RABAT (Marocco) – Il giornalista Hamid el Mgahdaoui è stato condannato a scontare 3 anni di reclusione per “omessa denuncia di un tentativo di danneggiare la sicurezza interna dello Stato” nell’ambito del processo che, in Marocco, ha portato all’arresto di almeno 16 persone. Proteste scaturite dalla condanna dei leader di al-Hirak, un movimento di protesta attivo nel Rif, una regione nel nord del Marocco.
Il 26 giugno, la prima sezione penale della Corte d’appello di Casablanca ha condannato a 20 anni di reclusione i leader di al-Hirak, nell’ambito di un processo a 53 imputati, riconosciuti colpevoli “di attentato alla sicurezza pubblica, sabotaggio, omicidio e saccheggio di proprietà dello Stato e di aver accettato denaro e altri mezzi per finanziare un’opera di propaganda destinata a pregiudicare l’unità e la sovranità dello Stato”.
In seguito alle condanne e alle proteste che ne sono seguite, 7 persone sono state portate davanti a un procuratore di al-Hoceima, mentre altre 9 sono state incriminate per “partecipazione a manifestazioni non autorizzate”. Secondo le autorità locali, i manifestanti hanno bersagliato la polizia lanciando pietre e “causando lesioni più o meno gravi a una decina di agenti”.
Secondo il quotidiano marocchino Lakome, dal 29 giugno i detenuti di al-Hirak sono in sciopero della fame. La condanna ha scatenato reazioni indignate nel regno e all’estero. Secondo lo scrittore franco-marocchino Tahar Ben Jelloun, le sentenze segnano un “ritorno agli anni di piombo” vissuti dal paese tra il 1960 e 1990.
Ieri, il primo ministro marocchino, Saad-Eddine El Othmani, ha detto che “non è ragionevole confrontare ciò che sta accadendo nel nostro paese in termini di diritti con gli anni di piombo”. Durante una trasmissione dell’emittente France24, il ministro della Giustizia Mohamed Aujjar ha difeso i “progressi democratici” del regno e il “giusto processo” dei leader di al-Hirak. (agi)
In Marocco con l’accusa di aver tentato di danneggiare la sicurezza interna dello Stato