vari giornali liguri e nazionali. Ma dove, spesso, ad altri la memoria non faceva soccorso nel dovere testimoniare o ricordare che una collega o un collega erano utilizzati in modo abusivo, senza rispetto dei contratti.
Oggi con una scelta sofferta e dal sindacato ligure non condivisa al 100%, ma unica soluzione possibile all’alternativa di perdere tutto e tutti, sento dire che siamo stati dei “ladri” per avere avuto il coraggio di fare comunque una scelta che non lasciasse a piedi nessuno.
È per così dire curioso che si sentano urlare colleghi come me pensionati o prepensionandi, perché la riforma della legge sugli stati di crisi (la 416) fa divieto, pena la perdita dei benefici e sostegni alle aziende, al riuso (stesso lavoro di prima o quasi, a costo ultra ridotto) di prepensionati (nelle redazioni non dovrebbero e dovremmo mettere più piede se non per salutare qualche amico) all’interno dei gruppi editoriali da cui si esce. E si urla contro a una riforma che darà incentivi a chi assume a tempo indeterminato, con quote di premio molto minori a chi fa contratti a tempo determinato.
Non lo dico perché io non collaboro anche se mi era stato offerto. Lo dico per un fatto di coerenza personale e di solidarietà vera (e non a gettone o pelosa a seconda delle occasioni) per chi rimane a lavorare in aziende in crisi e per chi cerca uno spazio più garantito, da dipendente o da lavoratore autonomo. I casi particolari certo ci sono, colleghi che possono essere in difficoltà da prepensionati; ma nell’esperienza sindacale personale vissuta, nei casi di particolare necessità una mano ai colleghi in questione è stata data anche con la condivisione delle aziende interessate. Ed era giusto che fosse così.
Allora chi è il “ladro”? Se uno è in pensione con 40, 50, 60, 70 mila euro e anche di più all’anno per 14 mensilità, e collabora con il giornale che lo ha prepensionato, sostiene le speranze di futuro di chi è rimasto e di chi cerca certezze e garanzie o le soffoca? Non vi “puzza” un poco che ci sia una quota di ipergarantiti, dipendenti o pensionati, che fa il rivoluzionario con il sottocoda e il futuro degli altri?
È normale che ci siano colleghi con questi parametri di pensione che saltano da una poltrona all’altra di direzioni di giornali e radio tv, locali e no, loro sì pagati regolarmente mentre i colleghi che vi lavorano sono in cassa integrazione, in solidarietà o, peggio, in mezzo a una strada, pagati in modo irregolare, vessati giorno dopo giorno?
Costretti a subire perché non si possono permettere il lusso di fare causa o di farsi vedere in sindacato se no “l’editore si incazza”, in una realtà di emittenza ligure che a fronte di 30 milioni di contributi pubblici percepiti negli anni, ha prodotto solo un declino del settore e dell’occupazione del settore?
Dove sta l’elemosina se, finalmente, si fissa un parametro per tutto il lavoro autonomo nel pagamento minimo dei servizi, si apre all’assicurazione infortuni, alla possibilità di iscriversi alla Casagit che deve rimanere equa e solidale e non è, per fortuna, una società di assicurazioni privata, si impedisce con un accordo e una norma vincolante che i pezzi o una foto non valgono più 3,5 euro lordi?
Tutto poteva e può essere migliore. E migliorabile. Ma certamente da qualche parte bisogna partire e in qualche altra parte arrivare. Per ripartire e fare meglio. Soprattutto se per decenni c’è stato lo zero assoluto.
Ultima cosa. Spero che al prossimo congresso nazionale della Fnsi del 2015 accada cosa è in piccolo accaduto in Liguria (e altrove come in Veneto) a proposito di pensionandi e prepensionati. Io sono dell’idea che i ruoli di rappresentanza e soprattutto dirigenza esecutiva sindacale debbano essere svolti da colleghi in attività. Io sono andato in prepensionamento e ho lasciato subito gli incarichi esecutivi da segretario e quelli a livello nazionale.
Sono rimasto a dare una mano per la formazione e per cosa serve. Spero si possa fare anche a livello nazionale. Colleghe e colleghi in gamba a partire dalla Liguria, dal Veneto e in tutte le altre regioni, con la testa sul collo e preparati, ce ne sono. Noi “vecchi” possiamo e dobbiamo solo aiutarli. Ecco una riforma della “416” per una serie di cariatidi, rivoluzionari con il carrello da the, dirigenti da museo delle cere serve anche per la Fnsi.
All’inizio dicevo che non esistono parole sbagliate, ma un uso sbagliato delle parole. Ladro è chi ruba. E scappa con il malloppo. Non chi cerca di impedire il furto.
Grazie a chi ha avuto tempo, voglia, pazienza di leggere sino a questo punto. E magari si sarà pure un po’ incazzato. Chi mi conosce sa che non mi nascondo mai dietro a un dito o alla responsabilità di altri. Non condivido al 100% questa intesa contrattuale. Non la condivide al 100% la Ligure. Ma, ricordando un po’ di storia, tra la rivoluzione di un giorno e la lunga marcia, meglio la seconda. È più faticosa, ma lascia sempre l’orizzonte aperto.
Marcello Zinola
Giornalista professionista, prepensionato dal 1 novembre 2012
ed ex segretario della Associazione Ligure dei giornalisti-Fnsi dal novembre 2012