ROMA – Il Tar del Lazio ha respinto in via definitiva i ricorsi proposti da un gruppo di emittenti abruzzesi e molisane e da una emittente piemontese per l’annullamento del regolamento contributi alle tv locali – di cui al D.P.R. 146/2017 – con particolare riferimento alle modalità di presentazione delle domande e di tutti gli atti ad esso conseguenti e connessi.
«Desidero esprimere la mia soddisfazione – afferma Maurizio Giunco, presidente dell’Associazione Tv locali di Confindustria Radio Televisioni, intervenuta in giudizio “ad opponendum” contro i ricorsi presentati chiedendone il rigetto – per la decisione del Tar Lazio che riconosce pienamente la legittimità del regolamento, con particolare riferimento ai criteri da esso introdotti, in luogo dei precedenti che distribuivano risorse a pioggia, e che ora invece sono volti ad incrementare la qualità del servizio con particolare riferimento a quello informativo – assicurato anche da un adeguato numero di dipendenti e giornalisti impiegati – ponendo in primo piano anche i dati di ascolto elemento imprescindibile per la certificazione della qualità delle emittenti e dell’interesse suscitato presso il pubblico della loro programmazione».
«Il Tar del Lazio – prosegue Giunco – mette la parola fine alle contestazioni pretestuose sul DPR 146/2017, un regolamento da sempre sostenuto e voluto dall’Associazione Tv locali in quanto ha operato una riforma del sistema televisivo locale italiano, e destina le risorse statali in maniera equilibrata alle aziende che fanno veramente televisione sul territorio».
«Tra le argomentazioni delle società ricorrenti – rileva Confindustria Radio Tv – ritenute infondate dai giudici riportiamo, in particolare, quella secondo cui i criteri del regolamento per l’attribuzione dei punteggio per la formazione delle graduatoria nazionale (numero di dipendenti e dati Auditel) non fossero accompagnati da alcun meccanismo perequativo che tenesse conto delle notevoli diversità demografiche ed economiche esistenti tra le diverse regioni italiane, finendo per penalizzare le emittenti operanti nelle regioni più piccole e meno popolose costrette a competere con quelle di dimensioni non comparabili. I giudici hanno respinto tale tesi sostenendo che il regolamento tiene conto della popolazione residente nelle diverse regioni con riguardo all’individuazione dei requisiti minimi che le emittenti deve possedere laddove il regolamento prescrive il possesso di un numero minimo di dipendenti parametrato all’ambito territoriale in cui opera l’emittente».
«La stessa “penalizzazione” – fa notare Confindustria Radio Tv – sostenuta dalle ricorrenti delle emittenti operanti in ambiti regionali geograficamente meno popolosi – collegata al calcolo dei dipendenti e dei dati Auditel, a livello assoluto e con graduatoria nazionale, in assenza di meccanismi diretti alla riparametrazione in rapporto alla popolazione regionale – per i giudici si è rivelata “una petizione di principio” dato l’esito della graduatoria delle tv locali commerciali nella quale diverse emittenti si sono piazzate tra le prime cento, pur essendo attive in contesti demograficamente svantaggiati (in rapporto alle più popolose regioni italiane). Il Tar cita l’esempio della regione Lombardia dove il mercato dei programmi televisivi è conteso tra un numero di televisioni nettamente superiore a quello delle emittenti che operano in Abruzzo – infatti in Lombardia operano 45 televisioni, mentre in Abruzzo 5 – con la conseguenza che l’ottenimento di buoni risultati in termini di audience può essere molto più arduo per una emittente lombarda che non per un emittente abruzzese. Tra l’altro i giudici hanno rilevato che i criteri del regolamento basati sul numero dei dipendenti e i dati Auditel non hanno comportato uno svantaggio competitivo per le ricorrenti in quanto diverse emittenti operanti in regioni non popolose hanno raggiunto risultati di vertice». (giornalistitalia.it)
Confindustria Radio Tv: “Riconosciuta pienamente la legittimità del regolamento”