GENOVA – In queste ore la Federazione Nazionale della Stampa deve affrontare un’importante questione di democrazia interna. Mi riferisco al referendum sul contratto, chiesto da una parte di colleghi anche con un ordine del giorno approvato dalla Conferenza dei Cdr.
So che ci sono correnti di pensiero diverse, dirigenti sindacali che considerano inutile portare al referendum un contratto che è già stato approvato in tutte le sedi. Ma se i colleghi chiedono il referendum, la Fnsi non può sottrarsi. E’ una regola di democrazia, non si scappa. È giusto ed è doveroso che i nostri colleghi possano esprimersi sul contratto al quale noi abbiamo creduto e continuiamo a farlo. Non fare il referendum sarebbe un errore esiziale.
Se si fa il referendum noi avremo sempre e comunque la possibilità di spiegare ai colleghi il contratto, le decisioni che abbiamo prese e perché sono state prese. Potremo sostenere a viso aperto che senza la revisione dell’ex fissa molte aziende avrebbero rischiato di finire a gambe all’aria o di veder inasprire crisi già esistenti con evidenti ricadute sui livelli occupazionali e retribuitivi.
Potremo sempre rendere più comprensibile che quello sul lavoro autonomo non sarà ciò che molti si aspettavano, ma è comunque un passaggio, un punto importante; e ancora che non esiste categoria di lavoratori in Italia (oltre alla nostra) che si è conquistata questa possibilità, questo riconoscimento, questa visibilità dentro un contratto nazionale di lavoro. Le persone che sanno ascoltare e ragionare ci sono ancora.
Ma se la Fnsi negasse il referendum, non si potrebbe più spiegare nulla. Non avremo più nessun diritto di parola. Saremo schiacciati, costretti in difesa a subire accuse. Daremo campo e spazio a chi, invece, da sempre parla di contratto, ma in realtà pensa al congresso che è alle porte. Saremo esposti ad una campagna congressuale rovinosa, che porterà in campo gli urlatori di professione, i leoni della tastiera che si nascondono dietro i social network, colleghi dal posto fisso assicurato e ricchi pensionandi che sventolano il vessillo del lavoro autonomo solo perché non hanno il coraggio di dire ad un’Italia che arranca faticosamente che il loro problema, l’unico, è l’ex fissa, la doppia liquidazione.
Ecco, io non voglio trovarmi né disarmata né dalla parte del torto nei confronti di costoro. Dunque sì ad un referendum serio, con regole certe, a cominciare dal quorum che non può che essere quello fondamentale previsto in democrazia: il referendum è valido se va a votare il 50%+1. Altri calcoli, altre proiezioni sul quorum non esistono: sarebbero contestabili da tutti. Un’ultima cosa, la responsabilità. Chi sostiene una tesi, dovrà impegnarsi ad essere conseguente.
Alessandra Costante
Segretario dell’Associazione Ligure dei Giornalisti