ROMA – «Il possesso delle richieste competenze professionali era già accertato dal superamento dell’esame di Stato di abilitazione all’esercizio della professione, mentre la successiva iscrizione all’Albo, pur costituendo condicio sine qua non per l’esercizio della professione, rappresenta un adempimento formale, cui l’Ordine è tenuto, salva la verifica dell’assenza di cause ostative e senza invece che tale iscrizione sia preceduta dall’accertamento del possesso di ulteriori requisiti di capacità professionale in capo al richiedente, tanto da configurarsi come atto a basso contenuto di discrezionalità, atteso che l’esercizio del potere tecnico-discrezionale di controllo è riservato alla precedente fase abilitativa».
La sentenza del Consiglio di Stato, che ha respinto il ricorso del Grande Ospedale Metropolitano “Bianchi-Melacrino-Morelli” di Reggio Calabria annullando gli atti del concorso di avvocato dirigente che, tra i requisiti, imponeva l’iscrizione all’Ordine professionale, conferma il fondamento delle ragioni per le quali il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Verna, aveva chiesto alla Rai di consentire la partecipazione al concorso pubblico per 90 giornalisti da assegnare alle sedi regionali anche di quanti, pur avendo superato positivamente l’esame di idoneità professionale, non sono iscritti nell’elenco professionisti.
«Una scelta di questo tipo – scriveva il 27 agosto 2019 Verna alla Rai e per conoscenza all’Usigrai – sarebbe infatti sproporzionata rispetto alla finalità selettiva e avrebbe invece l’effetto di ridurre la platea dei potenziali candidati, ponendosi in pieno contrasto con il principio di massima partecipazione che deve caratterizzare tutte le procedure concorsuali».
Richiesta del presidente del Cnog alla quale il direttore delle Risorse Umane e Organizzazione della Rai, avv. Felice Ventura, aveva risposto negativamente richiamando «l’accordo sindacale del 29 luglio 2019» ed affermando che «la richiesta di estendere la partecipazione anche a quei giornalisti che, pur avendo conseguito l’abilitazione non sono attualmente iscritti nell’elenco professionisti, non risulta percorribile».
La lettera di Verna, contestualmente, aveva scatenato la reazione del segretario dell’Usigrai, Vittorio Di Trapani, che, giudicando la richiesta «priva di ogni fondamento», affermava che «il requisito dell’iscrizione all’Albo dei giornalisti Elenco Professionisti o è o non è» e che «il fatto di avere dei presupposti ma non aver completato la procedura con l’effettiva iscrizione non integra il requisito».
Una querelle tra il presidente del Cnog e il segretario dell’Usigrai, con varie lettere di botta e risposta dai toni sempre più aspri sfociati finanche in pesanti “offese personali”, richieste di scuse e richiami al rispetto etico e personale, nella quale si è inserito anche il segretario della Fnsi, Raffaele Lorusso.
«Sono particolarmente convinto – ha scritto Lorusso il 9 settembre 2019 – che in questo particolare momento, in cui la categoria sta subendo duri attacchi che mettono in pericolo le sue stesse istituzioni e che non credo siano terminati con la fine del Governo Lega-5 Stelle, le polemiche tra enti e organismi, fermo restando la legittimità di esprimere opinioni diverse e la necessità di un costante confronto, siano estremamente pericolose e rischiano di disintegrare la rappresentatività di ciascuno». Quindi, condividendo la posizione dell’Usigrai, il segretario della Fnsi concludeva ribadendo che «l’iscrizione nell’elenco dei giornalisti professionisti è o non è. Terzium non datur». E qualche giorno dopo, in un’altra lettera a Verna, Lorusso scriveva: «Trovo alquanto singolare il tentativo di derubricare a diversità di opinioni, quello che è invece un attacco chiaro e deliberato al ruolo, alle competenze e alla funzione del sindacato. Nel caso non te ne fossi reso conto – ma ne dubito – i toni e il contenuto della Tua lettera inviata all’Usigrai e alla Rai il 3 settembre u.s. segnano un punto di non ritorno». Pertanto, «considero preclusa qualsiasi possibilità di confronto politico».
Una polemica portata all’attenzione dell’Assemblea dei Cdr e dei fiduciari della Rai che, riunita ad Assisi il 2 e 3 ottobre 2019, esprimeva «sconcerto per i contenuti delle lettere indirizzate alla Rai e all’Usigrai dal Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti». Viceversa, il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti plaudii unanimemente all’operato di Verna.
Adesso giunge la sentenza del Consiglio di Stato che, seppur non riferita al concorso per giornalisti Rai, conferma in maniera inequivocabile la fondatezza delle ragioni che avevano spinto il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Verna, a consentire la partecipazione alla selezione anche a quanti, per oggettiva necessità, sono stati costretti a rinunciare all’iscrizione nell’elenco professionisti. Ricordiamo, infatti, che la permanenza nell’elenco preclude la possibilità di svolgere altre attività lavorative, per cui in tanti sono stati costretti a rinunciarvi per poter tirare a campare. Accettano supplenze a scuola o lavori vari. E vi hanno rinunciato nel pieno rispetto della legge. Privarli della possibilità di partecipare al concorso pubblico, dunque, non è stato certo un atto a tutela di quanti hanno già dovuto subire la mortificazione di dover rinunciare all’esclusività professionale per mettere assieme il pranzo con la cena.
Certo è che, con buona pace della Rai, dell’Usigrai e della Fnsi, la sentenza del Consiglio di Stato del 2 febbraio scorso, firmata dal relatore Raffaello Sestini e dal presidente Roberto Garofoli (appena nominato da Draghi sottosegretario alla Presidenza del Consiglio), sgombra il campo da ogni dubbio e non potrà più impedire a quanti non hanno santi in paradiso o editori seri di poter partecipare ad un concorso pubblico avendo regolarmente e positivamente superato l’esame di idoneità professionale.
La sentenza allegata è da leggere tutta. Richiama varie sentenze e ordinanze del Tar della Calabria e della Campania, della Corte Costituzionale e dello stesso Consiglio di Stato, citando anche un analogo caso verificatosi nel concorso per magistrati: «L’imposizione a tutti i candidati di un preciso requisito di partecipazione al concorso, comportante un onere amministrativo ed economico per gli interessati, ma necessario solo al momento dell’assunzione delle funzioni in caso di superamento del concorso (e a quel momento sicuramente ottenibile da chi ha superato l’esame di abilitazione, salva la mancanza dei requisiti di moralità comunque necessari ai fini dell’assunzione) – è scritto nella sentenza – non risulta, quindi, né adeguata né proporzionata alla tutela dell’interesse pubblico perseguito dall’Amministrazione».
«Mi sembra talmente tutto chiaro ed evidente – dichiara Carlo Verna a Giornalisti Italia – che preferisco evitare qualunque commento. Mi piace solo una frase del commissario Ricciardi, in onda in queste settimane su Raiuno: “Se mi sono messo contro qualcuno, è stato solo per fare il mio dovere”». Più chiaro di così. (giornalistitalia.it)
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