ROMA – La vertenza per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro giornalistico si è conclusa dopo un’intensa trattativa con una soluzione di compromesso che ha lasciato insoddisfatte entrambe le parti e che, proprio per questo, è sintomatica della situazione di grave e perdurante crisi che attraversa il mondo dell’informazione e il settore dell’editoria giornalistica in particolare.
Di fronte alla richiesta degli editori, presentata come irremovibile, di porre mano alla struttura del contratto collettivo per depotenziarlo, eliminando qualsiasi automatismo retributivo, i giornalisti hanno opposto un altrettanto irremovibile rifiuto. La conclusione è stata la conservazione, per un ulteriore triennio, del testo contrattuale con la salvaguardia di tutti i suoi istituti economici e normativi.
L’intera trattativa condotta con Inpgi e Governo
Già questo, al contrario di quello che alcuni pensano, non può essere considerato un risultato marginale o insignificante. Non va, peraltro, tralasciato che l’intera fase di rinnovazione contrattuale ha visto allo stesso tavolo oltre alla Fnsi e alla Fieg, anche l’Inpgi e il Governo, a dimostrazione della complessità della vertenza e della necessità di salvaguardare la tenuta del welfare si settore.
Con queste premesse il nuovo contratto collettivo, che coprirà un arco triennale (così come già concordato nell’accordo Fieg-Fnsi del 13 luglio 2011), si è limitato ad affrontare quattro tematiche che rappresentano i “punti caldi” del lavoro giornalistico: il lavoro autonomo, il mercato del lavoro, gli ammortizzatori sociali, il destino della ex indennità fissa.
Equo compenso: “soglia” più bassa, platea più vasta
L’accordo sul lavoro autonomo si è incrociato con l’applicazione della legge sull’equo compenso giornalistico che aveva previsto la costituzione presso la presidenza del Consiglio dei ministri di una commissione governativa con il compito di definire l’equo compenso per le prestazioni giornalistiche in regime di autonomia. In quella commissione erano presenti, oltre ai rappresentanti ministeriali, anche i rappresentanti della Fnsi e dell’Inpgi, dell’Ordine e degli editori.
Non è questa la sede per soffermarci sui lavori, peraltro complessi, e a volte tormentati, della commissione governativa sull’equo compenso. Non va, tuttavia, tralasciato che le linee direttive determinate dalla originaria delibera del Governo hanno costretto le parti sociali a muoversi su un binario ben definito: ovvero l’obbligo di regolamentare le prestazioni di lavoro dei giornalisti legati alle aziende editoriali con rapporti di lavoro di natura parasubordinata e, comunque, economicamente dipendente.
Questi principi hanno costituito il perimetro entro il quale si è dovuta muovere la trattativa tra le parti. L’obiettivo che la Fnsi si era posto nella trattativa era duplice: da un lato quello di definire e circoscrivere il concetto di lavoro autonomo, dall’altro quello di abbassare la soglia “dell’economicamente dipendente”, in modo da far rientrare nella regolamentazione il maggior numero possibile di giornalisti. Entrambi questi obiettivi possono ritenersi raggiunti.
Niente più dubbi sul perimetro del lavoro autonomo
La nuova norma contrattuale, infatti, precisa quali debbano essere i requisiti perché una prestazione con le caratteristiche della continuità debba ritenersi autonoma e non subordinata. Si è confermato che il giornalista lavoratore autonomo non deve mettere a disposizione dell’azienda le proprie energie lavorative (caratteristica tipica del lavoro subordinato), ma deve limitarsi a fornire una pluralità di contributi informativi.
Inoltre, è stato previsto che il giornalista collaboratore autonomo non deve partecipare all’attività della redazione centrale o delle redazioni decentrate o degli uffici di corrispondenza, né può avere accesso al sistema editoriale, se non per l’invio dei suoi testi. Al collaboratore autonomo non possono essere richieste prestazioni orarie e non può essere sottoposto alle gerarchie redazionali.
Come è evidente, si è voluto riportare il lavoro autonomo nell’ambito dei suoi naturali limiti. Il che significa che tutti quei collaboratori che lavorano nelle redazioni, nelle redazioni decentrate o negli uffici di corrispondenza e che sono sottoposti alle gerarchie redazionali o che forniscono prestazioni lavorative orarie non possono più essere considerati collaboratori coordinati e continuativi, ma devono rientrare nell’ambito del lavoro subordinato e il loro rapporto deve essere regolato dall’articolo 1 o dall’art. 2 del Cnlg.
Compensi “minimi” non è sinonimo di compensi fissi
Non è un risultato di poco conto. Si tenga anche presente che, sempre sul piano normativo, è stata concordata l’estensione ai collaboratori autonomi della copertura previdenziale integrativa, nonché l’estensione dell’assicurazione infortuni.
Per quanto riguarda il trattamento economico, sempre in ottemperanza delle indicazioni governative, sono stati individuati i trattamenti minimi per le prestazioni a favore dei quotidiani, dei periodici, delle agenzie di stampa e del web.
E’ necessario ribadire, ancora una volta, che si tratta di compensi minimi e che l’obiettivo della Fnsi era quello di abbassare il più possibile la soglia “dell’economicamente dipendente”, a fronte della richiesta degli editori che chiedevano, come è ovvio, il contrario. La soglia individuata è stata quella di 3.000 € lordi. Ciò significa che tutti coloro che guadagnano almeno 3.000 € all’anno rientrano nelle tutele dell’accordo.
E’ di tutta evidenza che se fosse stata individuata una soglia più alta, un numero considerevole di collaboratori sarebbe rimasto fuori dal perimetro dell’accordo. Ciò premesso, e fermo restando il limite di 3.000 € all’anno, pari a 250 € al mese, è stato concordato che questo compenso corrisponde a una prestazione media di 12 articoli, di almeno 1600 battute, al mese nei quotidiani di 45 articoli di almeno 1800 battute, all’anno nei settimanali, di 40 segnalazioni/informazioni al mese nelle agenzie di stampa e nei siti web on line. Qualora le segnalazioni/informazioni siano corredate da foto o video i compensi devono essere obbligatoriamente maggiorati.
L’Odg ritiene “idonei” compensi nettamente inferiori
Ancora una volta si deve rimarcare che si tratta di compensi minimi che risultano ben al di sopra di quelli erogati sino ad oggi, come era stato più volte denunciato da più parti in tutte le sedi e largamente superiori a quelli ritenuti idonei dall’Ordine professionale per l’iscrizione nell’elenco pubblicisti dell’Albo professionale. Per quanto questo accordo possa essere criticato e ritenuto insoddisfacente, nessuno potrà negare che si tratta di un passo avanti rispetto alla situazione precedente priva di qualsiasi regolamentazione contrattuale.
Nuovi incentivi per la ripresa del mercato del lavoro
Il secondo nodo affrontato nel nuovo contratto è stato quello del mercato del lavoro e del tentativo di individuare incentivi di carattere retributivo e previdenziale che potessero facilitare un incremento del numero di giornalisti con rapporto di lavoro subordinato: un obiettivo essenziale e indifferibile per poter garantire le prestazioni degli istituti previdenziali e assistenziali di categoria, in sofferenza per la forte riduzione dell’occupazione registrata negli ultimi anni.
Tutta questa materia è stata affrontata di comune intesa sia con l’Istituto di previdenza sia con il Governo. Tutti i soggetti interessati sono stati chiamati a dare il loro contributo per dare una soluzione credibile al problema. Per la ripresa del mercato del lavoro la Fnsi si è posta tre obiettivi: il primo, quello di facilitare l’accesso alla professione per le nuove generazioni, il secondo, quello di facilitare il passaggio dal lavoro autonomo al lavoro subordinato, il terzo, quello di creare condizioni di favore per il rientro al lavoro dei giornalisti disoccupati.
Apprendistato professionalizzante: opportunità per i giovani
Per l’accesso dei giovani si è deciso di utilizzare lo strumento di legge del contratto di apprendistato professionalizzante. Le aziende che intendono assumere giovani (fino all’età massima di 29 anni) potranno stipulare contratti di apprendistato professionalizzante, che prevedono il trattamento economico e normativo del praticante per i primi 18 mesi, al termine dei quali il minimo tabellare sarà incrementato del 10% per i successivi nove mesi e di un ulteriore 5% fino al termine dei 36 mesi di apprendistato previsti dalla legge.
Dopo questo periodo troverà integrale applicazione la normativa contrattuale e, di conseguenza, decorreranno i trattamenti del redattore con meno di 30 e più di 30, considerando l’anzianità dalla data di superamento della prova di idoneità professionale.
Nel corso del periodo di apprendistato le aziende avranno l’obbligo di prevedere periodi di formazione sulla base di moduli che dovranno essere definiti dalle parti (Fieg ed Fnsi) nella fase di stesura del testo contrattuale. Per quanto riguarda le facilitazioni per il passaggio dal lavoro autonomo al lavoro subordinato e per la rioccupazione dei giornalisti disoccupati è stata prevista una retribuzione di ingresso che tiene conto dello status professionale del giornalista.
Nessun “precariato a vita”: trattamento ridotto fino a 36 mesi
A tutti coloro che abbiano un’anzianità professionalità superiore a 30 mesi verrà riconosciuto, per un periodo di 36 mesi, il trattamento economico e normativo del redattore con meno di 30 mesi. Una norma già prevista nel contratto del ’95. Superati i 36 mesi sarà riconosciuto il trattamento economico e normativo previsto dal contratto collettivo per il redattore con più di 30 mesi.
A coloro (autonomi, inoccupati e disoccupati) che hanno un’anzianità professionale inferiore a 30 mesi, fermo restando il trattamento normativo del redattore con meno 30, verrà riconosciuto un minimo tabellare pari a quello del praticante con più di 12 mesi di servizio maggiorato del 18%. Anche in questo caso superati i 36 mesi sarà riconosciuti il trattamento economico e normativo del redattore più di 30 mesi. A queste facilitazioni retributive si accompagnano quelle contributive con un intervento dell’Inpgi e uno del Governo.
L’Inpgi dovrà prevedere che, in caso di assunzione l’aliquota IVS, per un arco di tempo di 36 mesi sia ridotta al 14,28%. Il Governo coprirà integralmente questo costo contributivo in presenza di contratti a tempo indeterminato e al 50% in caso di contratti a termine, prevedendo anche che i benefici contributivi siano totali, sin dall’inizio del rapporto di lavoro, quando questo sia stato trasformato da contratto a termine a contratto a tempo indeterminato.
Come è, pertanto, evidente è stata definita con il contributo di più soggetti una prospettiva per l’allargamento del mercato del lavoro.
Ammortizzatori sociali: stop alla disoccupazione volontaria
Il terzo punto dell’accordo contrattuale riguarda gli ammortizzatori sociali (prepensionamenti, cassa integrazione, contratti di solidarietà difensiva, indennità di disoccupazione), un punto dolente di una crisi devastante che rischia di mettere in ginocchio l’Istituto di previdenza cui spetta l’onere di erogare le prestazioni. Anche in questo caso c’è stata una triangolazione con il Governo e l’Inpgi e si è concordato di aumentare dell’1% il contributo contrattuale per il sostegno agli ammortizzatori sociali a carico degli editori, fino al 31 dicembre 2016.
Contestualmente il Governo interverrà con i fondi messi a disposizione dalla legge di stabilità 2014 per coprire la parte eccedente dell’onere complessivo sostenuto dall’Inpgi nell’anno 2013, fino ad un importo di 2 milioni di euro. Sempre attraverso il fondo straordinario per gli interventi a sostegno dell’editoria, per il triennio 2014-2016, si potranno garantire le somme necessarie a fronteggiare i pesanti oneri derivanti dai prepensionamenti previsti dalla Legge 416. Da parte sua l’Inpgi si è impegnata ad abrogare l’indennità per la disoccupazione volontaria.
Indennità fissa: non dimentichiamo che era già “ex” dal 1985
Quarto punto dell’accordo contrattuale, quello che sta provocando il maggior numero di contestazioni all’interno della categoria è quello relativo alla così detta indennità ex fissa. E’ bene al riguardo spendere qualche parola.
L’indennità fissa, che era storicamente una indennità aggiuntiva all’indennità di anzianità e che il giornalista percepiva dall’azienda al momento della risoluzione del rapporto, è stata abrogata nel 1985. E’ da quella data che non esiste più l’indennità fissa. Al suo posto e sempre a partire dal 1985 è stato costituito presso l’Inpgi un fondo per garantire ai giornalisti in determinate occasioni una prestazione previdenziale complementare da percepire al momento del pensionamento. Questa prestazione poteva essere, a scelta del giornalista, una rendita o un capitale.
Il diritto alla prestazione, fermo restando il percepimento al momento del pensionamento, maturava, principalmente, in caso di dimissioni dopo 15 anni di anzianità presso la stessa azienda o in caso di risoluzione di rapporto di lavoro per raggiunti limiti di età.
Inizialmente il fondo è stato alimentato da un contributo a carico degli editori pari all’1% della contribuzione complessiva dei giornalisti dipendenti. Successivamente, nel corso degli anni, l’insufficienza del gettito è stata affrontata mediante una contribuzione una tantum a carico delle aziende editoriali, un prestito concordato con l’Inpgi e l’aumento dell’aliquota all’1,50%.
Per mantenerla bisognava aumentare la contribuzione dall’1,5 al 6%
Tutte queste misure si sono dimostrate insufficienti a sostenere gli impegni economici del fondo, aggravatisi particolarmente negli ultimi anni con l’accellerare della crisi dell’editoria e il conseguente considerevole ricorso ai pensionamenti e ai prepensionamenti.
La scarsità del gettito contributivo per fronteggiare le esigenze del fondo ha, così, determinato una lunga lista d’attesa con la conseguenza che il giornalista percepiva la prestazione non più al momento del pensionamento, ma, di fatto, alcuni anni più tardi.
Di qui la necessità di trovare la soluzione ad un problema che si trascinava ormai da parecchi anni. Si tenga presente che stiamo parlando di una prestazione previdenziale integrativa nei cui confronti trovano applicazione tutte le norme di legge sulla previdenza complementare, non ultima quella che prevede la possibilità, in caso di insufficienza, di riduzione delle stesse prestazioni in atto. Una prospettiva che avrebbe fortemente penalizzato gli oltre 1000 colleghi in attesa e che si è voluta evitare. Si tenga, peraltro, presente che mantenere ancora in vita questo istituto economico avrebbe reso necessario aumentare l’aliquota di contribuzione dall’attuale 1,50% a una percentuale superiore al 6%: una via assolutamente impercorribile.
Garantito sia chi ha maturato il pieno diritto chi solo una “aspettativa”
La conclusione non poteva essere altro che la chiusura del fondo accompagnata da una serie di garanzie per tutti coloro che avevano maturato il pieno diritto ed anche per coloro che avevano maturato una “aspettativa” al diritto. La normativa transitoria prevede che a tutti coloro i quali sono in attesa di ricevere dal fondo la prestazione e che in prospettiva dovrebbero attendere alcuni anni per ottenerla, la riceveranno, grazie anche ad un prestito dell’Inpgi, rateizzata a partire da gennaio 2015.
A tutti coloro che entro il 31 dicembre di quest’anno matureranno 15 anni di anzianità aziendale continueranno ad essere riconosciute le prestazioni del fondo nei vecchi casi di maturazione del diritto. L’importo dell’indennità dovrà essere, però, calcolato sulla media retributiva degli ultimi 15 anni e con un tetto massimo di 65mila €. A tutti quei giornalisti che hanno un’anzianità aziendale inferiore ai 15 anni e, comunque, non inferiore a 10 anni, verrà riconosciuto, sempre dal fondo e al momento del pensionamento un bonus di 10mila € (ridotto in presenza di anzianità aziendale inferiore) erogato in un’unica soluzione.
Il futuro: fondo complementare, Tfr e indennità del mancato preavviso
A questi giornalisti, come a tutti i giornalisti con anzianità aziendale inferiore ai 10 anni e ai neo assunti verrà riconosciuto un incremento dello 0,25% della contribuzione al fondo di pensione complementare. Una percentuale che salirà allo 0,50 a partire dal primo gennaio 2026. Parallelamente all’abrogazione del fondo e alla regolamentazione transitoria è stata ripristinata l’indennità di mancato preavviso in tutte le fattispecie di risoluzione del rapporto di lavoro da parte dell’azienda, che erano state messe in carico al fondo. Ciò significa, in particolare, che a tutti i giornalisti il cui rapporto di lavoro sarà risolto dall’azienda per raggiunti limiti di età, l’azienda dovrà erogare oltre al TFR anche l’indennità di mancato preavviso nella misura di 8 mensilità (9 per coloro i quali hanno più di 20 anni di anzianità aziendale). In precedenza questa indennità era assorbita dalla prestazione del fondo.
Trattamenti retributivi: un aumento di 120 € nonostante la grave crisi
Ultimo elemento della rinnovazione contrattuale ha riguardato i trattamenti retributivi con la previsione di un elemento distinto dalla retribuzione di 60 € al mese per tutte le qualifiche dal 1° luglio 2014 e di un ulteriore aumento di 60 euro dal 1° maggio 2015. Un incremento complessivo, quindi, di 120 €, che potrà essere considerato un aumento modesto, anche perché privo di incidenze sugli altri istituti contrattuali, ma che non può non tener presente, per una corretta valutazione, che nel settore editoriale i contratti collettivi degli altri operatori dell’informazione, poligrafici amministrativi e dirigenti, pur scaduti molto prima del contratto giornalistico, non sono stati ancora rinnovati e probabilmente non lo saranno per molto tempo ancora.
Un accordo che salva Contratto e Inpgi e dà dignità al lavoro autonomo
A seconda dei punti di vista questa rinnovazione contrattuale può essere considerata come un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, ma nella valutazione complessiva sul piatto della bilancia bisogna mettere la salvaguardia complessiva del contratto collettivo, che gli editori avevano messo in discussione: un obiettivo che continueranno a perseguire nei prossimi anni, se le condizioni generali del mondo dell’editoria non dovessero cambiare. Su questo terreno abbiamo conquistato una pausa triennale. Ma anche i contenuti sul lavoro autonomo, sul mercato del lavoro e sugli ammortizzatori sociali devono essere visti, da un lato come arricchimento delle normative contrattuali e dall’altro come necessario sostegno agli enti che reggono il welfare di categoria.
Certo, un sacrificio è stato compiuto su quella forma di prestazione previdenziale che i giornalisti continuavano a chiamare ex fissa, ma si trattava di un nodo che doveva assolutamente essere sciolto. In caso contrario ci saremmo trovati di fronte a una situazione di insostenibilità come quella che hanno dovuto affrontare i poligrafici con il Fondo Casella e che avrebbe finito per distruggere l’intero impianto contrattuale. La soluzione transitoria, meticolosamente raggiunta sulla base di numerosi piani attuariali, deve essere considerata onorevole, perché salva prestazioni che rischiavano di essere cancellate.
Il ritorno dell’indennità di mancato preavviso a carico delle aziende editoriali ripristina di fatto quella che un tempo era definita l’indennità fissa. Non è onestamente credibile pensare che in questa fase contingente dell’editoria giornalistica si potesse ottenere di più. (giornalistitalia.it) ©
Giancarlo Tartaglia