ROMA – Rivelazione di segreto d’ufficio. Con questa ipotesi di reato il nome del pm di Napoli Henry John Woodcock è finito nel registro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Roma sulla fuga di notizie sul caso Consip. Indagata anche la giornalista Rai Federica Sciarelli, che, secondo i pm romani, avrebbe fatto da tramite tra Woodcock e un giornalista del Fatto Quotidiano.
Alla conduttrice del programma “Chi l’ha visto?” è stato anche sequestrato il telefono cellulare. Il pm napoletano si dice “amareggiato”, ma certo di riuscire a fugare “ogni dubbio” e di chiarire la sua posizione. “Ho saputo di essere indagato per il reato di rivelazione di segreto di ufficio – ha detto Woodcock – e posso dire che ho fiducia nei colleghi della procura di Roma e sono, quindi, certo che potrò chiarire la mia posizione il prima possibile. Devo dire che questo per me è un momento molto difficile”.
Il magistrato afferma di essere sereno perché l’attività “da me svolta è stata sempre ispirata a servire la giustizia rispettando le regole”. Anche il suo difensore, l’avvocato Bruno Larosa, sottolinea che “Woodcock ha fiducia e non può essere altrimenti. È un magistrato e come tale non può non avere fiducia nel sistema”.
Quanto all’ipotesi di reato formulata dai pm di Roma, “è bene che si svolgano accertamenti a 360 gradi – ha detto il penalista – l’importante è escludere tutti i dubbi, perché va fatta salva la professionalità dei soggetti coinvolti”.
Da piazzale Clodio, intanto, gli atti sono stati trasmessi al Csm e ai titolari dell’azione disciplinare, il procuratore generale della Cassazione, Pasquale Ciccolo, e il ministro della Giustizia Andrea Orlando: a Palazzo dei Marescialli, dove la Prima Commissione riprenderà lunedì in mano la pratica aperta sul caso Consip per verificare se sussistano eventuali profili di incompatibilità ambientale e/o funzionale da sanare con trasferimenti d’ufficio, tutti i documenti sono stati secretati.
L’inchiesta dei pm di Roma, dunque, va avanti: si è avvalso della facoltà di non rispondere l’ufficiale del Noe Giampaolo Scafarto indagato per falso e rivelazione del segreto d’ufficio nell’ambito dell’inchiesta sulla fuga di notizie su Consip. I suoi avvocati, Giovanni Annunziata e Attilio Soriano hanno sollevato una questione di competenza territoriale: a loro dire, gli atti dovrebbero essere trasmessi a Napoli, dove l’informativa oggetto di contestazione è stata redatta, o a Firenze, dove Scafarto ha prestato servizio per un certo periodo. Ieri pomeriggio è stato, invece, interrogato il vicecomandante del Noe Alessandro Sessa, indagato per depistaggio.
Il pm di Napoli Henry John Woodcock ha ricevuto un invito a comparire con indicata la data del 7 luglio prossimo per l’interrogatorio. (agi)
Consip: i soggetti di un caso ricco di colpi di scena
ROMA – Procede a suon di colpi di scena l’inchiesta su Consip, la centrale acquisti della Pubblica amministrazione, nata a Napoli e finita a Roma per competenza territoriale lo scorso dicembre. Al centro degli accertamenti c’è la gara d’appalto, suddivisa in 18 lotti e bandita nel 2014, la Facility Management (FM4), del valore di 2,7 miliardi di euro che si occupa della fornitura di servizi (come la pulizia e la manutenzione) per gli uffici della pubblica amministrazione.
La figura centrale attorno a cui ruotano le indagini avviate inizialmente dalla Procura partenopea e affidate ai carabinieri del Nucleo operativo ecologico è quella di Alfredo Romeo, imprenditore campano titolare dell’omonima impresa, arrestato il primo marzo scorso per corruzione in concorso con l’ex funzionario Consip Marco Gasparri: nell’arco di tre anni quest’ultimo avrebbe ricevuto 100mila euro in contanti dall’imprenditore cui in cambio dava consigli e suggerimenti su come presentare le offerte per l’aggiudicazione di alcuni lotti dell’appalto FM4. Per Romeo la Procura di Roma ha chiesto e ottenuto il giudizio immediato. Gasparri chiuderà i conti davanti al gip patteggiando la pena.
Ma al di là di questo episodio, circoscritto, di corruzione, altri sono i filoni di indagine aperti nell’ambito Consip e altri sono i soggetti coinvolti nell’indagine. Si comincia con Tiziano Renzi, padre dell’ex premier, indagato per traffico di influenze illecite a Roma assieme al suo amico Carlo Russo, imprenditore farmaceutico di Scandicci, e all’ex parlamentare Italo Bocchino, consulente di Romeo: stando all’accusa, Renzi senior e Russo, “sfruttando le relazioni esistenti tra il primo e l’ad di Consip Luigi Marroni, “si facevano promettere indebitamente da Romeo”, che “agiva previo concerto con Bocchino, utilità a contenuto economico, consistenti nell’erogazione di somme di denaro mensili, come compenso per la mediazione verso lo stesso Marroni”, in relazione allo svolgimento di alcune gare.
Dallo scorso dicembre, poi, per rivelazione del segreto d’ufficio, e cioè per aver propalato l’esistenza dell’indagine Consip, sono indagati il generale Tullio Del Sette, comandante dei carabinieri, il generale Emanuele Saltalamacchia, comandante della Regione Toscana e l’attuale ministro dello Sport Luca Lotti. Le loro iscrizioni sono legate alla testimonianza, resa prima a Napoli e poi a Roma, dal personaggio chiave di questa inchiesta e cioè Marroni che fece rimuovere le “cimici” piazzate dagli investigatori del Noe nei suoi uffici dopo essere stato avvertito, in almeno quattro distinte occasioni, dal presidente di Publiacqua, società del servizio idrico di Firenze, Filippo Vannoni, da Saltalamacchia, suo amico personale, da Lotti (che ha negato la circostanza) e dall’allora presidente di Consip Luigi Ferrara, quest’ultimo a sua volta sarebbe stato messo sul “chi va là” da Del Sette.
Nel cercare di scoprire l’origine di questa fuga di notizie (orizzontale, cioè diretta alla stampa, e verticale, seguendo l’ordine gerarchico all’interno del Noe, cui a marzo Roma toglie la delega a indagare), la Procura decide di mettere sotto inchiesta Giampaolo Scafarto, il capitano del Nucleo operativo ecologico, colui che ha firmato l’informativa consegnata nella Capitale su Tiziano Renzi. Un’informativa – secondo i pm – pieni di errori e di omissioni (frutto di condotta dolosa). Scafarto è sotto inchiesta per tre ipotesi di falso e una di rivelazione del segreto d’ufficio: in particolare, avrebbe manipolato l’intercettazione riferita al padre di Renzi attribuendo a Romeo una frase pronunciata da Bocchino e avrebbe accreditato la tesi della presenza dei servizi segreti negli accertamenti che il Noe stava svolgendo sui pizzini trovati tra i rifiuti dell’ufficio dell’imprenditore campano.
Da giugno è sotto inchiesta per depistaggio il superiore di Scafarto, il colonnello Alessandro Sessa: convocato in Procura come persona informata sui fatti un mese prima, l’alto ufficiale aveva spiegato di aver avvertito il suo diretto superiore, il generale del Noe Sergio Pascali, dell’indagine Consip soltanto dopo il 6 novembre 2016, e cioè a seguito di un articolo di stampa che riferiva delle preoccupazioni del padre dell’allora premier Renzi per una indagine che lo riguardava. Ma per i magistrati la circostanza non corrisponde al vero (ed è di ostacolo all’accertamento della verità) perché sono convinti che Pascali (o più probabilmente un altro superiore di Sessa) già dal giugno precedente fosse stato informato dell’esistenza di questa indagine. A dimostrarlo ci sarebbero dei messaggi whatsapp forniti anche da Scafarto che aggiornava il suo superiore, appunto Sessa, dello stato delle indagini. È poi indagato per “false informazioni al pm” Luigi Ferrara: convocato a piazzale Clodio come persona informata sui fatti, il 16 giugno scorso, l’allora presidente di Consip avrebbe cercato di ridimensionare il ruolo di Del Sette che lo avrebbe allertato su Romeo o più in generale sull’inchiesta penale in corso.
Dopo l’atto istruttorio, Ferrara ha annunciato le sue dimissioni e si è presentato dai pm, questa volta con l’assistenza di un avvocato, il 24 giugno per rivedere quanto messo a verbale e che suo dire sarebbe frutto di un equivoco. Per violazione del segreto d’ufficio, infine, risultano indagati il pm Henry John Woodcock e la giornalista Rai, Federica Sciarelli, conduttrice del programma “Chi l’ha visto?”: secondo i magistrati della capitale, lei avrebbe fatto da tramite tra il magistrato e un giornalista del “Fatto Quotidiano” per la pubblicazione di una serie di notizie coperte da segreto nel dicembre scorso, nel periodo cioè in cui l’indagine era passata per competenza da Napoli e Roma. (agi)