TORINO – Chiara Appendino non sapeva nulla della consulenza da cinque mila euro di Luca Pasquaretta alla Fondazione del Libro. Come aveva sempre affermato, anche davanti al Consiglio comunale, quando era scoppiato il caso. Il suo ex portavoce ha agito a sua insaputa.
A confermare la tesi arriva per la prima cittadina l’archiviazione dall’accusa di peculato, chiesta dal pm lo scorso autunno e accolta dal gip Luisa Minutella. Archiviata anche la posizione del funzionario comunale Elisabetta Bove, che aveva compilato i documenti per la consulenza.
«Ho sempre offerto massima collaborazione e piena disponibilità agli inquirenti, convinta che la verità, prima o poi, sarebbe emersa», sottolinea la prima cittadina.
La vicenda ruota attorno a quel denaro, incassato dall’ex portavoce di Appendino nel 2017 e restituito un anno dopo, quando il caso è diventato di dominio pubblico, al punto che il pm Gianfranco Colace aveva aperto un’inchiesta. Già perché, secondo la Procura, Pasquaretta non avrebbe mai svolto quel lavoro.
Dopo lo scandalo il giornalista lucano è costretto a dare le dimissioni e lascia Palazzo di Città. Non senza polemiche e altri guai giudiziari, come l’accusa – da cui si è sempre detto estraneo – di avere ricattato Appendino per ottenere da lei una raccomandazione per un altro impiego.
Di questa storia della consulenza per la Fondazione del Libro del suo ex collaboratore Appendino ha sempre detto di non saperne nulla. Lo spiega ai magistrati, quando, dopo avere ricevuto l’avviso di garanzia, viene interrogata in Procura.
È il 19 giugno dell’anno scorso. Appendino mostra a Colace e al sostituto procuratore Enrica Gabetta lo scambio tra lei e il suo portavoce di messaggi su WhatsApp . Una chat lunga sei pagine in cui chiede, con toni anche accesi, spiegazioni. «Mi sembra una follia che mi diciate tutto e non le cose di questo tipo – scrisse Appendino a Pasquaretta –. E comunque il problema è che ora mi chiedono se sono io che ho autorizzato e invece non ne sapevo nulla». «Tu non ne sapevi nulla», risponde Pasquaretta mentre Appendino chiede se «c’è altro di cui non sono a conoscenza? Perché la cosa grave di questa vicenda è che io non ne sapessi nulla e soprattutto che tutti sapessero della mia contrarietà. Il mio pensiero era chiarissimo e quindi sono molto incazzata». «Hai ragione», conclude Pasquaretta.
Il capitolo non si chiude invece per Luca Pasquaretta e per gli altri indagati. Il giornalista, Mario Montalcini, vicepresidente delegato della Fondazione per il Libro e Giuseppe Ferrari, capo del personale e vicedirettore del Comune di Torino, c’è la richiesta di rinvio a giudizio. Per loro e altri cinque l’udienza è fissata per ottobre. (ansa)