PALERMO – “Il sequestro di 17 milioni di euro, a Mario Ciancio Sanfilippo, rappresenta uno snodo cruciale dell’inchiesta che affolla le cronache ormai da molti mesi e che tiene col fiato sospeso centinaia di dipendenti a vario titolo legati all’editore catanese”. Lo afferma l’Associazione Siciliana della Stampa che, “nel rispetto delle funzioni e delle prerogative di ciascuno, si schiera compatta al fianco dei colleghi delle redazioni che da sempre hanno svolto il loro lavoro con la massima professionalità e indipendenza di idee, e nel rispetto dei lettori e della deontologia professionale”.
Il sindacato regionale dei giornalisti, che segue con grande attenzione lo sviluppo della vicenda giudiziaria, afferma che “alla magistratura va tutta la fiducia possibile: convinti come siamo che debba essere lasciata lavorare nella assoluta serenità e senza alcuna polemica o pressione esterna. Si sollecita, però, anche celerità. Questa vicenda, infatti, si snoda su due piani paralleli: quello giudiziario e quello economico-occupazionale”. Per questo il sindacato chiede “la massima attenzione per le decine di giornalisti e di lavoratori impegnati nelle redazioni e nel settore editoriale nel suo complesso e che adesso, per triste paradosso, rischiano di pagare due volte: il prezzo altissimo della crisi dell’editoria e, ora, l’incertezza del destino aziendale alimentata dal percorso giudiziario in atto”.
Il sequestro è stato disposto dal Tribunale di prevenzione di Catania, su richiesta della Dda. Nell’ambito dell’inchiesta sull’editore, la Procura di Catania ha delegato indagini patrimoniali per accertare l’esistenza di “fondi detenuti illegittimamente all’estero dal Ciancio”.
Dalle indagini, “agevolate dalla cooperazione della Procura di Lugano che, in rogatoria, ha acquisito dagli istituti bancari documentazione bancaria rilevante, sono stati individuati, tra gli altri, depositi bancari in Svizzera, alcuni dei quali schermati tramite delle fiduciarie di Paesi appartenenti ai cosiddetti “paradisi fiscalì”.
Altre indagini sono state delegate al nucleo di polizia tributaria di Catania che ha acquisito movimentazioni bancarie e altre informazioni sulle quali il consulente della Procura, la multinazionale Price Water House Coopers spa, specializzata in revisioni in bilancio, sta ricostruendo il patrimonio del Ciancio negli anni”.
“La richiesta di sequestro urgente – spiegano dalla Procura – è stata presentata nel momento in cui si è venuti a conoscenza del fatto che Mario Ciancio Sanfilippo aveva dato l’ordine di monetizzare i propri titoli detenuti in Svizzera e di trasferire il ricavato in istituti di credito italiani”.
“Nella richiesta di sequestro – sottolinea la Procura di Catania – sono stati ricostruiti numerosi affari del Ciancio che risultano infiltrati da Cosa nostra sin dall’epoca in cui l’economia catanese era sostanzialmente imperniata sulle attività delle imprese dei cosiddetti cavalieri del lavoro, tra i quali Graci e Costanzo”.
Per la Procura di Catania “le indagini hanno consentito di accertare l’esistenza di una sperequazione non giustificata tra le somme di denaro detenute in Svizzera ed i redditi dichiarati ai fini delle imposte sui redditi in un arco temporale assai ampio”.
Al prezzo salato della crisi dell’editoria si aggiunge l’incertezza del destino aziendale